Le registrazioni a cui abbiamo fatto riferimento finora sono le seguenti:
Scotto, Pavarotti, Raimondi, Grilli/Gavazzeni – Roma 1968
Anderson, Pavarotti, Ramey, Leech – New York 1995
Vittorio cita il Pagano di Mario Petri, dalla prima registrazione dell’opera:
Vitale, Gallo, Petri, Bertocci/Wolf Ferrari – Milano (Rai) 1951
Riporto qui, per comodità, alcune opinioni a confronto. Non si è ancora parlato, se non di sfuggita, della registrazione in studio con Deutekom, Domingo, Raimondi; dei diversi live con Carreras (anche in video, alla Scala con Gavazzeni) e con Bergonzi, né di interpretazioni più recenti.
Luca ha scritto: Per I Lombardi ho l'edizione romana live diretta da Gavazzeni con Scotto, Pavarotti, Grilli e Raimondi andata in scena all'Opera nel 1968: si ascolta una Scotto superlativa! Ho udito anche quella con la Anderson e Pavarotti della DECCA ma la trovo compressivamente fredda e poco teatrale.
Enrico ha scritto:DottorMalatesta ha scritto:Vorrei precisare ad Enrico che le riserve a Pavarotti, piú che alla voce (splendido il timbro, e ancora perfettamente rispondente alla tessitura), erano rivolte all´interprete.
Non metto assolutamente in dubbio la potenziale eccellenza di Pavarotti nel ruolo di Oronte (prova ne sia la splendida incisione di “La mia letizia infondere” nel disco con le rarità verdiane diretto da Abbado). Cosí come non dubito che nell´incisione in vivo con la Scotto, che purtroppo non conosco, sia assolutamente irreprensibile sotto il profilo vocale e interpretativo. Peró la lente d´ingrandimento dell´incisione ufficiale in studio sottolinea spietatamente come l´Oronte del Pavarotti “ultima maniera” sia parecchio discutibile per la linea frammentata, l´agogica fluttuante ed irregolare, il gusto canzonettaro.
E io vorrei precisare che non volevo contestare la tua critica: Pavarotti è quello che è (e non mi pare che faccia di meglio nel vecchio live): quando dico "trovatemi un buon Oronte" non voglio dire che Pavarotti va bene e gli altri no: voglio dire proprio che, anche per colpa di Pavarotti (e di Carreras, e di Bergonzi e dei pochi altri che ci hanno provato, e anche per colpa di quelli che avrebbero potuto e non hanno provato) manca nella scarsa discografia dell'opera una vera grande interpretazione di questo personaggio, e direi anche degli altri, perché non mi convincono né Ramey né Pagano, e nemmeno la Anderson e la Scotto al di là del loro impegno nel fraseggio: pensa a come sarebbe stata la Callas!
VGobbi ha scritto:Letta la recensione con molto interesse, visto che questa edizione discografica anch'io la possiedo. Il ricordo e' assai vacuo - e' da una vita che non l'ascoltavo e che dovrei riprenderla - comunque la trovai la migliore incisione dei "Lombardi", pure lo stesso Pavarotti mi colpi' notevolmente, nonostante l'eta' (62 anni non son proprio pochi, neh!). La Anderson tratteggiava la sua classica Giselda altera, regale. Leech si confermava come uno dei tenori piu' interessanti di quel periodo ed il suo Arvino e' li' a dimostrarlo. Grande il Pagano di Ramey, sopra tutto vocalmente, ma quanto a livello introspettivo, la testimonianza discografica lasciataci da un Petri, resta ancora ineguagliata. Levine si conferma uno dei piu' grandi direttori d'orchestra.
Chissa' che a riascoltare questi "Lombardi" cambi totalmente idea.
Dal momento che la prima registrazione di quest’opera è del 1951, ritengo che sia utile ascoltare anche alcune registrazioni di singoli brani della prima metà del Novecento.
La mia letizia infondere / Je veux entendre encore
Il primo a lasciare una traccia, in francese, sembrerebbe Leonce Antoine Escalais (che spara un paio dei suoi celebri acuti) nel 1903.
La più vecchia testimonianza in italiano che trovo è questa registrazione di un tenore a me ignoto, Augusto Scampini, ventottenne nel 1908 (più giovane di Caruso, ma più antico nello stile): lento e con sonorità che mi ricordano un vagamente Antonio Paoli e due vibranti acuti “tamagneschi”:
Qual voluttà trascorrere:
Enrico Caruso, Frances Alda e Marcel Journet nel 1912 (Caruso lega o stacca i suoni, li rinforza o li smorza cercando una sorta di realismo espressivo, teatrale; Journet e la Alda lo seguono e lo assecondano con i loro pregi e i loro vezzi)
La stilizzata Rethberg, il singhiozzante Gigli, il misurato Pinza, in un’altra registrazione americana con la direzione di Rosario Bourdon (1930)
Qui posa il fianco… Qual voluttà
Francesco Merli, Bianca Scacciati, Nazzareno De Angelis (1932)
Una registrazione tutta italiana, con la voce chiara ma incisiva e un po’ stridula della Scacciati, quella calda e vibrante di Merli, quella scura e aurorevole di De Angelis.
Giacomo Lauri-Volpi, anziano, lascia testimonianza di uno stile esecutivo decisamente più antico rispetto alla tardiva registrazione (siamo nel 1957)
Ricordiamo anche quel poco che ci ha lasciato la Callas:
Te Vergin Santa imploro (1964-65)
O Madre dal cielo soccorri al mio pianto…
E per interrompere la serie delle memorie archeologiche e dei rimpianti callasiani concediamoci un trio del nostri giorni: