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Ancora e... sempre TURANDOT

MessaggioInviato: ven 06 apr 2007, 12:16
da Luca
Carissimi,

la duplice recensione dell'amico Pietro mi spinge a tornare ... sul luogo del delitto. Al di là della frase fatta e delle fondamentali interpretazioni di questo singolare personaggio (che a me piace molto anche per una sua propria vena misticheggianbte simile a Norma), mi pongo (e vi pongo) qualche interrogativo:

- quale strada oggi è tentabile per una resa di questo personaggio ?
- involuzione in atto (o meglio consolidamento di una tradizione ormai vecchia) è quanto oggi si assiste dalle cantanti che vogliono affrontare questa figura ?

Personalmente, l'ho espresso e lo ri-esprimo: dopo la svolta Sutherland non c'è Caballé che tenga e meno che meno Ricciarelli (con tutti i timbri sopraffini di Karajan che fa un poema sinfonico). A che punto siamo ? A quale altra suggestione si potrebbe giungere ? La misteriosità, l'enigmaticità di Dame Joan (con tutta la forza del suo registro acuto) credo siano state un ottimo servizio a questo personaggio al pari di quanto ha rappresentato la Nilsson anteriore all'australiana.

Lascio a voi la parola e i miei cari saluti.
Luca.

il manto d'argento

MessaggioInviato: ven 06 apr 2007, 14:20
da MatMarazzi
dopo la svolta Sutherland non c'è Caballé che tenga e meno che meno Ricciarelli (con tutti i timbri sopraffini di Karajan che fa un poema sinfonico). A che punto siamo ? A quale altra suggestione si potrebbe giungere ?


Carissimo Luca,
anche io ammiro la principessa di Joan Sutherland. E tuttavia la tua domanda - lecitissima - mi inquieta.
Come si può non essere inquieti affermando che una certa interpretazione (di oltre trent'anni fa) non sia ancora stata superata e (quasi) non lo possa essere.

Io credo che ogni nuova interpretazione rappresenti una tappa evoluzionistica di un'opera lungo il cammino della storia; non una crescita, ma una mutazione in rapporto all'evolvere dei tempi e delle società.
Per quanto sia ammirevole Dame Joan, troverei davvero triste che la nostra generazione e il nostro tempo non fossero in grado di concepire una "principessa di gelo" diversa, più in sintonia col nostro mondo.

La Sutherland (negli ormai lontanissimi anni '70) è andata molto avanti sul terreno della nobilità siderale del personaggio, smorzandone quell'impeto fendente e rabbioso che certa tradizione (prima e dopo di lei) vi riversava.
In compenso non ha aggiunto nulla (nè voleva farlo) sul fronte dell'umanizzazione del personaggio.

D'accordo, Turandot è un simbolo, un'astrazione.
Ma dietro questa astrazione è pur sempre la nostra umanità che si cela: l'umanità femminile con le sue paure antropo-sessuali, sia quella maschile, che si riflette in esse.

Oggi, secondo me, abbiamo bisogno di una Turandot ben diversa da quella di Dame Joan (o della stessa Nilsson): ci vorrebbe un'interprete in grado di agire, pensare, cantare semplicemente da donna del nostro tempo, senza manti d'argento (una Kate Winslet, Nicole Kidman o Isabelle Adjani, per fare esempi cinematografici).

La mia ipotesi è Nina Stemme.

In questo senso, sono d'accordo con Bagnoli.
Karajan-Ricciarelli negli anni '80 avevano intuito la strada (anche se sono d'accordo con te sul fatto che non siano poi giunti a realizzarla).

Salutoni,
Matteo

MessaggioInviato: ven 06 apr 2007, 15:04
da pbagnoli
Personaggio affascinante.
Io ho sempre trovato discutibile da un punto di vista drammaturgico lo sgelamento della Principessa, a meno che non si voglia insistere sul suo lato fondamentalmente umano.
Siamo sinceri: una Turandot come quella immaginata dalla Sutherland mai e poi mai potrebbe cedere dopo il sacrificio di Liù, e quindi non è per nulla credibile. Questa secondo me è la falla maggiore della visione di quell'interpretazione fondamentale ed è quello che mi lascia un po' freddino ogni volta che l'ascolto, anche se è impossibile non rimanere affascinati davanti ad un'interprete di questa levatura (tanto più tenendo presenti gli altri esempi non propriamente edificanti che hanno affrontato questa partitura).
Karajan e la Ricciarelli si sono posti in un'ottica lievemente diversa, più favolistica, meno (psico)analitica, più sfaccettata, in cui l'intersezione dei vari piani sonori si fa essa stessa struttura, pur se ambigua e sfuggente. In questo regno del non detto c'è spazio per un "disgelo", un riscatto che invece per la Sutherland non sembra credibile né possibile.

