Otello (Verdi)

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Otello (Verdi)

Messaggioda pbagnoli » sab 14 apr 2007, 14:05

L'Otello di Bergonzi

Sappiamo tutti del fallimento clamoroso di questa prova che fu l'unico approccio del grande tenore bussetano al monumento verdiano.
Molte volte ci chiedemmo perché volle accostarsi in età così avanzata a questo ruolo e per di più subito dopo un intervento di protesi d'anca che doveva averlo debilitato non poco.
La Decca aveva già inscatolato l'evento per ricavarne un disco.
Naturalmente, dopo lo scacco nonse ne fece più nulla.
Ho scaricato recentemente l'audio di quella serata, ripreso chiaramente da uno spettatore. L'audio inizia con un "Esultate" di tutto rispetto. Il secondo atto è drammatico (nel senso più deteriore del termine). Il terzo atto inizia con un duetto con Desdemona che - paradossalmente - ci fa sentire cosa sarebbe potuto essere Bergonzi se non si fosse autoinvestito della carica di supremo tenore verdiano del secolo. Poi arriva Dio, mi potevi scagliar che è cantato benissimo sino a "...spento è quel sol, quel sorriso, quel raggio", in cui l'intonazione crolla miseramente, come ogni volta che la voce sale oltre il la (anzi, forse oltre il sol).

Prova imbarazzante, indiscutibilmente. Eppure...
Non so, voi cosa ne pensate?
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Messaggioda Luca » sab 14 apr 2007, 16:06

Carissimo Pietro,

Una domanda ed un commento:
1. Chi sono gli altri componenti del cast ?

2. Quel tuo EPPURE fa riflettere. Trovo quest'Otello pieno di magagne vocali, però è pur sempre Bergonzi ! Certo con un'incisione in studio negli anni migliori sarebbe sortito un risultato ben diverso, privo di tanti eccessi che, in questo personaggio, ci sono stati fatti passare per sacrosantamente... intoccabili. Mi pare di aver letto che un progetto di tal genere fosse ventilato ponendo la Caballé (grande assente nella discografia completa in studio, esiste un live con Mc Cracken e Gobbi) quale Desdemona, ma gli "addetti" non ne fecero nulla.
Ipotizzo il risultato: un Otello misurato, non impersonale e se non proprio con le folgori in alto, almeno con grandissima nobiltà. Mi astengo però da aggiungere due battute maligne su 2 cantanti che in diverse epoche hanno affrontato il ruolo e sono stati osannati. Anche questa prova così difficoltosa di Bergonzi è da apprezzare non meno di quello che i suddetti signori ci hanno fatto ascoltare.

Salutoni, Luca.
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Messaggioda Manrico » sab 14 apr 2007, 16:22

Otello? non ho sentito nessun Otello :mrgreen:

Scherzo, ovviamente! :D

Che dire, se non fosse per tutte le note oltre il sol.....un vero disastro!

Cari miei, per Otello ci vuole ben altro.
Roberto
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Messaggioda pbagnoli » sab 14 apr 2007, 17:00

Manrico ha scritto:
Che dire, se non fosse per tutte le note oltre il sol.....un vero disastro!
Cari miei, per Otello ci vuole ben altro.


Hai ben ragione.
E' per quello che abbiamo aperto un thread dedicato.

Ho messo questa registrazione online per due motivi essenziali:
:arrow: è comunque la testimonianza dell'unico approccio di uno dei tenori che maggiormente hanno incarnato l'ideale verdiano italiano a cavallo fra gli Anni Sessanta e i Settanta (attenzione: questo non vuol dire che sia stato l'ideale verdiano assoluto, posto che esista)
:arrow: nonostante le magagne, i disastri, le stonature e chi più ne ha più ne metta, canta con la sua voce senza inventarsene una nuova per l'occorrenza
Disastro, indiscutibilmente.
Ma non disastro perché Otello interpretato da Bergonzi (che, comunque, c'entra più con Otello che non con i Radames in calzamaglia o i Manrichi al lambrusco), ma disastro perché - a quel punto - di Otello rimanevano forse solo le intenzioni.
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Messaggioda pbagnoli » sab 14 apr 2007, 17:01

Luca ha scritto: Una domanda ed un commento:
1. Chi sono gli altri componenti del cast ?


Dress rehearsal 29-04-2000
Carnegie Hall
Opera Orchestra of New York
Eve Queler, conductor

Cast:
Otello - Carlo Bergonzi
Desdemona - Kallen Esperian
Iago - Alberto Gazale
Emilia - Milena Kitic
Cassio - Jianyi Zhang
Roderigo - Benjamin Brecher
Montano - Charles Robert Stephens
Lodovico - Paul Plishka
Herald - Kyle Ketelsen
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Messaggioda Alberich » sab 14 apr 2007, 17:58

A 76 anni Bergonzi è stato in grando di cantare un "Esultate" simile? :shock:
Niente da dire, la sue performance è un disastro davvero, però mi sembra lasci intatta la curiosità di sapere cosa avrebbe potuto fare qualche anno prima.
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Triboulet » lun 01 mar 2010, 17:19

Otello è una di quelle opere che alcuni BIG hanno evitato (penso a Corelli o Tucker), che in troppi hanno cantato, e dove in pochi hanno davvero lasciato il segno.
Ho letto spesso dell'equivoco rispetto alla vera vocalità del moro... in effetti gli Otelli si possono dividere in "quelli che si strozzano" e "quelli che sparano" : Chessygrin : distinzione forse semplicistica la mia (dato che c'è pure chi spara e si strozza al tempo stesso) per dire sostanzialmente che se tutti portano a casa la parte con fatica estrema un motivo ci sarà, e su questo non ci piove. Ora, a sentire quel poco che è rimasto dell'Otello di Lauri Volpi si rimane, o dovrei dire io rimango, stupefatti da un lato e un po' delusi dall'altro. Rimango stupefatto nel sentire come la voce svetti piuttosto facilmente e si produca in fraseggi e smorzati ancora con naturalezza (è pur sempre un Lauri Volpi degli anni 40) laddove altri si uccidono; deluso invece nel constatare che l'accento nobilmente aulico da Grand-Opéra, quell'atteggiamento un po' costruito ed a tratti enfatico, non sia molto credibile nell'esprimere gli stadi d'animo tormentati dell'Otello verdiano. Lo stesso Verdi ebbe qualche problemino con Tamagno proprio nella messa a punto del fronte interpretativo, diciamo così. Non è che Martinelli al Met mi convinca molto di più in questo senso, anzi forse è vocalmente meno dotato di Lauri Volpi, e pure più caricato. I tedeschi intanto (che riscoprivano Verdi ben prima di noi) trovavano in Otello la ghiotta occasione per creare un ponte ideale tra il cigno di Busseto e il maestro di Bayreuth; non sarà filologicamente corretto eseguire Verdi come se fosse Wagner, però certi cantanti wagneriani arrivarono ad una "verità" del personaggio che gli italiani (e loro epigoni) hanno spesso perso di vista: ascoltate qualche brano cantato da Melchior negli anni 30, è assolutamente stupefacente. Oppure l'Otello di Boehm (in tedesco). Ma questo era solo un discorso introduttivo, di solito non sono così gerontofilo.

