beckmesser ha scritto:No, nello spartito c'è. Partendo da quanto scriveva Cagli nel programma del Moise di Pesaro: "Esso (=il Cantique) figura nel libretto della prima e negli spartiti per canto e piano di Troupenas (che acquistò i diritti dell'opera), ma non nella partitura d'orchestra stampata dal medesimo editore" mi ero incuriosito alla faccenda. Mi sono procurato una copia anastatica della partitura Troupenas, e il Cantique non c'è. Non ho trovato una copia dello spartito Troupenas, ma ho trovato invece una copia dello spartito canto-piano edito da Schlesinger nello stesso 1827 (le edizioni Schlesinger coeve non sono altro che le Troupenas con il frontespizio cambiato), e lì il Cantique c'è. Ecco la prima pagina (se ho azzeccato il modo di inserire un'immagine...):
Infallibile Beck!
E tuttavia, tornando al nocciolo del problema, tu come spieghi l'incoerenza editoriale che ci hai fatto notare?
O meglio per quale ragione secondo te (secondo voi) Troupenas non ha inserito (o ha deciso di espungere) il numero nella partitura orchestrale, modello alla notissima e divulgatissima Ricordi in italiano?
Sarò franco: che il brano non sia stato eseguito a Parigi alla nascita dell'opera (o meglio: che Rossini abbia deciso di sacrificarlo dopo averlo composto) mi pare estremamente improbabile. O sbaglio?
E se questo fosse vero, perché inserirla nello spartito canto-piano?
Vedi Beck, la filologia impone una scelta di campo nell'individuazione di un progetto ideale: non si può non prendere una posizione in merito, non sarebbe filologico.
Specie in un caso come questo, che non si può certo archiviare come "crux": la verità - indipendentemente dalle incoerenze di Troupenas - balza agli occhi!
Se ci interessa fare il Moise di Rossini in francese dobbiamo fare quello (altrimenti si faccia come Serafin la Ricordi e chi si è visto si è visto).
E se vogliamo fare il Moise francese il Cantique ci vuole.
L'incoerenza editoriale fra le due edizioni infatti non rappresenta una variante d'autore, una duplice possibilità a cui l'interprete può attingere (come il finale ferrarese del Tancredi per intenderci): il Moise parigino di finali ne ha uno solo.
Ed è quello con Cantique (a meno che qualcuno non mi dimostri che quel brano - perfettamente coerente con la drammaturgia francese, musicalmente conseguente (come tu affermavi) alle note che lo precedono, e soprattutto (cosa più importante) composto ex-novo da Rossini appositamente per Parigi, su versi scritti ex-novo da Jouy - non sia stato pensato da Jouy e Rossini come parte integrante del progetto.
Scusami se mi ripeto, ma per me il problema "filologico" non è se il brano ci fosse o non ci fosse (c'era, c'era!
), ma solo "perché" Troupenas - le cui malefatte verso Rossini sono peraltro tristemente note - non l'abbia messo in entrambe le sue pubblicazioni. Ed è una curiosità che non attiene l'interprete...
Per quanto riguarda Muti... ti concedo che nel 98 alla Scala ci potessero essere ancora problemi testuali, ma a Salisburgo con i Wiener due anni fa i materiali si sarebbero potuti trovare eccome, se ci fosse stata una volontà in tal senso.
Ecco perché ribadisco che secondo me la scelta di Muti non fu altro che un omaggio a una visione più "moderna" che egli si era fatto dell'opera sulla base delle tradizioni "Ricordi"!
Tra l'altro a Salisburgo ci avrà messo becco pure Jurgen Flimm (che ha firmato, lo ammetto, una delle più geniali regie rossiniane che ho visto in tutta la mia vita): nella sua produzione gli ebrei, dopo aver svuotato sul palco il contenuto delle loro valige di fuggiaschi (e quel contenuto era semplicemente ...terra: la terra del loro deserto, la terra del loro "sogno"), se ne uscivano per sempre di scena, mentre gli egiziani (o se preferisci gli Arabi) venivano lentamente risucchiati nell'ombra, come nel buio della Storia.
In un finale così spettacolare ed emozionante, il cantico sarebbe risultato di troppo.
Salutoni,
Mat
PS: a proposito di Rossini francese, occorre che vi racconti qualcosa del Comte Ory di Zurigo, con una Bartoli "star en diable", semplicemente fantastica.