Ma, per venire al topic, tu chiedi: chi altri, oggi?
Non so, così sui due piedi.
La Stemme mi sembrerebbe una buona proposta, ma in astratto punterei su una straussiana; una Voight, per esempio, che cercasse di farci sentire le suggestioni dell'Imperatrice della Frau ohne Schatten.
Avrei qualche dubbio su cantanti come Solveig Kringelborn (mi pare che si scriva così) o Dagmar Schallenberger; di sicuro non mi sentirei particolarmente attratto dall'ennesima Casolla, o Marc, o Sweet; esempi di sopranoni anche molto brave, ma che - mi pare - hanno detto tutto quello che dovevano dire sul tema e senza nemmeno particolare originalità

Ancora e... sempre TURANDOT

MessaggioInviato: ven 06 apr 2007, 15:28
da Luca
ci vorrebbe un'interprete in grado di agire, pensare, cantare semplicemente da donna del nostro tempo, senza manti d'argento
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Mi potrebbe andar bene questa tua tesi, caro Matteo, se nell'economia dell'opera (e in fondo anche dell'immaginario pucciniano) NON ci fosse Liù a rappresentare la quotidianità o, parafrasando ancora l'autore, la poetica "delle piccole cose umili e silenziose".
Ho sempre visto in Turandot (personaggio e vicenda stessa) - e questo anche in relazione al carattere di fiaba, anche eroica se vogliamo, che la trama suggerisce - oltre alla dimensione antropologica che tu hai sottolineato anche un'altra di natura cosmico-rituale: Turandot appartenente alla sfera celeste, soprannaturale, del non-detto, dell'inconscio, del simbolico e simili (e in ciò mi pare ottima la vicinanza con l'Imperatrice, personaggio regale, suggerita da Pietro e io aggiungerei - guardando all'indietro - vicinanza con Norma), mentre Liù - che muore per amore e con tutta la predilezione che Puccini aveva per questo personaggio - è terrena, appassionata, innamorata, rinunciataria, vittima, ecc.
Ecco perché trovo la Sutherland innovatrice (nonostante il tempo che è passato), mentre non so se la chiave della quotidianità possa confacersi appieno al personaggio.
Altre interpreti che avrebbero potuto dire qualcosa e successive alla Joan forse metterei la Behrens e la Silja. Esistono però testimonianze ?

Quanto alla Stemme: ho in video una sua Aida e mi pare molto brava.

Saluti cordiali.
Luca.

Re: Ancora e... sempre TURANDOT

MessaggioInviato: ven 06 apr 2007, 16:04
da pbagnoli
Luca ha scritto:
Ho sempre visto in Turandot (personaggio e vicenda stessa) - e questo anche in relazione al carattere di fiaba, anche eroica se vogliamo, che la trama suggerisce - oltre alla dimensione antropologica che tu hai sottolineato anche un'altra di natura cosmico-rituale: Turandot appartenente alla sfera celeste, soprannaturale, del non-detto, dell'inconscio, del simbolico e simili (e in ciò mi pare ottima la vicinanza con l'Imperatrice, personaggio regale, suggerita da Pietro e io aggiungerei - guardando all'indietro - vicinanza con Norma), mentre Liù - che muore per amore e con tutta la predilezione che Puccini aveva per questo personaggio - è terrena, appassionata, innamorata, rinunciataria, vittima, ecc.

Quello che dici è verissimo, Luca.
Però - e scusami se ritorno al nodo essenziale - perché un personaggio del genere dovrebbe coltivare un odio così feroce?
E, soprattutto, come fa a sgelarsi?
Qui finisce l'opera perché qui il Maestro muore, direbbe Toscanini.
E noi?
Come facciamo?
Come diamo credibilità al tutto?

Cosa ne dite delle nevrosi della Baird?
Potrebbe funzionare?

