La Gioconda (Ponchielli)

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La Gioconda (Ponchielli)

Messaggioda stecca » mar 21 apr 2009, 19:10

Decca 1980, (Bartoletti, Caballé, Pavarotti, Milnes, Ghiaurov, Baltsa)

Verdi aveva già scritto 5 anni prima Aida e sia Puccini che Giordano e Cilea (nonché la giovine scuola italiana) erano ben aldilà da venire, quando il cremonese Ponchielli musicò a Milano nell’aprile del 1876 questo pasticciato libretto di Boito ambientato a Venezia, e che narra la triste vicenda di Gioconda vanamente innamorata di Enzo la quale, in ossequio ai desiderata della vecchia madre cieca di professione indovina, salva la vita alla rivale Laura, e quindi si uccide per sfuggire alle grinfie del cattivo Barnaba sorta di Scarpia ante-litteram.
Si tratta di opera alquanto “facile” che o piace molto o poco o punto, siccome Gioconda è soprattutto una grande festa di voci e di suoni a me e lo dico subito piace un casino (e molto più delle varie Adriane o dei vari Chenier o Mefistofeli….) al punto che non esito a metterla tra le mie preferite in assoluto.
Proprio perché caratterizzata da una musica molto orecchiabile e di tipico sapore italo-melodico (quasi da sceneggiato televisivo di una volta) con molti pezzi chiusi di presa immediata negli anni un po’ retorici e meno scafati della nostra amata Italia ebbe un grande successo, mentre oggi soffre di un certo qual snobismo culturale che ha fatto si che, con poche eccezioni, i grandi direttori della seconda metà del novecento abbiano preferito tenersene un po’ alla larga e così i più la conoscono orami solo per il celebre balletto “la danza delle ore” immortalato nel disneyano Fantasia.
Va anche detto che allestire oggi la Gioconda non è certo impresa da poco momento giacchè nel mettere dentro praticamente tutto il proprio talento il prode Ponchielli ha previsto la necessità di disporre di ben cinque fuoriclasse dell’arte canora dato che la particolare tessitura, soprattutto per quanto concerne la protagonista, richiede mezzi vocali non comuni e non a caso fu proprio l’opera che consentì alla Arena di Verona tanti annetti fa di reclutare quello sconosciuto e pingue soprano greco-americano che in seguito sarebbe diventata la leggendaria Maria Callas.
D’altro canto oneri e onori come sempre giacchè dal punto di vista interpretativo-vocale almeno i tre ruoli principali (Gioconda, Enzo e Barnaba) possono, se ben cantati, costituire un trionfo con pochi paragoni per un soprano, un tenore ed un baritono di voce ricca e sana, ed ecco la ragione per la quale, ad onta della latitanza delle grandi bacchette, quasi tutti i grandi del dopoguerra di riffo e di raffo si sono cimentati in questa operona che poi quando viene messa in scena vince ogni scetticismo scatenando entusiasmi di massa, giacchè contiene alcuni momenti davvero sublimi.
La prima difficoltà, come spesso in questo genere musicale un tantino ibrido, è quella di trovare un direttore che ami questa musica e ne sappia rivelare gli aspetti più diretti ed autentici senza falsi intellettualismi ma anche senza frettolosa superficialità, insomma un direttore vecchia scuola alla Serafin (guarda caso l’artefice della Gioconda areniana di cui si diceva) ed in tempi più “moderni” alla Gavazzeni che ne incise una fortunatissima edizione parecchi anni fa.
La seconda è quella di reperire una grande protagonista che non solo deve possedere una tecnica a prova di bomba per sostenete la micidiale tessitura tutta a sbalzi della parte, ma pure un notevole carisma interpretativo sennò si resta in una serie di suoni forti e monotoni alla lunga noioserrimi.
La terza è quella di ingaggiare un tenore di sicuro spicco vocale perché la parte di Enzo è stupenda e richiede una voce fascinosa e squillante ed uno stile eroico e “italiano” che sappia fare venire i brividi alla invettiva “dal suo barbaro consorte” del 2° atto, commuovere nella romanza “cielo e mar” e travolgere nel terzetto finale che costituisce il momento clou della vicenda.
Infine anche tutto il “resto” deve pur sempre mantenere alta la soglia di valore perché la intera vicenda musicale regge su molto momenti di insieme e quindi non tollera zoppicamenti di contorno.
Ciò detto, e fermo restando che a me (come a molti della mia generazione) non è toccata in sorte la fortuna di assistere in Teatro ad alcuna meritevole edizione di una delle mie opere predilette, suggerisco di ricorrere come spesso al non troppo ricco panorama discografico di questa opera oggi in pericoloso odore di oblio e a questo punto, dopo vari ascolti comparati, suggerisco senza esitazioni la sontuosa Decca del 1980 diretta da Bartoletti a suo tempo alquanto criticata dai tanti soloni (pur non mancando anche qui talune crepe di cui si dirà).
Dico questo perché tutte le altre, per un motivo o per l’altro, mostrano all’ascolto odierno maggiori lacune (tipo, Callas, Simionato e Bergonzi a parte, suoni fissi continui da parte di celebrati cantanti degli anni ’50 e ’60), ed il meglio, come si sa, è nemico del bene…..e questo sia chiaro è un gran bene anzi un benissimo.
Innanzitutto la direzione di Bartoletti qui è semplicemente perfetta al punto che non credo sia possibile a nessun altro direttore di assemblare meglio Gioconda e a ciò si aggiunga il valore della orchestra ed il celebre suono Decca e quindi già musicalmente parlando questa è la edizione di riferimento per apprezzare finalmente l’opera di Ponchielli.
Seconda cosa questa edizione presenta un terzetto di voci maschili privo di paragone alcuno sia guardando al prima sia guardando al dopo. Pavarotti e Milnes infatti firmano per mio conto una delle loro migliori prove discografiche della loro pur nutrita carriera, e sentire certe frasi valorizzate da tale arte sia vocale che interpretativa (sissignori anche per il Luciano-nazionale qui ispiratissimo) ha davvero del miracoloso al punto che si può addirittura affermare che in questo disco da veri fuoriclasse quali sono i due citati, migliorano persino la musica stessa di Ponchielli, e poi, dulcis in fundo, sentire la importante parte di Alvise colorata dalla voce senza confronti di un Ghiaurov è un benessere uditivo che non ci fa rimpiangere neppure il Siepi della precedente Decca.
Tanto per capirci prendiamo le tre entrate del primo atto del primo disco e di seguito ci arriva una ballata di Barnaba senza precedenti per musicale insinuanza degna di Rigoletto, la frase parla o cattiva…fuoriuscire da una sorta di Ramfis e infine quell’invettiva in acuto Vituperio che solo il Pavarotti degli anni d’oro, quello che scatenava furori nel rivederti amelia da Ballo in Maschera o nel Dulcamara volo tosto da Elisir per intenderci.
E così per tutta l’opera e sentite cosa diventa in bocca a quella voce tenorile il travolgente ho ritrovato l’angelo o il duetto stesso con Laura o ancora il ma al suo barbaro consorte ma potrei andare avanti per tutti e 4 gli atti, mi spiace ma i vari Del Monaco o Lo stesso Domingo qui restano indietro e non di poco da questo timbro argentino benedetto emesso con tale sfacciata naturalezza.
Sul fronte femminile, è giusto rinoscerlo ma non si può avere tutto nella vita, le cose non vanno così bene tanto che quando uscì questa edizione come si diceva in molti criticarono la scelta della protagonista certamente sulla carta alquanto distante dalla vocalità proto-drammatica cui ci avevano abituato le precedenti interpreti di Gioconda, Tebaldi inclusa che la affrontò in tarda fase…..
In realtà ad un ascolto a distanza di anni delle tre donne ingaggiate è proprio la protagonista quella che oggi si fa maggiormente apprezzare mentre per esempio la insipida Agnes Baltsa, ai tempi assai in auge soprattutto per la presenza fissa in quel di Salisburgo, oggi risulta di gran lunga, visti i precedenti (che nomansi Stignani, Barbieri, Cossotto o Simionato….) la peggiore Laura della storia del disco, ma per fortuna a ben pensarci Laura è ruolo che non risulta così decisivo per l’insieme (un po’ come Sara nel Roberto Devereux o Elena in Mefistofele o Federica nella Miller) anche perché, a differenza di tutti i suoi colleghi è anche vero che le tocca una delle più brutte romanze della storia dell’opera italica stella del marinar, roba da fare sembrare “acerba voluttà” di Adriana un capolavoro…quanto infine alla cieca taccio per carità di patria ma diciamocelo è molto raro sentire una grande cieca persino in disco a parte rare eccezioni….
Montserrat Caballé, occorre ricordarlo, non arrivava totalmente digiuna a questa incisione.
Giusto l’anno prima nel dicembre 1979 il Teatro di Ginevra che festeggiava i suoi 100 anni decise per l'occasione di riesumare questa opera che non si rappresentava in quel Teatro da quasi un secolo, e così, sempre per l'occasione, venne scritturato un soprano che seppur celeberrimo mai ancora aveva calcato le scene di quel Teatro e con lei il suo tenore prediletto Josè Carrearas, direttore Lopez-Cobos.
Questo "singolare" debutto arrivava dopo avere completato la fase della estensione al repertorio più spinto e basti pensare che qualche mesetto prima aveva inciso (unitamente a Puritani !!!) Cavalleria Rusticana con Muti, e che dopo le recite ginevrine di Gioconda avrebbe eseguito nel suo amato Liceu prima Andrea Chenièr e quindi Turandot.....fino a declinare l'invio di Sinopoli di incidere Abigalille nel Nabucco DG (!!!).
Della popolare opera di Ponchielli, peraltro, la Caballé aveva in precedenza inciso sia la grande aria "Suicidio" (in un recital diretto da Gatto pomposamente definito "Arie da soprano dramatico" sic !!!), sia soprattutto il grande duettone con Laura nel memorabile disco di duetti RCA di 10 anni prima con S. Verrett con una voce ancora spettacolare ma con stile ancora un pò troppo belcantista (lei).
Sia la voce che lo stile di Montserrat Caballé, si diceva, parevano c'entrare poco invero (e poco c'entravano in realtà...) con la vocalità molto "naturalista" di Ponchielli, ma la catalana, piaccia o non piaccia ma è un dato di fatto, si sa, amava cimentarsi in tutte le musiche e sempre e comunque dicendo qualcosa di personale e di meritevole (la sua “firma” si è detto in più occasioni) e quindi, e basta ascoltare, il CD live di quel debutto non delude affatto i suoi fans ma è indubbio che per un insieme di ragioni la successiva edizione in studio risulti più matura ed apprezzabile.
L'inizio della Caballé è già un incipit che segna un colpo a suo favore giacchè la celebre entrata "madre adorata" esibisce quel meraviglioso filato ah come t’amo sensazionale come ci si aspetta da una Caballé in forma e quindi l’atto è concluso dal più straziante Tradita della storia del disco secondo solo alla cupa malinconia della Callas. Anche il secondo atto è buono seppure non memorabile nel duetto ma, come si è detto, non tanto per colpa sua….ma poi all’arrivo di Enzo tutto il finale atto (anche se nel celebre passo concitato "Vedila nel canal morto" si percepisce un qualche affaticamento nel tenere il ritmo veloce del brano) è semplicemente strepitoso e le due splendide voci ripetono insieme la magia di altre prove dei tempi che furono e davvero non capisco dove i vari detrattori lamentino qui la mancanza di accento o di mordente o peggio ancora insistano su presunte pompature nel registro grave (ma doveee ???).
Quanto al quarto atto, che è come noto l'atto di Gioconda, troviamo, checchè se ne dica e forse per una delle ultime volte, la grande Caballé.
Sin dal recitativo di entrata "i compagni verranno questa notte..." è raro sentire così tanti colori e palpiti in queste note solitamente un pò tirate via, ed è davvero stupenda l'esecuzione del Suicidio (anche se risulta un po’ stiracchiato lo scatto acuto in forte di "comanda il cielo di dormire quieta" prima della brusca discesa all'avel....) e quindi ma era prevedibile valorizza come nessuna prima e dopo (Callas inclusa) il tremendo momento della assunzione del velen di Laura ad altra vittima serbato.
Poi arrivano Enzo e occorre sentire cosa riesca a fare una Caballé ispirata nel bellissimo "ridarti un suolo ambito" quindi Laura e la Caballé e Pavarotti in gran forma trasformano quasi il brano di per se musicalmente abbastanza convenzionale nel terzetto della Miller...fino a farci sentire finalmente quanto può essere fascinoso, se cantato da voce di tale bellezza, l'abusato "a te questo rosario".
Vero e proprio prodigio dopo un "vergine santa allontana il demonio" da brivido è quind il bellissimo duettone finale con Barnaba dove le si contrappone un Milnes in vero stato di grazie e così nel punto fintamente civettuolo del vo farmi più bella dove solitamente inciampano quasi tutti i drammatici, abbiamo un grande momento di musica, ma questo si sapeva vista la provenienza belcantista del soprano.....
Certo capisco le perplessità di alcuni se si pensa alla Callas (insuperabile Gioconda) o al fatto che si suole dire che per Gioconda sia necessaria la cd. voce drammatica (che poi non sia tipo quella della Marton che in un video viennese massacra ogni afflato della parte), ma come altre volte è successo è giusto dire che questo stile di questa Gioconda rappresenta un altro modo, ma di certo non per forza meno valido, di affrontare questo ruolo (di cui non è che poi circolino così tante meraviglie...), e siccome mi sono andato, dicevo prima, a recuperare altre incisioni storiche di Gioconda con interpreti ritenute invece doc, allora si deve dire che i suoni fissi in alto di eccelse cantanti come Tebaldi e Cerquetti (sentire per credere) non mi fanno poi tanto preferire i vocioni a questa Gioconda così fascinosa e ricca di diverse sfumature dalla prima nota all’ultima.
Ho letto poi di registro grave osceno e pompato e altre critiche anche da musicologi che stimo assai, ebbene mi permetto di dissentire perché tolta qualche forzatura (che c’è sarebbe sbagliato negarlo) la voce della Caballé qui è ancora meravigliosa come poche altre, certo eravamo ancora nel 1980 e poi e anche a breve le cose sarebbero andate peggiorando, ma io sto parlando di questa Gioconda non di quanto accadde dopo, recite tardive di Orange comprese che potevano essere evitate.
In conclusione se amate Gioconda o volete provare ad apprezzarla consiglio vivamente l’acquisto di questo CD, che tra l’altro sfoggiando il Pavarottissimo potrete trovare in ogni dove anche a buon prezzo e che merita di essere sentito qualora taluno ancora dubitasse che si è trattato prima di ogni altra “zuccherata” di un grandissimo tenore, altro non vi saprei narrare...
Ultima modifica di stecca il mer 22 apr 2009, 8:42, modificato 1 volta in totale.
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Re: "La Gioconda" Decca, Bartoletti, Caballé, Pavarotti, Milnes

Messaggioda Tucidide » mar 21 apr 2009, 21:13

Amo molto la Gioconda anche se non l'ho mai vista dal vivo.
Possiedo diverse incisioni del capolavoro di Ponchielli, fra cui questa: devo dire che complessivamente è quella che mi piace di meno. :)
La Caballé, perdonami Stecca, ma come Gioconda proprio non mi dice nulla: bellurie vocali fini a sé stesse, e poco altro (molto poco altro, se devo essere sincero). Quel pianissimo à la Caballé su "Enzo adorato, ah come t'amo" è il classico occhiolino ammiccante, come a dire: eccomi qua, son Montserrat". :D
Prego credere: io adoro la Caballé, in molte cose che ha cantato: in Gioconda proprio no.
Pavarotti è Pavarotti. SInceramente non mi sembra che renda chissà quale servizio alla musica di Ponchielli: la canta bene, ma resta un po' in superficie. Per rimanere in tema, mi sembra migliore nel Mefistofele.
Milnes invece mi piace molto: uno dei BArnaba in effetti migliori che conosca.
Ghiaurov è molto autorevole, mentre la Baltsa... :oops: non me la ricordo.
Ecco: la direzione è splendida, questo me lo ricordo benissimo. :D
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: "La Gioconda" Decca, Bartoletti, Caballé, Pavarotti, Milnes

Messaggioda Luca » mar 21 apr 2009, 21:39

Io, al contrario di Tucidide (che esprime idee abbastanza vicine alle mie), Gioconda l'ho vista dal vivo più volte e sono sempre stato fortunato riguardo alla protagonista (Dimitrova, Savova e Casolla). Riguardo a quest'edizione, proprio non ci siamo: Pavarotti, pur con la sua voce argentina è solo unidirezionale (Bergonzi è superiore: ed DECCA), Bastianini è il miglior Barnaba del disco e non Milnes che in alto sembra che abbia la calce in gola, Ghiaurov era avanti negli anni all'epoca della registrazione (Siepi per interpretazione e vocalità e in parte Ghiuselev, lo superano), alla Baltsa :? passano avanti uno stuolo di mezzosoprani (Barbieri, Simionato, Cossotto, Horne, per non parlare della Stignani). Della Caballé Gioconda posso dire questo: ho anche il nastro ginevrino con Carreras e non mi è piaciuta e qui ancor meno per tanti motivi: mancano la lacerazione e la drammaticità callasiane ma anche della Gencer, manca la perfezione puramente vocale della Arangi Lombardi, manca la femminilità mobida della Tebaldi. Da ultimo: è giusta l'affermazione di Tucidice sulla frase "Enzo adorato, ah come t'amo": ma lo stesso filato emesso dalla Gencer è tutt'altra cosa. Provate ad ascoltare invece il "Tradita ahimé" e tutto il finale I della Callas (edizione EMI 1959 con un ottimo Votto) e avrete un'idea dello strazio dell'eroina ponchielliana.
Da ultimo Bartoletti, fine ed educato, però Gavazzeni e Patané (edizione con la Marton CBS) risultano essere più movimentati e fantasiosi e per un'opera d'atmosfera ciò è davvero un beneficio.

Saluti, Luca.
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Re: "La Gioconda" Decca, Bartoletti, Caballé, Pavarotti, Milnes

Messaggioda stecca » mar 21 apr 2009, 22:51

Luca ha scritto:Io, al contrario di Tucidide (che esprime idee abbastanza vicine alle mie), Gioconda l'ho vista dal vivo più volte e sono sempre stato fortunato riguardo alla protagonista (Dimitrova, Savova e Casolla). Riguardo a quest'edizione, proprio non ci siamo: Pavarotti, pur con la sua voce argentina è solo unidirezionale (Bergonzi è superiore: ed DECCA), Bastianini è il miglior Barnaba del disco e non Milnes che in alto sembra che abbia la calce in gola, Ghiaurov era avanti negli anni all'epoca della registrazione (Siepi per interpretazione e vocalità e in parte Ghiuselev, lo superano), alla Baltsa :? passano avanti uno stuolo di mezzosoprani (Barbieri, Simionato, Cossotto, Horne, per non parlare della Stignani). Della Caballé Gioconda posso dire questo: ho anche il nastro ginevrino con Carreras e non mi è piaciuta e qui ancor meno per tanti motivi: mancano la lacerazione e la drammaticità callasiane ma anche della Gencer, manca la perfezione puramente vocale della Arangi Lombardi, manca la femminilità mobida della Tebaldi. Da ultimo: è giusta l'affermazione di Tucidice sulla frase "Enzo adorato, ah come t'amo": ma lo stesso filato emesso dalla Gencer è tutt'altra cosa. Provate ad ascoltare invece il "Tradita ahimé" e tutto il finale I della Callas (edizione EMI 1959 con un ottimo Votto) e avrete un'idea dello strazio dell'eroina ponchielliana.
Da ultimo Bartoletti, fine ed educato, però Gavazzeni e Patané (edizione con la Marton CBS) risultano essere più movimentati e fantasiosi e per un'opera d'atmosfera ciò è davvero un beneficio.

Saluti, Luca.


Anche io ho visto live Dimitrova, Casolla e Savova come te e ancora una volta non concordo (ma è ovvio), onestamente nessuna di loro aveva una oncia della fantasia e della varietà di accenti, colori e finezze di questa Gioconda in disco che invece purtroppo non ho visto. Quanto al disco la Arangi è troppo lontana e non sono come sul corriere della gr....dove si parla di cantanti pre-guerra, la Tenaldi è stupenda ma nelle due edizioni che ho io (live MET 68 e DEcca) i suono sono troppi fissi soprattutto in alto ed è tutta in forte dall'inizio alla fine con fiati anche corticchi anzichènò, la Gencer come sempre è di grande interesse però manca di espansione nei centri però per carità a me piace meno ma tanto di cappello quanto alla Callas io per primo ho detto che era su altro pianeta cosiccome avevo già detto che la Baltsa è la peggior Laura di tutte in disco. Quanto ai maschietti ripeto che per me qui Pavarotti è una ira di dio senza nulla togliere a Bergonzi che è forse il mio tehnore preferito, ma qui preferisco il kodenese, due grandi cmq avercene. Siepi e Bastanini credevo anche io prima di riascoltarli in confronto immediato e allora debbo dire che oggi Milnes ha una fantasia ed una corda insinuante (che già mi colpì nei dischi di Rigoletto e Otello) che bastainini sempre uguale non ha e Siepi è un cantante fenomeno ma la voce di GHiaurov qui è ancora la più bella voce di basso di sempre cmq tra i due è solo questione di giusti sianmo in presenza ancora di fenomeni. Concordo che sia Gavazzeni (lo scrissi) che Patanè dirigano alla grande Gioconda e quindi bartoletti arrivi pure buon terzo mi va bene. In sostanza direi che neanche Luca riesce stavolta a sostenere che si tratti di una edizione brutta, salve a tutti
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Re: "La Gioconda" Decca, Bartoletti, Caballé, Pavarotti, Milnes

Messaggioda Tucidide » mar 21 apr 2009, 23:09

Luca ha scritto:Bastianini è il miglior Barnaba del disco e non Milnes che in alto sembra che abbia la calce in gola

stecca ha scritto:Milnes ha una fantasia ed una corda insinuante (che già mi colpì nei dischi di Rigoletto e Otello) che bastainini sempre uguale non ha

Su Milnes devo dire che mi trovo più d'accordo con Stecca.
In effetti Barnaba è stato spesso, troppo spesso, cantato con espressione perennemente truce, bieca e quel perenne birignao maramaldo: Bastianini, vocalmente splendido, è su questa linea e non se ne discosta molto, come fanno Cappuccilli, Merrill e anche Ataneli nell'incisione EMI con la Urmana e Domingo.
Milnes è più sfumato, come Warren prima di lui. Alla fine il suo Barnaba mi suona più vero, tormentato e convincente.
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Enzo adorato...

Messaggioda MatMarazzi » gio 14 giu 2012, 15:58

Frasona ruffianissima e geniale! :)
Con quel si bemolle lunghissimo che si distende sul tema del rosario sviolinato in orchestra a sezioni spiegate! :)
Grande Ponchielli! Anche per essere ruffiani ci vuole talento!

E' poi tradizione che quel si bemolle sia occasione di bellurie dinamiche (chi lo fa pianissimo, chi lo attacca forte e poi lo smorza, chi fa il contrario)...
In realtà Ponchielli non ha indicato nulla sullo spartito, lasciando all'interprete la facoltà di realizzarlo come meglio lo sente.

Vi propongo un confronto da Youtube.


Qui c'è la Milanov del 39


E poi la stessa Milanov del 57 - 18 anni dopo!


Le differenze sono molte: e non solo nel degrado vocale della primadonna; nella prima c'è un Panizza scatenatissimo e coninvolgente; nella seconda un Cleva più sobrio, penetrante e incisivoì.
Ma le affinità sono ancora più soprendenti.
I due si bemolle sono praticamente uguali: entrambi raggianti, più o meno ruffiani nella dinamica (dal fortissimo al pianissimo); entrambi tuttavia sono un po' strascicati e fissi, secondo un modello tecnico che risale alla Ponselle.
Ma la grande affinità tra le due incisioni è l'applauso fragoroso che accoglie l'exploit.
E non era certo lo stesso pubblico, se non in piccola parte, considerato che fra i due brani passa una generazione.

Ma, si dirà, a New York è consuetudine applaudire questo passaggio.
Vero... ma.. notare il silenzio glaciale che accoglie, nello stesso Met, la rovinosa prova di Eva Marton.
Minuto 4:00




In compenso in Italia (dove non è consuetudine, a differenza del Met) una Leyla Gencer si faceva appluadire in questa frase regolarmente.
Purtroppo non ho trovato su Youtube le registrazioni di Roma e di Venezia...
In compenso possiamo sentire l'Enzo Adorato della Gencer, a San Francisco.
minuto 3.50




Stranamente , nella stessa San Francisco, scivola via nel 1979 senza un clap clap la performance di Renata Scotto, che si conferma tuttavia la più completa e geniale Gioconda del secondo '900 (mattane a parte) :)
Il silenzio del pubblico si spiega forse con la discrezione e purezza a cui la Scotto riconduce l'effetto. E dire che, per me, è il suo bello.
minuto 9.00



Tra i tanti meriti della Gioconda della Scotto c'è anche quello di dimostrare che l'opera, affidata a una voce aguzza e pura, fiera della sua luminosità e del suo slancio, funziona molto meglio che non quando è sacrificata alle trombe marine...
Le quali, per altro, si ritrovano in grosse difficoltà nella frase di cui ci stiamo occupando.
A questo proposito, si trova su Internet un bell'esempio di feticismo...
Qualcuno ha messo, una attaccata all'altra, 11 registrazioni di "Enzo Adorato" ad opera di Ghena Dimitrova, dal 1977 al 1997!!
Io me le sono sentite tutte :( e praticamente è sempre in difficoltà.
E' curioso però notare un dettaglio: in quasi tutte, lungo vent'anni di carriera, la Dimitrova scivola l'ultima nota, il si bemolle medio conclusivo (-MO) dopo il salto d'ottava.
Non solo molto spesso non si sente, ma talvolta - evitando l'ottava - la cantante esegue un surrettizio re naturale.
Evidentemente per ottenere i suoi falsetti in acuto la Dimitrova stravolgeva la sua normale emissione, tanto che - una volta impostata la voce in quel modo - non era più capace di legarla a un suono vero, nel medium. :)




Anche per quest'opera, sarebbe opportuno domandarsi se non è il caso di mandare in pensione le trombe manire?
Salutoni,
Mat
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Re: Enzo adorato...

