teo.emme ha scritto:A me Sinopoli piace, non lo trovo affatto sopravvalutato.
Anch’io stimo molto Sinopoli. Non fosse altro perché dietro a ogni sua interpretazione c’è un’idea; magari non condivisibile, ma c’è.
Arrivando a questa Forza del destino ricordo che una delle prime sorprese fu legata agli archi che in molti punti dell’opera suonavano senza vibrato.

Strano, soprattutto in quest’opera. Ricordo che mi lasciarono perplesso anche le scene corali, così impersonali, con i vari registri vocali trattati a blocchi, poco amalgamati, quegli accenti sfiniti, immobili, distanti. Le scene dell’accampamento e di Hornacuelos erano meccaniche, sembravano non andare avanti. Con uno come Sinopoli, fin troppo puntiglioso, non poteva certo trattarsi di sciatteria o disinteresse. Dal momento che sul fronte vocale non c’era poi molto da divertirsi, ricordo che lasciai perdere e passai ad altro.
Poi mi capitò di vedere a teatro due edizioni di Madre Courage.

E la chiave di lettura di questa edizione saltò fuori. Intrigante e originale, ma, come a volte capitava in Sinopoli, applicabile solo a prezzo di fastidiose forzature.
Certo, la struttura drammaturgica della Forza può adattarsi all’epos brechtiano che, da programma, rinuncia volutamente ai canoni aristotelici che la tradizione vedeva basilari per l’opera teatrale. Ma ci fermiamo qui. Perchè il teatro-epico brechtiano non è solo struttura ma richiede anche una sorta di distacco emotivo, una rinuncia a qualsiasi immedesimazione, una difesa assoluta dello spirito critico nello spettatore che deve sempre rimanere vigile e lucido. E qui, con il Verdi della Forza del destino (ma direi con tutto Verdi), proprio siamo su un altro pianeta. Meglio rileggere il Wallenstein piuttosto che ripassare Brecht.
Infine, fuori dai denti, come poteva pretendere Sinopoli di (semplifico) leggere la Forza del destino in chiave epico-brechtiana con un cast del genere? Come minimo ti ci voleva un tenore dall’intelligenza di Langridge. Ma non so quanti lo avrebbero visto come un Alvaro ideale.
teo.emme ha scritto:Sul marketing..ovvio che la Baltsa ha avuto un peso contrattuale nullo rispetto ad altri, fatto incontrovertibile però, è che la DGG la ficcasse ovunque in queli anni, al di là delle reali attitudini.
Be’ adesso non esagerare.

Prima della Carmen DG del 92 la Baltsa aveva registrato per la Emi, tra i tanti, Salome, Aida e Don Carlo con Karajan e Capuleti e Orfeo con Muti. Non penso avesse un peso contrattuale nullo.
Comunque non è importante. E’ importante invece sottolineare di come questa storia del marketing discografico o, per usare i termini cellettiani, dello “strapotere delle multinazionali del disco”, dello “spirito cioccolataio dei direttori artistici delle case discografiche”, “dell’insipienza dei tecnici del suono”, delle combutte tra teatri, case discografiche e potenti agenzie internazionali sia un tormentone tipicamente nostrano. Ho letto per diversi anni Grammophone –rivista certo non immune da tic e idiosincrasie- ma non ho mai visto una riga in proposito. Gli inglesi a quanto pare sono immuni dalla sindrome del complotto.
Penso che quando Celletti scriveva quete cose nemmeno lui ci credesse ma amasse il paradosso. Come quando, nella prefazione alla seconda edizione del suo librone, sosteneva che i tecnici del suono tedesco odiavano le voci timbrate perché gli acuti squillanti richiedevano solchi più larghi e quindi le multinazionale sceglievano le voci opache per risparmiare vinile.
Oppure l’altra risibile leggenda metropolitana, citata mille volte, della banca-acuti che un cantante di grido incideva da giovane come garanzia per le registrazioni del declino. O ancora peggio, delle fosche manovre delle multinazionali del disco per boicottare il benemerito Festival di Martina Franca.
Diciamo che, sotto il profilo della tecnica di registrazione e del marketing discografico era praticamente un semi-analfabeta. Parlava di cose che non conosceva o che gli interessavano marginalmente. Quanto scriveva, e a ragione, che “la tecnica del canto non è l’arte della cabala”, sarebbe stato necessario ricordargli che anche le politiche commerciali e produttive delle case discografiche non erano l’oroscopo ma discipline economiche ben precise e definite. Oggetto di studio presso le università inglesi e americane. Discipline sotto certi aspetti non molto diverse da quelle che lui governava con profitto quando era direttore commerciale di una nota casa dolciaria milanese.
Il problema comunque non è Celletti, che anche quando volutamente si trasformava da critico serio e preparato in irriverente gargoyle restava di piacevole e persuasiva lettura, ma i seguaci di Celletti che ancora vanno avanti con questa storia di complotti, di preferenze, di pressioni, invocando, quasi si trattasse di ribelli in fuga tra i monti, i metodi meschini e venali delle major dicografiche.
Non c’è da sorprendersi che una casa discografica guardi al profitto degli azionisti. Come non è un mistero che alcune distribuzioni di cast della DG, specie negli anni Ottanta, fossero frutto di logiche di mercato. Contrariamente a quanto afferma Celletti e i seguaci, sempre dietro a rimpiangere il tempo che fu e a tirare in ballo la Decca e la Emi degli anni d’oro, mi dispiace, basta documentarsi ed era così anche una volta. Rosenthal della Decca non era un benefattore o un faro di cultura. Rispetto al passato la differenza sta solo in questo: in quegli anni tutte le case discografiche miravano a costuirsi una catalogo come previdenza per il futuro (e la DG ancora vive su quello). Ora c’è un’ottica mordi-e-fuggi che non permette investimenti a lunga scadenza. Ma anche allora i ritmi di registrazione di un’opera erano serrati e i calendari fittissimi.
A prescindere da quanto sostenesse Celletti & Co. riguardo alla frettolosità di Domingo e soci... Guardate il calendario delle registrazioni complete della Callas….
1953 da gennaio ad agosto Lucia, Puritani, Cavalleria, Tosca
1954 aprile agosto Norma, Pagliacci, Turco, Forza del destino
1955 agosto settembre Butterfly e Aida, Rigoletto,
1956 Agosto-settembre, Trovatore, Boheme, Ballo in maschera,
1957 febbraio-settembre Barbiere, Sonnambula, Turandot, Manon Lescaut, Medea...
Salutissimi
Somerset