Uno dei primi grandi Otello fu senza ombra di dubbio Vinay. Vinay che pure sarà nei 50 cantante wagneriano ma con un passato da baritono nel repertorio italiano (Trovatore, Traviata, Rigoletto, Aida, addirittura Favorita, ma anche Gioconda e Tosca), e un presente da tenore verista/naturalista (Carmen, Sansone, Manon, Tosca). Uno strano mix che contribuirà alla caratterizzazione del suo Otello, ben lontano dall'essere modello ideale per questo ruolo, e tuttavia per me il più interessante di questo periodo. Il suo canto, con certe aperture, certe mezzevoci, anticipa soluzioni che saranno compiutamente realizzate da Vickers negli anni seguenti. Il suo stile non è certo romantico-verdiano puro, ma neanche indulgente agli eccessi veristici, risente (volontariamente o non) della lezione tedesca ma non suona neanche wagneriano. Il suo limite è la sua voce assai scura e decisamente poco svettante in alto, il che lo mette alle corde appena si sale (nell'Otello purtroppo di frequente). La registrazione che scelgo non è quella di Toscanini ma quella di Furtwangler (1951) che nel suo complesso mi sembra esalti di più le caratteristiche di Vinay (perchè Toscanini scelse proprio lui?) e che nel complesso, anche come coprotagonisti, mi pare più equilibrata. Inutile dire che Furtwangler fa l'esatto opposto di Toscanini. Da ascoltare pure la selezione (misera) incisa nello stesso anno con la Steber, magnifica come sempre.

Non mi dilungherò tanto su Del Monaco. A me il grande Marione nazionale non piace granchè, ma è certo che in qualche modo abbia tracciato un solco indelebile nella storia del personaggio. Fin troppo indelebile ahinoi, tanto da non poter più fare a meno di quella visione. E quindi ai vari epigoni che si sono succeduti preferisco un Del Monaco d'annata, di quelli ancora non troppo sguaiati. Scelgo quindi Met 1955 con la Tebaldi e il diabolico e grandioso Warren. Anche il film Rai (diretto peraltro da Serafin) è abbastanza buono. Per quel che mi riguarda tenersi lontani come la peste dalla ripresa tv di Tokyo (1959) con Gobbi, dove Del Monaco dà sfogo a tutti i suoi vezzi peggiori (notaccie sguaiate e sparate, parlati a josa ecc.), così certe registrazioni a seguire (come quella con la giovane Raina, lei sì bravissima). Quanto all'incisione con Karajan, non si sbilancia da nessuna parte, col risultato che nessuno (nè direttore nè cast di cantanti) riesce a dire quel che doveva.

Così il coevo Otello di Serafin (pure magistralmente diretto con il solito grande senso della drammaturgia) che propone la più coraggiosa scelta di Vickers. Lui, già grandioso, deve ancora maturare il suo personaggio appieno, ed inoltre è affiancato da Gobbi che, con tutto l'amore del mondo, con le sfumature sottili del tenore canadese ci azzecca davvero poco (come accade, al contrario, nell'incisione con McCracken e Fischer-Dieskau). L'equilibrio invece si crea magicamente con Karajan una decina di anni dopo, e con lo Jago di Glossop, anche lui negazione del baritono verdiano in senso stretto, ma subdolamente insinuante e satanico, nel senso più nobile e composto del termine. Su questo Otello credo ci sia anche una recensione sul sito, io lo ritengo uno dei migliori. Karajan, un po' come Serafin, sembra trovare una mediazione tra Toscanini e Furtwangler, lavorando al contempo (come suo solito) sulle atmosfere e sue dettagli sonori. In questo fondale si inserisce, come fosse uno strumento musicale, la Freni che col suo essere assolutamente anonima e stereotipata sposta tutta l'attenzione verso l'interazione Otello-Jago. Vickers, artista dalla vocalità e dalla tecnica oserei dire unica (nel senso di singolare), punta tutto sul dolore, il suo personaggio è letteralmente schiacciato, straziato, come mai lo era stato nessun interprete. Mi rendo conto di dire delle ovvietà trite e ritrite, ma mi si perdoni l'entusiasmo :oops: Interessante anche il video del Met di pochi anni dopo (con MacNeil già ricordo di se stesso, ma ancora con molti momenti buoni) con la Desdemona di Renata Scotto, che rivendica da par suo la psicologia di un personaggio troppo spesso appiattito dalla tradizione. L'interazione con Vickers che ne deriva è quindi assai più realistica e stimolante.

Domingo è stato poi l'Otello per antonomasia dagli anni 70 in poi. Neanche quì mi dilungherò, dato che immagino tanto sia stato detto. A me piace la sua visione anche se più semplicistica, che in qualche modo si riallaccia a Del Monaco ma la approfondisce e la ammorbidisce. Penso anche che guardi anche a Vinay in qualche modo. Tra le mille registrazioni scelgo Scala 1987, ripresa dello spettacolo di Kleiber con la Freni e, questa volta, Bruson. In 10 anni Domingo ha avuto il tempo di crescere come interprete (ma anche vocalmente), e a questo aggiungo che come Jago preferisco di gran lunga Bruson al feroce Cappuccilli. E ovviamente da avere almeno uno dei tanti video in cui interpreta il moro, data la presenza scenica a suo modo carismatica.
A proposito di video, special guest nella mia collezione di Otelli preferiti c'è l'Otello televisivo in tedesco con Windgassen, Mittelman e la Jurinac. Windgassen, da bravo heldentenor, è terribilmente a disagio con la tessitura, e mi sa pure che doveva essere in fase declinante visto che certi acuti li toppa proprio, tuttavia regala momenti magnifici quando si cimenta nel gioco di chiaroscuri. Ho letto, ma non ho mai ascoltato, di una selezione Windgassen, Fischer-Dieskau, Stratas! non so se è facilmente reperibile, se qualcuno ce l'ha mi può dire com'è? su due piedi è allettantissima, anzi la consiglierei quasi a scatola chiusa.

Tra le cose recenti? Francamente già lo stesso Domingo non era propriamente inedita come proposta e le risposte coeve non erano certo all'altezza. Non conosco l'Otello di Sinopoli (con Atlantov e soprattutto la Desdemona della Varady!); mi sentirei di annoverare tra le migliori edizioni degli ultimi 15 anni quella di Abbado con Cura. Non sono fan di quest'ultimo e in alcune cose non mi piace affatto, però il suo Otello ha alcuni momenti emozionanti, pur riallacciandosi a lezioni ormai consolidate sa essere persuasivo e più sottile dello stesso Domingo (oltre che di Cossutta, Giacomini, Martinucci e company, magari più bravi tecnicamente... forse, non so). Talvolta però, oltre a essere come tutti a disagio vocalmente, è vittima della "sindrome dell'orco cattivo" :mrgreen: ... la sensazione è che in alcuni momenti si faccia subito un salto indietro di 50 anni. Al suo fianco c'è comunque un superbo Ruggero Raimondi che, aldilà delle difficoltà che anche lui deve affrontare vocalmente, ne esce come uno degli Jago migliori da un bel po' di anni a questa parte (così come lo fu Scarpia). Credo che proprio il tanto citato Kauffman, che condivide con Cura un certo timbro molto scuro, abbia quella marcia in più sul piano interpretativo che potrebbe fare la differenza. Certo sarebbe sempre un Otello un po' baritonal-tedescofilo, ma finchè non salta fuori un Tamagno col talento di Vickers mi tengo gli Otelli tedeschi...
Ricapitolando, queste le edizioni di Otello che consiglierei:

Vinay, Martinis, Schoffler, Furtwangler (live 1951)
Vinay, Steber, Guarrera, Cleva (studio selection 1951)
Del Monaco, Tebaldi, Warren, Stiedry (live 1955)
Windgassen, Jurinac, Mittelman, Quadri (tv 1966)
Windgassen, Stratas, Fischer-Dieskau, Gerdes (studio selection ??? 1967)
Vickers, Freni, Glossop, Karajan (studio 1973)
Vickers, Scotto, MacNeil, Levine (live 1978)
Domingo, Freni, Bruson, Kleiber (live 1987)
Cura, Frittoli, Raimondi, Abbado (live 1997)

Siccome mi sarò perso tante cose belle, aspetto le vostre proposte : Sailor :
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » lun 01 mar 2010, 17:31


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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Triboulet » lun 01 mar 2010, 19:43

Enrico, ho capito che io sono prolisso e logorroico, però mi aspettavo almeno due parole : Chessygrin :

Mi rendo conto che Pavarotti poteva rappresentare ciò che di più vicino c'era all'originale (assumendo Tamagno come riferimento). Come tessitura è sicuramente più comodo di tutti i nomi che ho fatto io, però il suo Otello non mi dice francamente niente di che. Aggiungo che ha perso anche l'occasione di cantarlo con la sua voce, forse sarebbe stato meglio che fare il verso agli Otello di tradizione italiana. Se poi ci si accontenta della vocalità, convengo che forse è l'ascolto più appagante tra quelli reperibili in commercio. E mi pare che pure Celletti fosse di quest'avviso.
Quanto a Tamagno, siamo sicuri che interpretativamente parlando avesse soddisfatto Verdi in tutto e per tutto? Perchè qua si torna al discorso interessantissimo sollevato da beckmesser per i ruoli Colbran e sintetizzato così da Marazzi:

Altroché se è possibile che un compositore faccia in realtà qualcosa che l'interprete non è in grado di assecondare.
L'esempio più famoso lo ha offerto Bellini col "quid Pasta".
"In alto... in alto... seguiamo la diva che si sublima, che porta la sua voce oltre i confini dell'umano..."
Tanto in alto, che la povera Pasta non è stata in grado di cantare in tono quel Casta Diva che pure Bellini aveva scritto per lei!
Il fatto è che il "quid" di cui parliamo non è solo ricavabile dalla caratteristiche del cantante, ma da ciò "che ci si aspetta da lui".
Il divo (perché di divi stiamo parlando) proietta un'immagine di sè, che entusiasma il pubblico, e che viene sintetizzata (a proposito e a sproposito) in una serie di caratteristiche. Può anche non esserci perfetta identità tra le caratteristiche di un cantante e il suo "quid".


Come beckmesser sosteneva che la Colbran non era in grado di venire a capo di tutti i ruoli-Colbran, non è forse possibile che Tamagno stesso non fosse in grado di venire a capo del ruolo che Verdi aveva scritto per lui? quelle poche registrazioni confermano il suo agio in quelle tessiture ma ci dicono assai poco sulla realizzazione del personaggio. Se saltasse fuori un tenore contraltino in grado di tratteggiare una psicologia credibile attraverso tutte le sfumature che i tenori tedeschi o tedescofili realizzano sarei il primo ad applaudire, ma per quel che è la mia esperienza di esempi di questo tipo non ce n'è, almeno tra le cose immortalate su nastro.

PS: Ultima domanda, più una curiosità: nell'ascolto che ha proposto Enrico, Tamagno fa una variante alta sulla parola "sterminator", qualcuno sa come mai?
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » lun 01 mar 2010, 21:22

E va bene, dirò qualcosa. L'accostamento tra Pavarotti e Tamagno l'avevo già fatto in qualche altro angolo del forum, e non volevo ripetermi: se non si fosse limitato al debutto tardivo, se avesse avuto più voglia di studiare e interpretare, se non gli avessero fatto credere che la sua voce non era adatta ad Otello, se non avesse avuto i problemi di memoria di cui parla Magiera in un libro, se avesse trovato un accordo maggiore con Solti o con qualche altro direttore... ma la storia non si fa con i se.
Tamagno nelle registrazioni che abbiamo era già fuori carriera e "anziano" (53 anni circa, ma con problemi di salute): la variante forse è dovuta a difficoltà sulle note basse. Qualcuno ha pensato anche che possa aver inciso il pezzo abbassando la tonalità, come quasi sicuramente faceva il buon vecchio De Lucia (potrei dire qualcosa sull'argomento nel thread a lui dedicato). Nelle vecchie incisioni al variare della velocità varia la tonalità: e se non si conosce esattamente la velocità utilizzata nel giorno dell'incisione è difficile dire se il pezzo fosse veramente cantato in tono oppure no: nel caso di Tamagno tuttavia credo che l'ipotesi non regga molto, perché in quasi tutte le registrazioni i tempi sono quasi sempre molto larghi, anzi molto lenti (Di quella pira, Ora e per sempre addio, la prima incisione, incompleta, di Un dì all'azzurro spazio): abbassati di tonalità diventerebbero ancora più lenti, e dovremmo immaginare un Tamagno "vecchio" e malato con fiati interminabili!
Il duetto dell'Otello è ritrovamento recente, infatti non c'è nelle vecchie edizioni in cd dei dischi di Tamagno. Non c'è il nome del baritono, ma la somiglianza della voce fa pensare a un fratello di Tamagno.
Era Tamagno l'Otello ideale? si conoscono registrazioni di altri tenori voluti da Verdi in Otello? Si chiamò Tamagno solo perché era uno dei tenori più famosi, come Caruso per la prima delle Fanciulla del West?
Torniamo alla difficile questione del primo interprete: da qualche parte ho già detto, mi pare, che il primo Amico Fritz fu De Lucia: nel disco del cinquantenario, diretto da Mascagni, troviamo Tagliavini. Nella Cavalleria Rusticana, sempre con Mascagni, abbiamo Melandri dal vivo e Gigli in disco (e quelli del disco sono definiti, dallo stesso Mascagni nel discorsetto iniziale, come "gli artisti più celebrati": sicuramente la Bruna Rasa era per lui la Santuzza ideale, ma forse non lo è più per noi, anche se io, da siciliano, vedo quasi solo in lei la capacità di cogliere la "sicilianità" del personaggio in certi dettagli di pronuncia e nelle inflessioni di certe frasi: Gigli ci prova pure lui, ma con meno convinzione: piaceva a Mascagni, o serviva a vendere di più?).
Forse è bene che Caruso non abbia lasciato in disco "È la solita storia" o "Ch'ella mi creda", almeno non c'è stato, dopo di lui, l'obbligo dell'imitazione. Nei due soli brani di Otello, Ora e per sempre e Sì pel ciel, è già lontanissimo da Tamagno: e non si tratta di voce "non adatta", dal momento che progettava, pare, di cantare l'opera tutta intera con Titta Ruffo.
Tra i dischi di Tamagno e quelli di Caruso, in ordine cronologico, ci sono quelli di Antonio Paoli; e alla fine degli anni venti, quelli di Giovanni Zenatello (stanco e un po' forzato, ma di nuovo "tamagnesco"). Martinelli invece era un altro che, potendo cantare con la sua voce, preferiva invece imitare Caruso, e nelle registrazioni live appare spesso affaticato e forzato (non conosco l'Otello ma conosco la sua Aida con la Roman e Pinza).
Dell'Esultate di Paoli, seguito da Ora e per sempre, trovo su youtube solo la versione con pianoforte (in cd si trovano diversi brani con l'orchestra e perfino il coro): ricorda un po' Tamagno (anche per i tempi lenti, la pronuncia delle consonanti, gli acuti interminabili): ma l'aveva mai sentito? ne conosceva i dischi?



Ed ecco Zenatello (Londra, 1926): credo che Tamagno,in teatro, non fosse molto diverso.
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » mer 03 mar 2010, 17:00

Cari amici,
vorrei a mia volta intervenire sulla spinosa questione "otelliana", anche perchè fui il primo (con l'articolo su Tamagno, nella sezione "Interpreti storici") a proporla a Operadisc.

Triboulet traccia efficacemente la storia dei maggiori Otelli del secondo dopoguerra, tutti orientati alla variante "declamatoria" e baritonale (possiamo anche dire filo-wagneriana) che ha preso il sopravvento almeno da ottant'anni.
Inoltre ne osserva l'obbiettiva superiorità artistica (in particolare citando i "giganti" del gruppo come Vinay, Vickers, Del Monaco, io aggiungerei prima della guerra Zanelli, Merli) su quei pochi che hanno tentato la via del tenorismo acuto e romantico (Lauri Volpi - Pavarotti).

Verrebbe abbastanza facile affermare che ...allora gli Otelli "declamatori" sono meglio.
Verrebbe facile spingersi persino a credere che possa essere fuorviante rifarsi al modello di Tamagno per capire veramente Otello.

Triboulet ha scritto:Quanto a Tamagno, siamo sicuri che interpretativamente parlando avesse soddisfatto Verdi in tutto e per tutto?

(cut)

Come beckmesser sosteneva che la Colbran non era in grado di venire a capo di tutti i ruoli-Colbran, non è forse possibile che Tamagno stesso non fosse in grado di venire a capo del ruolo che Verdi aveva scritto per lui? quelle poche registrazioni confermano il suo agio in quelle tessiture ma ci dicono assai poco sulla realizzazione del personaggio. Se saltasse fuori un tenore contraltino in grado di tratteggiare una psicologia credibile attraverso tutte le sfumature che i tenori tedeschi o tedescofili realizzano sarei il primo ad applaudire, ma per quel che è la mia esperienza di esempi di questo tipo non ce n'è, almeno tra le cose immortalate su nastro.


Guardiamo ai fatti.
Che Verdi rompesse le scatole alle prove (e se la prendesse un po' con tutti, tranne Maurel) questo è evidente.
Che probabilmente sperasse in Tamagno un contegno più stilizzato e sobrio (e se la pigliasse anche con lui) non inficia minimamente il fatto che conosceva perfettamente Tamagno (che era stato fra l'altro l'Adorno della riscrittura milanese del Boccanegra, prova generale di Otello e Falstaff), che l'avesse voluto come Otello (e aggiungo io: non solo perché era famoso - non ancora famosissimo - ma proprio per i retaggi tardo romantici e meyerberiani che rappresentava), nè che non abbia mai messo in dubbio la sua supremazia nel ruolo nei quindici anni successivi ai quattro angoli del mondo.
Tamagno era l'Otello che Verdi voleva... Otello era il ruolo che Verdi aveva ricalcato sulle caratteristiche di Tamagno (lo dismostra la scrittura: il passaggio altissimo, i si naturali e i do SCRITTI nero su bianco sullo spartito, le filature sui sol e la bemolle).

Triboulet giustamente afferma che in fondo non sappiamo che "tipo di personaggio" Tamagno avesse ricavato dal personaggio.
Però, Triboulet, noi sappiamo benissimo che quello di Tamagno fu un PERSONAGGIO di quelli storici, di quelli che stordiscono e fanno la storia.
Lo sappiamo dalle cronache, lo sappiamo dai trionfi che ottenne in tutto il mondo.
Persino Chaliapine (ossia uno degli interpreti più intelligenti, moderni, sconvolgenti della sua epoca, attore di sottigliezza, cultura e profondità senza paragoni) nelle sue memorie racconta delle emozioni profondissime che la recitazione di Tamagno in Otello gli aveva procurato.

Tornando al confronto fra gli Otelli alla Tamagno (diciamo depositari delle "sante memorie" tardo-romantiche) e quelli declamatori e filo-wagneriani, le nostre possibilità di un reale paragone sono limitate.
Tu citi i grandi Otelli dagli anni '50 in poi... Ma in quel periodo l'ipotesi Tamagno era stata radicalmente messa da parte, al punto che nessun tenore "tardo-romantico" dopo Lauri Volpi (che per inciso fu mezzo contestato a Milano) osò più metterci becco.
Corelli, come tu stesso hai scritto, non ha osato. Pavarotti ha osato solo in disco e tardivamente (e con risultati musicalmente ed interpretativamente ridicoli).
Il fatto è che è proprio il "modello Tamagno" a non esistere più... Già Lauri Volpi era, ai suoi anni, considerato un'anomalia... figlio di un passatismo un po' trombone e ridicolo. E lui stesso osò Otello solo una volta e mai più.

Mentre i tenori drammatici e declamatori erano numerosi, tanto che si poteva operare una selezione "meritocratica" fra loro (Vinay, Vickers, Del Monaco erano le punte di diamante, non certo gli unici Otelli della loro specie).
Al contrario, quanti Lauri Volpi, Corelli e Pavarotti (ossia tenori alla Duprez) ci sono stati dopo la prima guerra mondiale?
E se questi soli tre hanno cantato otel
Il paragone pertanto è ingiusto: è evidente che in questa "guerra di otelli" vinceranno i declamatori, se confrontiamo solo gli interpreti degli ultimi ottant'anni.
E' come giocare una partita con da una parte decine di giocatori e dall'altra solo tre (tutti e tre, per altro, deboli o debolissimi sul fronte meramente interpretativo).

Triboulet ha scritto:Ora, a sentire quel poco che è rimasto dell'Otello di Lauri Volpi si rimane, o dovrei dire io rimango, stupefatti da un lato e un po' delusi dall'altro. Rimango stupefatto nel sentire come la voce svetti piuttosto facilmente e si produca in fraseggi e smorzati ancora con naturalezza (è pur sempre un Lauri Volpi degli anni 40) laddove altri si uccidono; deluso invece nel constatare che l'accento nobilmente aulico da Grand-Opéra, quell'atteggiamento un po' costruito ed a tratti enfatico, non sia molto credibile nell'esprimere gli stadi d'animo tormentati dell'Otello verdiano. Lo stesso Verdi ebbe qualche problemino con Tamagno proprio nella messa a punto del fronte interpretativo, diciamo così. Non è che Martinelli al Met mi convinca molto di più in questo senso, anzi forse è vocalmente meno dotato di Lauri Volpi, e pure più caricato. I tedeschi intanto (che riscoprivano Verdi ben prima di noi) trovavano in Otello la ghiotta occasione per creare un ponte ideale tra il cigno di Busseto e il maestro di Bayreuth; non sarà filologicamente corretto eseguire Verdi come se fosse Wagner, però certi cantanti wagneriani arrivarono ad una "verità" del personaggio che gli italiani (e loro epigoni) hanno spesso perso di vista: ascoltate qualche brano cantato da Melchior negli anni 30, è assolutamente stupefacente.


Lauri Volpi era un interprete di grande modestia, diciamolo una volta per tutte.
Era un trombone che in scena si pavoneggiava con piglio professorale, ma assolutamente incapace di capire la drammaturgia che è dietro il repertorio romantico.
Il suo grande merito era quello di aver compreso e addirittura "ricreato" quel suono (ed è un merito immenso), non di averne capito le ragioni poetiche e meno ancora di averlo messo in relazione con i suoi anni (cosa che invece la callas, ad esempio, avrebbe fatto).
Se senti la Ponselle o Merli o De Luca comprendi che dietro il loro passatismo pulsa la vita. Dietro Lauri Volpi lo stesso.
Il suo Otello è culturalmente e psicologicamente inesistente, proprio come i suoi Puritani o il suo Guglielmo Tell.
E' il suono che illumina. Il suono che brilla e barbaglia dei dardi fulgenti e dei volanti corsier. In quel suono io sento la verità del personaggio.
Se la sua rivoluzione non ha riportato Otello sulla retta via, non è per il suono, ma per la fiacchezza dell'espressione.
Problema suo... non del "modello Tamagno".

Martinelli poi, come diceva Enrico, c'entra poco con questo discorso, perché se come estensione (e vastità di repertorio) poteva ricordare il modello Tamagno e l'eredità Duprez, come tecnica, espressione e gusto ricordava in tutto e per tutto i declamatori post-carusiani, a cui si ispirava fino all'imitazione.
Lui pure, inoltre, era interprete oltraggioso di fiacchezza e banalità.

Per cercare di capire come stanno le cose, ossia avere un'idea più completa dell'Otello in stile Tamagno, occorre rifarsi ai venticinque anni che hanno preceduto la prima guerra mondiale, prima cioè che l'ipotesi declamatoria e wagneriana prendesse il sopravvento.
E qui l'articolo di Enrico è illuminante e chiarificatore.

Tamagno non era l'unico.
Sul suo modello si mossero i primi Otelli come Paoli, superbo di splendore e facilità.
Ma persino la superstar De Reszke, che fu il moro a Londra e New York.
Mi si dirà che sui trionfi di De Reszke, perchè di trionfi si trattò, gravò l'ombra di qualche perplessità, in questo ruolo.
Ma sono ombre di cui è facile capire l'origine: gli acuti faticosi, antico tallone d'achille del mito polacco.
E tuttavia anche De Reszke proveniva dalle sante memorie del tardo-romanticismo, di cui anzi fu - pur diversamente da Tamagno - l'ideale campione.
De Reszke fu il Romeo, il Raoul più struggente e cavalleresco (ma anche più sensualmente crepuscolare) di una generazione.
E persino il suo Wagner fu eletto a simbolo di una visione passatista, nostalgica, trionfatrice in quella Londra e quella New York che si ostinavano a negare le rivoluzioni di Wagner (difese a Bayreuth da Cosima) e a volerne a tutti i costi "normalizzare" le sconcertanti novità.

Pur diversissimo (per voce e temperamento) da Tamagno, De Reszke incarna a sua volta l'ideale di un Otello che guarda al passato, che contempla il crepuscolo del Romanticismo e che respira i profumi di Meyerbeer e Gounod.

Solo su una cosa non sono tanto d'accordo con Enrico, a proposito di Caruso e del suo "potenziale" Otello.

Nei due soli brani di Otello, Ora e per sempre e Sì pel ciel, è già lontanissimo da Tamagno: e non si tratta di voce "non adatta", dal momento che progettava, pare, di cantare l'opera tutta intera con Titta Ruffo.


Ebbene non sono d'accordo.
Se Caruso avesse sentito come "adatta" alla sua voce la scrittura di Otello, non avrebbe atteso i cinquant'anni per "progettare" di cantarla.
L'avrebbe cantanta anche prima.
Il progetto (se è vero che progetto ci fu e che avrebbe visto la luce) appartiene a una fase della carriera di Caruso in cui la sua fama era talmente grande che nessun ruolo gli sarebbe stato precluso.
Aveva forse la voce di Nourrit? Assolutamente no... Non mi pare che Ugonotti e Guglielmo Tell fossero fra i suoi personaggi ideali.
Eppure l'ultimo ruolo che Caruso mise in repertorio (non oso pensare con quali aggiustamenti) fu Eleazar della Juive.
Probabilmente ne fece qualcosa di grandioso: le sole fotografie di scena bastano a darci l'idea dell'interpretazione fantastica.
E tuttavia, in termini strettamente vocali, sappiamo che la parte non è adatta, come non è adatta quella di Otello.
Il "mitico" Caruso dopo la grande guerra avrebbe potuto cantare anche Puritani... Qualsiasi personaggio gli avrebbero offerto. Ma questo non ci autorizza a credere che la parte gli convenisse.
Probabilmente il suo Otello sarebbe stato l'antesignano dei grandi declamatori successivi, come i dischi con ruffo ci testimoniano: il "progetto" semmai ci dimostra che i tempi erano maturi perchè un altro tipo di tenore cominciasse ad allungare lo sguardo sul Moro di Venezia, evidentemente approfittando del declino irreversibile del tenore "tardo romantico" alla Tamagno.
Almeno così pare a me.

Scusate la prolissità e prima di salutare vorrei segnalare che un compromesso suggestivo fra l'Otello declamatorio e psicologico e quello tardo-romantico può essere rappresentata da Thill, che ci offre un'immagine abbastanza convincente di ciò che poteva essere De Reszke in questo ruolo.

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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » mer 03 mar 2010, 17:00

Cari amici,
vorrei a mia volta intervenire sulla spinosa questione "otelliana", anche perchè fui il primo (con l'articolo su Tamagno, nella sezione "Interpreti storici") a proporla a Operadisc.

Triboulet traccia efficacemente la storia dei maggiori Otelli del secondo dopoguerra, tutti orientati alla variante "declamatoria" e baritonale (possiamo anche dire filo-wagneriana) che ha preso il sopravvento almeno da ottant'anni.
Inoltre ne osserva l'obbiettiva superiorità artistica (in particolare citando i "giganti" del gruppo come Vinay, Vickers, Del Monaco, io aggiungerei prima della guerra Zanelli, Merli) su quei pochi che hanno tentato la via del tenorismo acuto e romantico (Lauri Volpi - Pavarotti).

Verrebbe abbastanza facile affermare che ...allora gli Otelli "declamatori" sono meglio.
Verrebbe facile spingersi persino a credere che possa essere fuorviante rifarsi al modello di Tamagno per capire veramente Otello.

Triboulet ha scritto:Quanto a Tamagno, siamo sicuri che interpretativamente parlando avesse soddisfatto Verdi in tutto e per tutto?

(cut)

Come beckmesser sosteneva che la Colbran non era in grado di venire a capo di tutti i ruoli-Colbran, non è forse possibile che Tamagno stesso non fosse in grado di venire a capo del ruolo che Verdi aveva scritto per lui? quelle poche registrazioni confermano il suo agio in quelle tessiture ma ci dicono assai poco sulla realizzazione del personaggio. Se saltasse fuori un tenore contraltino in grado di tratteggiare una psicologia credibile attraverso tutte le sfumature che i tenori tedeschi o tedescofili realizzano sarei il primo ad applaudire, ma per quel che è la mia esperienza di esempi di questo tipo non ce n'è, almeno tra le cose immortalate su nastro.


Guardiamo ai fatti.
Che Verdi rompesse le scatole alle prove (e se la prendesse un po' con tutti, tranne Maurel) questo è evidente.
Che probabilmente sperasse in Tamagno un contegno più stilizzato e sobrio (e se la pigliasse anche con lui) non inficia minimamente il fatto che conosceva perfettamente Tamagno (che era stato fra l'altro l'Adorno della riscrittura milanese del Boccanegra, prova generale di Otello e Falstaff), che l'avesse voluto come Otello (e aggiungo io: non solo perché era famoso - non ancora famosissimo - ma proprio per i retaggi tardo romantici e meyerberiani che rappresentava), nè che non abbia mai messo in dubbio la sua supremazia nel ruolo nei quindici anni successivi ai quattro angoli del mondo.
Tamagno era l'Otello che Verdi voleva... Otello era il ruolo che Verdi aveva ricalcato sulle caratteristiche di Tamagno (lo dismostra la scrittura: il passaggio altissimo, i si naturali e i do SCRITTI nero su bianco sullo spartito, le filature sui sol e la bemolle).

Triboulet giustamente afferma che in fondo non sappiamo che "tipo di personaggio" Tamagno avesse ricavato dal personaggio.
Però, Triboulet, noi sappiamo benissimo che quello di Tamagno fu un PERSONAGGIO di quelli storici, di quelli che stordiscono e fanno la storia.
Lo sappiamo dalle cronache, lo sappiamo dai trionfi che ottenne in tutto il mondo.
Persino Chaliapine (ossia uno degli interpreti più intelligenti, moderni, sconvolgenti della sua epoca, attore di sottigliezza, cultura e profondità senza paragoni) nelle sue memorie racconta delle emozioni profondissime che la recitazione di Tamagno in Otello gli aveva procurato.

Tornando al confronto fra gli Otelli alla Tamagno (diciamo depositari delle "sante memorie" tardo-romantiche) e quelli declamatori e filo-wagneriani, le nostre possibilità di un reale paragone sono limitate.
Tu citi i grandi Otelli dagli anni '50 in poi... Ma in quel periodo l'ipotesi Tamagno era stata radicalmente messa da parte, al punto che nessun tenore "tardo-romantico" dopo Lauri Volpi (che per inciso fu mezzo contestato a Milano) osò più metterci becco.
Corelli, come tu stesso hai scritto, non ha osato. Pavarotti ha osato solo in disco e tardivamente (e con risultati musicalmente ed interpretativamente ridicoli).
Il fatto è che è proprio il "modello Tamagno" a non esistere più... Già Lauri Volpi era, ai suoi anni, considerato un'anomalia... figlio di un passatismo un po' trombone e ridicolo. E lui stesso osò Otello solo una volta e mai più.

Mentre i tenori drammatici e declamatori erano numerosi, tanto che si poteva operare una selezione "meritocratica" fra loro (Vinay, Vickers, Del Monaco erano le punte di diamante, non certo gli unici Otelli della loro specie).
Al contrario, quanti Lauri Volpi, Corelli e Pavarotti (ossia tenori alla Duprez) ci sono stati dopo la prima guerra mondiale?
E se questi soli tre hanno cantato otel
Il paragone pertanto è ingiusto: è evidente che in questa "guerra di otelli" vinceranno i declamatori, se confrontiamo solo gli interpreti degli ultimi ottant'anni.
E' come giocare una partita con da una parte decine di giocatori e dall'altra solo tre (tutti e tre, per altro, deboli o debolissimi sul fronte meramente interpretativo).

Triboulet ha scritto:Ora, a sentire quel poco che è rimasto dell'Otello di Lauri Volpi si rimane, o dovrei dire io rimango, stupefatti da un lato e un po' delusi dall'altro. Rimango stupefatto nel sentire come la voce svetti piuttosto facilmente e si produca in fraseggi e smorzati ancora con naturalezza (è pur sempre un Lauri Volpi degli anni 40) laddove altri si uccidono; deluso invece nel constatare che l'accento nobilmente aulico da Grand-Opéra, quell'atteggiamento un po' costruito ed a tratti enfatico, non sia molto credibile nell'esprimere gli stadi d'animo tormentati dell'Otello verdiano. Lo stesso Verdi ebbe qualche problemino con Tamagno proprio nella messa a punto del fronte interpretativo, diciamo così. Non è che Martinelli al Met mi convinca molto di più in questo senso, anzi forse è vocalmente meno dotato di Lauri Volpi, e pure più caricato. I tedeschi intanto (che riscoprivano Verdi ben prima di noi) trovavano in Otello la ghiotta occasione per creare un ponte ideale tra il cigno di Busseto e il maestro di Bayreuth; non sarà filologicamente corretto eseguire Verdi come se fosse Wagner, però certi cantanti wagneriani arrivarono ad una "verità" del personaggio che gli italiani (e loro epigoni) hanno spesso perso di vista: ascoltate qualche brano cantato da Melchior negli anni 30, è assolutamente stupefacente.


Lauri Volpi era un interprete di grande modestia, diciamolo una volta per tutte.
Era un trombone che in scena si pavoneggiava con piglio professorale, ma assolutamente incapace di capire la drammaturgia che è dietro il repertorio romantico.
Il suo grande merito era quello di aver compreso e addirittura "ricreato" quel suono (ed è un merito immenso), non di averne capito le ragioni poetiche e meno ancora di averlo messo in relazione con i suoi anni (cosa che invece la callas, ad esempio, avrebbe fatto).
Se senti la Ponselle o Merli o De Luca comprendi che dietro il loro passatismo pulsa la vita. Dietro Lauri Volpi lo stesso.
Il suo Otello è culturalmente e psicologicamente inesistente, proprio come i suoi Puritani o il suo Guglielmo Tell.
E' il suono che illumina. Il suono che brilla e barbaglia dei dardi fulgenti e dei volanti corsier. In quel suono io sento la verità del personaggio.
Se la sua rivoluzione non ha riportato Otello sulla retta via, non è per il suono, ma per la fiacchezza dell'espressione.
Problema suo... non del "modello Tamagno".

Martinelli poi, come diceva Enrico, c'entra poco con questo discorso, perché se come estensione (e vastità di repertorio) poteva ricordare il modello Tamagno e l'eredità Duprez, come tecnica, espressione e gusto ricordava in tutto e per tutto i declamatori post-carusiani, a cui si ispirava fino all'imitazione.
Lui pure, inoltre, era interprete oltraggioso di fiacchezza e banalità.

Per cercare di capire come stanno le cose, ossia avere un'idea più completa dell'Otello in stile Tamagno, occorre rifarsi ai venticinque anni che hanno preceduto la prima guerra mondiale, prima cioè che l'ipotesi declamatoria e wagneriana prendesse il sopravvento.
E qui l'articolo di Enrico è illuminante e chiarificatore.

Tamagno non era l'unico.
Sul suo modello si mossero i primi Otelli come Paoli, superbo di splendore e facilità.
Ma persino la superstar De Reszke, che fu il moro a Londra e New York.
Mi si dirà che sui trionfi di De Reszke, perchè di trionfi si trattò, gravò l'ombra di qualche perplessità, in questo ruolo.
Ma sono ombre di cui è facile capire l'origine: gli acuti faticosi, antico tallone d'achille del mito polacco.
E tuttavia anche De Reszke proveniva dalle sante memorie del tardo-romanticismo, di cui anzi fu - pur diversamente da Tamagno - l'ideale campione.
De Reszke fu il Romeo, il Raoul più struggente e cavalleresco (ma anche più sensualmente crepuscolare) di una generazione.
E persino il suo Wagner fu eletto a simbolo di una visione passatista, nostalgica, trionfatrice in quella Londra e quella New York che si ostinavano a negare le rivoluzioni di Wagner (difese a Bayreuth da Cosima) e a volerne a tutti i costi "normalizzare" le sconcertanti novità.

Pur diversissimo (per voce e temperamento) da Tamagno, De Reszke incarna a sua volta l'ideale di un Otello che guarda al passato, che contempla il crepuscolo del Romanticismo e che respira i profumi di Meyerbeer e Gounod.

Solo su una cosa non sono tanto d'accordo con Enrico, a proposito di Caruso e del suo "potenziale" Otello.

Nei due soli brani di Otello, Ora e per sempre e Sì pel ciel, è già lontanissimo da Tamagno: e non si tratta di voce "non adatta", dal momento che progettava, pare, di cantare l'opera tutta intera con Titta Ruffo.