Messaggioda Luca » gio 14 giu 2012, 19:11

E' un bel tema, Matteo, ne convengo, però forse andrebbero aggiunte altre tre primedonne che si fanno notare nell' "Enzo adorato..." ed ognuna a suo modo:
- La Arangi-Lombardi (mio pallino, dirai, ma era l'anticipazione delle superstar del dopo-Callas negli anni '30);
- La Callas (specie quella del '52: Celletti ne fa un mito, proprio riferendosi a questa frase, sebbene il finale del I atto dell'edizione del '59 resta, a mio avviso, ineguagliata per ricchezza di colori e interpretazione laceratissima);
- La Bumbry (credo della fine degli anni '80 in un'edizione spagnola - Barcellona - con Cossotto,Cortez, Mauro e Manuguerra).

Ma tutta la Gioconda è un'opera ricca di inventiva e talentuosa: ognuno dei personaggi - uno per ogni registro che conosciamo, maschile e femminile - ha il suo momento solistico, ma poi la trama, tra il tragico ed il paradossale. Non vedo l'ora di rivederla!!!!

Salutoni, Luca.
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Re: Enzo adorato...

Messaggioda Triboulet » gio 14 giu 2012, 20:03

Da fan accanito callasiano sono ovviamente cresciuto con le due edizioni della Callas (Cetra '52 ed EMI '59). Ricordo da ragazzino i brividi che provavo alle frasi "E' un'anatema", "bestemmi" e soprattutto nei mirabili affondi di petto scopertissimi in puro stile Callas ("ed io l'amo siccome il leooooneee..."). Non mi suggestionava particolarmente la frase in questione. Immagina Mat quando ascoltai la Gencer per la prima volta. Non solo seppi che quel si b si poteva fare in quel modo (e con quale facilità) ma pure tanti altri passaggi (tipo "e un dì leggiadre volaaaaa-avan l'ore") che la Callas eseguiva bene, benissimo, ma non "sfruttava" fino in fondo. Non sono tanto daccordo con Luca, anzi dirò che la Callas pare - sembra paradossale ma andatevela ad ascoltare - a disagio in questo passaggio persino in studio e persino nel 1952 (non ne parliamo del '59 quando si limita ad eseguirlo mezzo forte con forcelle appena accennate). Invece sembra smorzare più semplicemente i sovracuti (persino nella Lucia del '59).

Gli ascolti della Dimitrova sono interessantissimi. Sembra un gatto che sale sull'albero (e anche bene talvolta) e non sa più come scendere. Io a volte non sento nè il si b nè il re finale!! E quando la nota c'è è impercettibile e non legata.

Quanto alla Scotto (di cui sono pure grande fan), per me è stata rivoluzionaria proprio nel repertorio drammatico più che in quello leggero (dove quasi sempre preferisco qualcun'altro). In generale la Scotto non butta lì niente e, benchè spesso manierata a livelli improponibili, sembra spesso l'unica a tradurre il vero senso di certi passaggi che la tradizione ha snaturato a servizio dello spettacolo, prendendosi anche la libertà talvolta di snaturarli in senso contrario. Mi viene in testa lo schizoide brindisi di Lady Macbeth. Ma pure ricordo che un mucchio di anni fà mandarono alla Barcaccia una sequenza di "Loris... dove sei..." (Fedora ovviamente) in cui lei, con il suo sussurro, batteva tutti, dalla piagnona Tebaldi all'indemoniata (mi perdonerà, ma in quel punto è davvero mostruosa :D ) divina Magda... la classe non è acqua.

Mat, spenderesti per me due parole sulla storia del soprano "ponchielliano"? quale secondo te il riferimento discografico che si avvicina al modello di voce per la quale è scritta l'opera?
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Re: Enzo adorato...

Messaggioda Luca » ven 15 giu 2012, 15:45

La Scotto resta, a mio avviso, una Gioconda fondamentale anche nei suoi atteggiamenti da eccessiva primadonna. Sono d'accordo con Triboulet in quanto afferma su questa cantante ligure che sa usare i pianissimi in modo espressivo magistrale (altra perla è, ad esempio, nella Norma in disco - non conosco il 'live' di Firenze con Muti e la Rinaldi - in cui la frase del duetto del II atto con Pollione "Indegno, è tardi" possiede una straordinaria eloquenza) risolvendo in modo assai originale quanto altre cantanti risolvono (o non risolvono, vedi Marton) passaggi spinosi o momenti di particolare espressività soltanto col proverbiale 'vocione'. Resta a mio avviso una cantante geniale proprio per questo e che non è mai risaputa; potrà eccedere, ma anche in questo lo si può perdonare a fronte di un magistero interpretativo, a volte, fuori dal comune e che fa tesoro di tutto un passaggio di repertorio dal leggero (e, a volte, soubrettistico) al vero e proprio drammatico d'agilità (Lady, Abigaille, Norma, Giselda). In altro repertorio (come quello verista) fa fede quanto diceva Triboulet: batte tutti. Andatevi ad ascoltare Santuzza diretta da Levine: lì la Scotto è veramente interessante e inedita.

Circa la Callas l'ho soltanto inserita nel novero delle grandi interpreti di Gioconda perché dall'elenco di Matteo era assente ed ho solo riportato quanto affermava Celletti senza una condivsione piena. Difatti mi suonava strano che vi figurasse la Milanov (di cui sono estimatore alquanto riluttante) e non la Callas per l'eroina di Ponchielli.

Salutoni, Luca.
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Re: Enzo adorato...

Messaggioda MatMarazzi » lun 18 giu 2012, 15:40

Premessa per Luca.
Non era mia intenzione elencare le maggiori Gioconde nel '900.
Solo rilfettere insieme su quella particolare frase (Enzo adorato), usando le registrazioni disponibili su Youtube.
Non è colpa mia se su Youtube non c'è l'"Enzo Adorato" della Arangi o della Bumbry (ma nemmeno quelli di una Crespin, di una Varnay, di una Bampton, di una Cerquetti che a me sarebbero interessati anche di più).
Quello della Callas c'era, ma, a parte che lo conoscono tutti (per gli esagerati inni di Celletti), nemmeno a me piace da impazzire.

Venendo a Triboulet, è interessantissimo il caso del soprano italiano che collega il tardo romanticismo (quello del Verdi maturo) ai prolegomena del Verismo.
E' il modello Pantaleoni, Ferni-Germano e Mariani-Masi, a cui Catalani, Ponchielli e Boito hanno dedicato le loro opere e per il quale trovare delle efficaci interpreti oggi è davvero difficile.

Il problema, più che vocale, è tecnico, espressivo e interpretativo.

Tecnicamente (la Gioconda lo dimostra, ma anche Loreley e Marion Delorme) la scrittura prevede vocaliste sontuose, dalla linea e dalla filatura impeccabile (in questo eredi della Stolz e della Fricci e anticipatrici della Kruszelnicka o della Mazzoleni).
Poi, col tempo (data la violenza drammatica dei personaggi) si è cominciato a ricorrere a declamatrici o comunque sopranoni di formazione posteriore; ma questo è sbagliato.
Come anche tu hai scritto, basta sentire una Gencer e una Scotto per rendersi conto di come leggerezza, linearità di fraseggio, memoria belcantistica siano elementi indispensabili a questa musica (magari uniti a strappate furiose e zampate in zona di petto). Se il disco ci ha lasciato qualcosa di queste grandi matte del tardo-romanticismo italiano (che ancora veriste non erano) è nei dischi della Burzio.

Detto questo però... (e qui viene il difficile) passiamo all'aspetto espressivo.
Tipiche florescenze della nostra miserrima Borghesia metropolitana da Italia Unita e da Sinistra Storica, le italiche divastre degli anni '890 erano personalità ruspanti, popolane (alcune di loro formatesi alla scuola delle sciantose), ma cariche degli orpelli delle gran dame, dell'ambizione di imitare il magniloquio delle grandi tedesche senza averne la dimensione epica e intellettuale.
Eppure non mancavano di vigore e carisma (anzi...) e nemmeno di fascino...
Che il vecchio Verdi non amasse questa "volgarità al potere" è in fondo confermato dai pessimi rapporti con la Pantaleoni in occasione di Otello.
In compenso altri compositori (primi fra tutti Catalani e Ponchielli) seppero sfruttarne le caratteristiche per personaggi estremi, improbabili, pacchiani e non di meno molto accentratori e affascinanti.
Ancora una volta Gioconda è un bell'esempio: è un tale coacervo di pacchianeria ed esteriorità che, conclusasi la fase tardo-romantica, è diventato difficile trovare interpreti culturalmente adeguate.
O meglio: si sono trovate artiste molto estroverse disposte a imitarne la retorica e il "fare grande", ma poi incapaci di trasformarla in verità.
Di Gioconde ammirevoli ne abbiamo avute tante... ma di Gioconde a cui davvero potessimo credere... quante?

La Gencer, ad esempio, è spettacolare in Gioconda!
Era la cantante dell'artifizio e della sofisticazione continua: e quindi la retorica della "bella danzatrice" in contatto col demonio era per lei una delle tante maschere... ma mentre alle sue maschere Ronzi crediamo senza difficoltà, come Gioconda no!
Abbiamo quasi sempre la sensazione che sia lì a dimostrarci che, se vuole, può fare benissimo anche la matta post-romantica.
Alla fine ci dona tante frasi bellissime - soprattutto dove può ammantarsi di solennità rapsodica ("Amor, dono funesto") o dove può mettere in mostra la sua dialettica esplosiva ("Ecco il velen di Laura") ma non un personaggio a cui credere.

Una Tebaldi, ad esempio, avrebbe avuto la tecnica, la voce, il linguaggio giusto per queste eroine.
E anche la vocazione retorica, il magniloquio ridicolo, tipicamente piccolo-borghese.
Purtroppo purò a lei mancava il genio creativo, il senso complessivo di un personaggio, il carisma attorale, che invece sicuramente la Mariani, la Ferni e la Pantaleoni avevano.
Per questo la sua Wally alla Scala (anche se cantata come meglio non si potrebbe) lasciò freddo il pubblico.
Idem per la sua (peraltro tardiva) Gioconda.

La Cerquetti ci ha lasciato una bella Gioconda, umana e per nulla ridicola (oltre che cantata molto bene).
Ma nel suo caso, io sentola stessa impostura della Arangi Lombardi e della Ponselle: rifugiarsi in una solennità aristocratica, da gran dama a lutto, non ha alcun senso dal punto di vista drammaturgico. Che senso ha negare il lato estremistico e peccaminoso così elementare in questi personaggi?
Quando mai una signora altera e aristocratica (come la Cerquetti) sarebbe andata a ballare per le calli di Venezia per raccogliere soldi, trascinandosi dietro una madre cieca e frequentando tutta la sozzeria del popolino?
Non ci siamo.

Con la Scotto finalmente ho percepito un barbaglio di verità.
Vocalista sofisticatissima (e quindi perfetta per la scrittura), stra-carica di retorica e manierismi di ogni tipo, i più piccolo-borghesi immaginabili, in compenso però dotata di un'ntelligenza fulminante, grandiosa, che penetra nella carne del personaggio, lo elabora in ogni dettaglio e lo traduce con un magnetismo da vera primadonna.
Tutto ciò che la rende (a me) falsa in Puccini, in Francesca da Rimini e persino in Violetta, la rende inarrivabile, insostituibile in Gioconda.
Fossi stato in lei, avrei imbastito tutta la seconda carriera sulle Loreley, Edmea, Marion Delorme, i Lituani, Cristoforo Colombo... e altre opere del tramonto del Romanticismo italiano.

Queste sono sole le mie opinioni. In attesa di repliche...
salutoni,
Mat
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Re: Enzo adorato...

Messaggioda Triboulet » ven 22 giu 2012, 4:21

Ricordo Mat un tuo mirabile post sulla Francesca da Rimini della Gencer (che prima o poi spero di avere occasione di ascoltare) e su quanto fosse incredibilmente credibile in quella registrazione, più di ogni altra mi pare di capire. Del resto ora dici che la Scotto è credibile in Gioconda e non in Francesca e viceversa per la Gencer, fermo restando che ascoltarle è sempre un immenso piacere. So che andiamo un po' aldilà nella discussione specifica, ma - prima considerazione - si finisce nella storia dell'opera moderna che la vera essenza di un cantante sia spesso ravvisabile in un ruolo che non ci aspetteremmo sulla carta, forse perchè lo stesso cantante è cresciuto e si è sempre espresso in ben altro repertorio. E' singolare poi come Gencer e Scotto siano state entrambe vincenti (e convincenti) come Lady Macbeth (almeno a mio avviso) però prendendo altri due titoli l'una batte l'altra e viceversa. Evidentemente la complessità delle personalità delle artiste e dei ruoli che interpretano è così multiforme che spesso si tende ad accomunare ruoli (e quindi a costruire repertori di conseguenza) sulle tessiture o peggio sull'opportunità di un debutto prestigioso in un ruolo monstre piuttosto che ragionare nei suddetti termini. Altra considerazione, la Scotto avrebbe mai accettato di cantare Loreley, Edmea ecc.? o rigirando la domanda, qualcuno avrebbe mai potuto proporglielo? parli del tardo ottocento italiano... beh mat io sono il primo che conosce giusto Gioconda, Mefistofele, Wally... quante edizioni su disco delle altre opere di Catalani e Ponchielli ci sono? quanti allestimenti? ogni tanto salta fuori qualche incisione di opere rare fatta con cantanti semisconosciuti che fanno quel che possono, e i fuoriclasse dove sono? cantano Werther, Tosca, Otello, Lohengrin ecc. Ma così non se ne esce. Fantastichiamo su una Isabeau di Del Monaco o una Africana della Tebaldi, ma il problema non è anche forse che siamo stati (e forse lo siamo ancora) troppo nazional-popolari per aprirci ad un repertorio diverso? e ammesso che il repertorio si possa ampliare, non è che forse sono gli stessi cantanti-divi che snobbano o snobberebbero certi ruoli giudicati superficialemente dal profilo "minore"?
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Re: Enzo adorato...

Messaggioda pbagnoli » sab 23 giu 2012, 17:17

In Gioconda - personaggio che sento fra i più falsi e ridicoli di tutto il teatro d'opera - io di solito mi fermo alla superficie. Non riesco a trovare verità drammatica, forse perché nemmeno la cerco. E questo vale non solo per Gioconda, ma anche per Enzo, Laura e persino Barnaba che, invece, a regola sarebbe quello teatralmente più efficace; ma nemmeno lui mi convince del tutto, con il suo birignao da ipercattivo perennemente esposto.
Mancandomi la verità drammatica, questa è un'opera in cui cerco l'esposizione della belluria vocale.
Ecco perché, fra le Gioconde esposte, la mia scelta è assolutamente per la Milanov: in quel si bemolle, soprattutto quello del 1957, c'è per me tutta la meravigliosa falsità del personaggio
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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