Riporto un estratto da un´intervista di Renzo Allegri alla Freni relativo alla Traviata del 64.
L´intervista completa si trova qui.
http://www.belcanto.it/documenti/Renzo% ... anblog.pdfBuona lettura,
DM
Con Karajan, però, lei ha vissuto anche un brutto momento della sua carriera: la famosa Traviata alla Scala nel 1964 che fu contestata.
“Sì, è vero. Quello fu il più brutto momento della mia vita e, campassi mille anni, non potrò mai dimenticarlo. Quella Traviata, con la direzione di Karajan e la regia di Zeffirelli, doveva ripetere alla Scala il trionfo della Bohème dell’anno prima, invece fu un vero disastro. Sentivo di non essere ancora pronta per affrontare quell’opera, ma sia Karajan, come Zeffirelli e anche Siciliani insistettero tanto che accettai”.
Mentre rievoca quella sua lontana esperienza, Mirella Freni diventa triste e si comprende come lei, a distanza di tanto tempo, soffra ancora per quello che è accaduto. Attribuisce la colpa di tutto a se stessa, alla propria giovane età e quindi immaturità per un’opera tanto difficile. Ma in realtà le cause di quel fiasco vanno cercate anche e soprattutto altrove.
Mirella Freni, in quell’occasione, fu vittima di macchinazioni esterne che non avevano niente a che fare con la sua voce.
La Traviata era un’opera che nove anni prima era stata portata in trionfo alla Scala da Maria Callas, con la direzione di Carlo Maria Giulini e la regia di Luchino Visconti. Un trionfo memorabile, e quell’edizione viene ancora ricordata nella storia come insuperabile. Due anni dopo, Karajan voleva impossessarsi di quell’allestimento portandolo a Vienna, ma non aveva incontrato l’approvazione di Visconti, che era addirittura indignato con la Scala perché concedeva l’allestimento scaligero permettendo che il posto di Giulini, vero creatore di quello spettacolo, venisse preso dal maestro austriaco. Visconti scrisse una lunga lettera alla Callas, facendo di tutto per convincerla a non cantare a Vienna in quella Traviata. E alla
fine della lettera esprime anche la sua indignazione per l’esclusione di Giulini. La Callas deve aver condiviso l’indignazione di Visconti perché fece di tutto per non andare a Vienna. Infatti ci riuscì. Chiese un cachet elevatissimo e l’amministrazione dello Staatsoper non glielo concesse, così Karajan dovette dirigere quella Traviata senza la Callas e senza ottenere il successo che pensava.
Deve essersi legato a un dito quell’affronto ed ecco che nel 1964 decise di vendicarsi. Era certo che Mirella Freni poteva reggere il confronto con la Callas e decise di portare alla Scala un nuovo allestimento di Traviata, firmato da Zeffirelli e con protagonista la Freni. Voleva far dimenticare l’edizione del 1955 con la Callas e Visconti. Ma le cose gli andarono ancora una volta storte. L’ombra della Callas continuava ad aleggiare sovrana sul teatro milanese. Il pubblico non aveva dimenticato il trionfo del 1955 e aveva decretato che nessun altro poteva reggere il confronto.
“Cominciai a ricevere lettere anonime con minacce terribili”, racconta Mirella Freni. “I callassiani erano indignati. Dicevano che era uno scandalo che una giovane come me pretendesse di interpretare un'opera in cui la divina era stata grandissima. In un primo momento la parte era stata promessa alla Scotto, ma Karajan aveva voluto me, e così avevo contro anche tutti gli ammiratori di Renata Scotto che mi accusavano di aver soffiato la parte alla loro beniamina e giurarono di farmela pagare cara. Feci un mese di prove e fu un mese di tensione. Sentivo che il pubblico mi era ostile e prevedevo un disastro, ma ormai non potevo ritirarmi. La situazione si fece infuocata. La notte della vigilia della ‘prima’, qualcuno cancellò il mio nome da tutte le locandine appese sui muri cittadini, sostituendolo a mano con quello della Scotto.
“La sera del debutto, 17 dicembre 1964, il teatro sembrava un campo di battaglia. L'inizio dell'opera fu accolto freddamente. Al termine del primo atto c'è la difficile scena quinta, dove Violetta deve affrontare il terribile monologo "È strano". Lì commisi un errore. Ero tesa e preoccupata. Alle parole ‘gioir, gioir’ non steccai, ma ‘forzai’ le note, e il pubblico scoppiò come una polveriera. Era una reazione premeditata, perché molti in loggione avevano fischietti e bombolette puzzolenti. I fischi e le grida coprivano la mia voce, ma tenni duro e portai a termine l'opera. I critici,
il giorno dopo, non furono drastici nei miei confronti, ma era evidente che avevo fatto fiasco e non me la sentii di fare le repliche.
“‘Alla Scala non tornerò mai più”’, giurai a me stessa. In realtà dovevo tornarvi alla fine di dicembre con delle riprese di Bohème, ma avevo deciso di cancellare tutto e dimenticare per sempre quel teatro. Era una decisione affrettata, che avrebbe compromesso drasticamente la mia carriera, e mi salvò il maestro Siciliani. Si rese conto di quello che passava nel mio animo e mi aiutò come un vero padre. Mi telefonava cinque, dieci volte al giorno. Continuava a ripetermi che dovevo tornare assolutamente. Dovevo dimenticare la brutta esperienza e tornare in quel teatro che mi voleva bene. Riuscì a convincermi, tornai e fui accolta da grandi applausi. Capii che il pubblico in sala alla Scala la sera del 17 dicembre, era un pubblico particolare, che voleva far naufragare lo spettacolo ad ogni costo, indipendentemente da come avrebbero cantato
i protagonisti”.