Ebbene non sono d'accordo.
Se Caruso avesse sentito come "adatta" alla sua voce la scrittura di Otello, non avrebbe atteso i cinquant'anni per "progettare" di cantarla.
L'avrebbe cantanta anche prima.
Il progetto (se è vero che progetto ci fu e che avrebbe visto la luce) appartiene a una fase della carriera di Caruso in cui la sua fama era talmente grande che nessun ruolo gli sarebbe stato precluso.
Aveva forse la voce di Nourrit? Assolutamente no... Non mi pare che Ugonotti e Guglielmo Tell fossero fra i suoi personaggi ideali.
Eppure l'ultimo ruolo che Caruso mise in repertorio (non oso pensare con quali aggiustamenti) fu Eleazar della Juive.
Probabilmente ne fece qualcosa di grandioso: le sole fotografie di scena bastano a darci l'idea dell'interpretazione fantastica.
E tuttavia, in termini strettamente vocali, sappiamo che la parte non è adatta, come non è adatta quella di Otello.
Il "mitico" Caruso dopo la grande guerra avrebbe potuto cantare anche Puritani... Qualsiasi personaggio gli avrebbero offerto. Ma questo non ci autorizza a credere che la parte gli convenisse.
Probabilmente il suo Otello sarebbe stato l'antesignano dei grandi declamatori successivi, come i dischi con ruffo ci testimoniano: il "progetto" semmai ci dimostra che i tempi erano maturi perchè un altro tipo di tenore cominciasse ad allungare lo sguardo sul Moro di Venezia, evidentemente approfittando del declino irreversibile del tenore "tardo romantico" alla Tamagno.
Almeno così pare a me.

Scusate la prolissità e prima di salutare vorrei segnalare che un compromesso suggestivo fra l'Otello declamatorio e psicologico e quello tardo-romantico può essere rappresentata da Thill, che ci offre un'immagine abbastanza convincente di ciò che poteva essere De Reszke in questo ruolo.

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Messaggioda Triboulet » mer 03 mar 2010, 21:03

E' tutto molto interessante come sempre...
Sono perfettamente consapevole che la battaglia tra declamatori e romantici è assolutamente impari, però quel che cercavo di fare io era una storiografia delle incisioni dell'opera, ed è un dato di fatto che se vogliamo ascoltare Otello oggi ci tocca questo, ed io personalmente non me ne rammarico così tanto.
Certo, mi ripeto, sarebbe interessantissimo sentire una versione "pavarottiana" d'Otello con tutte quelle nuances che riuscivano a metterci Vickers o Vinay, ma se si deve scegliere tra quel che c'è...

MatMarazzi ha scritto:Al contrario, quanti Lauri Volpi, Corelli e Pavarotti (ossia tenori alla Duprez) ci sono stati dopo la prima guerra mondiale?
E se questi soli tre hanno cantato otel
Il paragone pertanto è ingiusto: è evidente che in questa "guerra di otelli" vinceranno i declamatori, se confrontiamo solo gli interpreti degli ultimi ottant'anni.
E' come giocare una partita con da una parte decine di giocatori e dall'altra solo tre (tutti e tre, per altro, deboli o debolissimi sul fronte meramente interpretativo).


Beh sembra un dato di fatto che quel tipo di voce sia più raro da trovare e, pure questo è un dato, quando salta fuori è intepretativamente molto debole. Mi chiedo se questo dipenda dall'artista singolo (leggi: negli ultimi 80 anni siamo stati sfigati) oppure dalla tendenza a educare stilisticamente quel tipo di vocalità in un certo modo, di votarlo in qualche modo alla ragione della mera vocalità.
E di Gedda che ne pensate? lui, tra le mille cose, aveva anche cose come Puritani e Ugonotti in repertorio, e mi pare pure il più interessante interpretativamente... non so però se è inquadrabile nella categoria dei succitati...

MatMarazzi ha scritto:noi sappiamo benissimo che quello di Tamagno fu un PERSONAGGIO di quelli storici, di quelli che stordiscono e fanno la storia.
Lo sappiamo dalle cronache, lo sappiamo dai trionfi che ottenne in tutto il mondo.
Persino Chaliapine (ossia uno degli interpreti più intelligenti, moderni, sconvolgenti della sua epoca, attore di sottigliezza, cultura e profondità senza paragoni) nelle sue memorie racconta delle emozioni profondissime che la recitazione di Tamagno in Otello gli aveva procurato.


Sono più propenso a credere all'idea che Verdi fosse avveduto e che quindi non avesse sopravvalutato il talento di Tamagno, piuttosto che al successo che Tamagno riscuoteva in quell'epoca. Sì, ci rimangono le cronache (e dalle registrazioni dei primi del 900 si percepisce un decimo di quel che sarebbe necessario a capire), però è tutto molto soggettivo, chi può sapere che gusto avevano alla fine dell'800?? Voglio dire, magari all'epoca stravedevano per una cosa che adesso, dopo 100 anni di evoluzione dell'interpretazione, ci lascerebbe delusi. Magari quel quid che riusciamo a metterci ora (in termini di approfondimento, precisione, studio del personaggio ecc. ecc.) per l'epoca sarebbe stato impensabile. Forse non riesco a spiegarmi, ma c'è una possibilità che si sia andati persino OLTRE quel che Verdi aveva immaginato? parlo in termini non di vocalità ma di scavo psicologico-interpretativo.
Io francamente non saprei rispondere... e poi, altra questione, oggi ci si inchina tanto davanti a Pavarotti quanto davanti a Vickers, anzi gli italiani si inchinano decisamente di più davanti a Pavarotti (o Corelli o Del Monaco). E' possibile che ieri fosse la stessa cosa? cioè, la fama ci dà il giusto indice di qualità?
Ci sono moltissimi personaggi degli ultimi 50 anni che sono ormai ultraleggendari ma che io non sceglierei certo come miei interpreti ideali, a causa di una certa inerzia interpretativa che li accomuna.
Ecco forse credo giusto a Chaliapine, ma solo a lui... : Chessygrin :

Ad ogni modo, mi riprometto di procurarmi l'Otello di Thill (se lo trovo), che a quel che dice Mat è la sola testimonianza (integrale :?: ) che possa avvicinarsi all'idea originaria della vocalità tamagnana.
Ultima modifica di Triboulet il mer 03 mar 2010, 21:04, modificato 1 volta in totale.
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Enrico » mer 03 mar 2010, 21:04

Volevo proprio dire che Caruso, anche solo con quei due dischi (ma ho detto qualcosa di simile parlando di Andrea Chénier) segna l'allontanamento dal "modello Tamagno" sia per tipo di voce sia per stile di canto (un "Esultate" di Caruso sarebbe stato secondo me molto "dominghiano": legatissimo, morbido piuttosto che esplosivo, senza l'enfasi di Tamagno sulle consonanti, potente ma non squillante, con gli acuti solidi e forti ma brevi - e provo a immaginare anche i duetti con Desdemona...)
Quasi tutti i moderni cantano la frase "È il fazzoletto ch'io le diedi pegno primo d'amor" sul modello di Caruso, così come molti baritoni quando dicono "più sottil d'un velo" sembrano imitare Titta Ruffo.
La voce di Caruso era "non adatta" rispetto al "modello Tamagno", ma avrebbe trovato il modo di cantare la parte senza troppe infedeltà alle note (forse anche con qualche espediente per toccare solo di sfuggita le note troppo alte, come fanno in molti).
Per questo Martinelli poteva essere imperfettamente "carusiano" anche nell'Otello...
Penso anche che Caruso aveva cominciato quando tutti cantavano tutto: se non ricordo male da qualche parte ho letto che ha cantato (certamente a modo suo) perfino Elvino e Don Ottavio. E in fondo le sue registrazioni dell'aria degli Ugonotti, tra quelle della stessa epoca, non sono tra le peggiori (e quando voleva fare un sopracuto in falsetto - "Cuius animam" - o un bel trillo - "Pietà Signore" - ci riusciva meglio di tanti altri!)
Certamente tra il Meyerbeer di Tamagno e quello di Caruso le differenze sono enormi, anche se non possiamo confrontarli negli stessi pezzi. Anche nel Sansone e Dalila dovevano essere entrambi opposti e grandiosi (anche se non ho idea di quale debba essere la voce o lo stile giusto per quest'opera).
La cosa bella è immaginare tutte le possibile alternative di un'interpretazione, anche quelle mancate. Perfino i tentativi pieni di buone intenzioni ma un po' ridicoli di Gigli o quelli temerari di Di Stefano, non più sbagliati di Lauri Volpi o Pavarotti, mi sembrano stimoli utili per la riflessione.
In tempi moderni avrei pensato a Chris Merritt (e, tra una recita e l'altra, gli avrei fatto fare Almaviva nel Barbiere: non c'entra niente con Otello, ma il Manuel Garcia che ho visto una volta citato non so dove come Almaviva delle Nozze di Figaro è lo stesso Manuel Garcia che fu Almaviva nel Barbiere? certo che discutere di voci e tessiture e stili di canto doveva essere complicato anche duecento anni fa!).

A Triboulet direi che la voce più vicina a quella di Tamagno è proprio quella di Tamagno: nei buoni riversamenti (io avevo quello della "Pearl") suona abbastanza naturale e secondo me dà una buona testimonianza anche di ciò che doveva essere il suo stile. Ascoltandole ho spesso pensato che i "vocalisti" dell'Ottocento dovessero essere molto più teatrali di quanto immaginiamo.
Dell'Otello di Thill so poco: ma non aveva studiato, si dice, con De Lucia? quante complicazioni!

Ci sarebbe da affrontare la questione dei tempi: lentissimo Tamagno, abbastanza tranquilli anche Paoli o Caruso e altri antichissimi, come mai a un certo punto canrtanti e direttori cominciano a correre? necessità di fare entrale l'opera completa in un numero non troppo elevato di dischi? effetti delle interpretazioni di Toscanini (sì, è vero, negli anni '20 i suoi tempi erano ancora abbastanza vari ed elastici: ma già la sinfonia del Don Pasquale è ritmicamente molto toscaniniana) sulle incisioni dei vari collaboratori scaligeri come Sabajno e Molajoli, onnipresenti nelle registrazioni di Merli e Cortis e Pertile eccetera?
E perché nessun direttore moderno è tornato ai tempi lenti? Karajan è sì spesso più largo e lirico rispetto ad altri: ma nei tempi di "Ora e per sempre" o "Sì pel ciel" accelera abbastanza pure lui.
Come si dirigeva e come si suonava l'Otello ai tempi di Verdi e Tamagno?
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Re: Otello (Verdi)

Messaggioda Teo » mer 03 mar 2010, 21:20

E' incredibile come la questione "otelliana" ciclicamente torni in auge, il che a mio avviso pone due interessanti spunti di riflessione:
1) il personaggio in questione è davvero uno di quei personaggi carichi di fascino, come forse pochi nel panorama dell'opera verdiana (a mio avviso insieme a Riccardo il personaggio più complesso e affascinante)
2) anche per le suddette ragioni, noi che ne stiamo nuovamente discutendo, a tutt'oggi non abbiamo ancora ascoltato, sia live che in studio, un Moro che soddisfi a pieno la nostra personale visione realizzativa.

Interessante il riassunto fatto da Triboulet, sopratutto per l'attenzione posta sui quattro Otelli filodrammatici direi storici ossia Vinay, Vickers, Del Monaco e Domingo; alla fine rimane ancora aperta l'annosa questione del perchè ad un certo punto della storia i declamatori tedeschi e i tenori cosidettì drammatici di scuola italica si siano appropriati di un ruolo che secondo la logica e la storia, avrebbe dovuto essere assegnato a ben altro tipo di tenore.

Con l'amico Matt è da tempo che ci scambiamo pareri e idee in merito, e trovo che la risposta data dal Marazzo, circa le titubanze poste da Triboulet alla scelta fatta da Verdi su Tamagno, siano nella sostanza le più azzeccate. Anche per me il cigno di Busseto non aveva "ciuccato le quote", ma Tamagno doveva essere il suo Moro e Tamagno fù.

Tuttavia ripeto, rimane aperta la questione del perchè ancora oggi, non si possa realizzare l'idea primordiale del cigno di Busseto.

Interessante il parellelismo tra la vocalità di Thill e quella di De Reszke, quest'ultimo forse ancora con voce più chiara (mi si passi il termine), e pur tuttavia, secondo quanto riportano gli annali, fu un grande Moro.
Pensa Matt che quando ho letto il posto di Triboulet, avevo deciso di rispondere proponendo a mia volta qualche nome che a mio modesto parere, avrebbero potuto essere degni continuatori dell'idea di Tamagnao, e tra questi c'era pure George Thill :wink: .
Ne avevo identificato anche qualch'un altro tra cui Leo Slezak, ma debbo dire che su tutti, quello che più mi ronzava piacevolmente nella testa e nelle orecchie era il grande Léon Escalais.
I suoi Arnold, Robert, Raoul, Vasco, Le Cid, Sigurd, all'Operà de Paris furono personaggi storici, così come le sue apparizioni in Italia lo videro trinfare in ruoli Verdiani come Manrico, Radames e guarda caso...Otello.

A tale proposito, per chi non l'avesse mai sentito in quel ruolo, vorrei proporvi l'ascolto di due brani (sono in francese).

Dio mi potevi scagliar
https://www.opendrive.com/user_account/ ... tH&fopen=t

Ora e per sempre addio
https://www.opendrive.com/user_account/ ... tH&fopen=t

Se pensiamo che questo tipo di vocalità fosse veramente quella che Verdi in Tamagno aveva trovato, allora credo sia interessante capire il perché del declino irreversibile del tenore "tardo romantico" alla Tamagno giustamente denunciato da Matt.
Eppure nei successivi anni 30, 40 e 50 alcuni tenori avevano portato avanti quel tipo di idea, penso ad esempio alla scuola francese dei vari Thill, e poi Luccioni (per altro allievo di Escalais), Poncet, Chauvet, ecc. probabilmente senza ottenere risultati strabilianti, è vero, però insomma, il declino non fù proprio così immediato.

E comunque sia, perché questo tipo di scuola che consentiva a gente come Tamagno, Paoli, Escalais, ecc. di poter tranquillamente sostenere ruoli così impervi ad un certo punto non ha più retto?
Certamente i documenti sonori che hanno lasciato non possono forse essere del tutto esaustivi, va da se che un ruolo non si risolve in qualche estratto o nell'esecuzione delle sole arie famose, però a mio modesto parere se facciamo un confronto tra la facilità e la naturalezza con la quale i suddetti tenori dimostrano di aver a che fare (confesso che ogni volta resto incredulo), rispetto ad altri successivi interpreti, che hanno avuto anche supporti di incisione "ben differenti" beh, a me qualche domanda sospesa resta.

Forse sono un pò fuori tema, ma tutto sommato credo di no, perché se è vero che il primo Otello è stato Tamagno, ovvero, l'Otello che Verdi volle, allora mi chiedo perché si è arrivati ai vari Galouzine, Antonenko, Forbis, Fraccaro, Botha, e....ah dimenticavo José Cura : Frown : : Chessygrin :

Salutissimi.

Teo
l'idea è creatrice di vocalità...
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