MessaggioInviato: ven 06 apr 2007, 16:35
da Luca
E noi?
Come facciamo?
Come diamo credibilità al tutto?
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Come ogni fiaba (genere letterario-artistico) sfugge alla logica umana. Potrebbe rientrare nella logica della magia (in tale ambito troverebbe una risposta anche l'annosa questione dello sgelamento). Circa quello che noi possiamo fare è abbastanza semplice: con gli elementi in mano (trama, carattere dei personaggi, suggerimenti culturali come le appartenenze antropologiche e cosmiche, ecc.) sapersi muovere in modo tale che il non credibile divenga credibile a patto di inserirsi un ordine diverso dalla realtà. Non è questa una delle caratteristiche dell'arte ? Inoltre anche in un linguaggio simbolico non viene per caso evocata una realtà 'altra' ?
Per quanto concerne la Baird: ne ho sentito parlare, ma non l'ho mai udita.

Salutissimi.
Luca.

MessaggioInviato: dom 08 apr 2007, 14:41
da MatMarazzi
Secondo me il problema delle ragioni di Turandot (e del suo sgelamento) così come il contraddittorio rapporto con Liù vanno oltre il problema che ci siamo posti inizialmente: ossia la possibilità di fare "oggi" una Turandot nuova rispetto alla tradizione, più in sintonia coi nostri tempi rispetto ai vecchi modelli Nilsson-Sutherland.

Nulla osta ovviamente che passiamo a riflettere su Turandot, quella di Puccini, e sulle sue motivazioni, anzi l'argomento mi affascina tantissimo.

Recentemente, per i soci bolognesi della mia associazione (il Wanderer Club) abbiamo approfondito il confronto fra Salome e Turandot.
é emerso che lo sgelamento di Turandot è la sua sconfitta: il riconoscimento del ruolo di "schiavitù" e "sottomissione" insito geneticamente e antropologicamente nel gioco sessuale.
Ma è anche la sua vittoria perché, come ripetutamente dice Altoum, dicono Ping,Pong,Pang, dice la stessa Liù, la gloria di una donna sta nella sua schiavitù sessuale-sociale.
Terribile, no?

Per come ci viene posto il problema dagli autori, Turandot non è - come vorrebbe Luca - simbolo astratto e lunare, mentre Liù simbolo terreno.
Turandot appare lunare solo perché si è privata del sangue (l'insistita simbologia del rosso e del bianco), si è privata della vita, pur di non sottostare al ruolo sessuale (e schiavitù sociale) che la società dei "maschi-padroni" le impone.
Liù è il contrario: la donna che questo ruolo accetta e ne è felice.

Se leggessimo con attenzione il libretto, coglieremmo aspetti inquietanti e terribili, specie in quel personaggio sconvolgente che è Liù: "legatemi, straziatemi, orrendi spasimi date a me". :) non è male!

Un salutone,
Matteo

MessaggioInviato: dom 08 apr 2007, 16:20
da pbagnoli
MatMarazzi ha scritto: Per come ci viene posto il problema dagli autori, Turandot non è - come vorrebbe Luca - simbolo astratto e lunare

E' anche per questo che desidererei andare oltre la proposta di Mehta/Sutherland: è affascinante, suggestiva ma anche limitativa.
Nella recensione discografica dell'edizione DGG con Karajan/Ricciarelli, il punto di vista diventa più umano, carnale: la lacerazione di una psiche corrotta.
Oggi, questa mi sembra essere una prospettiva più intrigante e perseguibile.
Riproporrei la Baird, dati i suoi excursus straussiani, ma mi piacerebbe avere qualche parere in merito

MessaggioInviato: dom 08 apr 2007, 18:16
da Luca
Turandot appare lunare solo perché si è privata del sangue (l'insistita simbologia del rosso e del bianco), si è privata della vita, pur di non sottostare al ruolo sessuale (e schiavitù sociale) che la società dei "maschi-padroni" le impone.
Liù è il contrario: la donna che questo ruolo accetta e ne è felice.
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Beh, in fondo il titolo di un libro uscito diversi anni orsono si intitolava: "L'Opera lirica o la disfatta delle donne....". Parafrasando Puccini "qualcosa di vero c'è".

Saluti pasquali.
Luca.

MessaggioInviato: dom 08 apr 2007, 21:17
da pbagnoli
MatMarazzi ha scritto: Recentemente, per i soci bolognesi della mia associazione (il Wanderer Club) abbiamo approfondito il confronto fra Salome e Turandot. E' emerso che lo sgelamento di Turandot è la sua sconfitta: il riconoscimento del ruolo di "schiavitù" e "sottomissione" insito geneticamente e antropologicamente nel gioco sessuale.
Ma è anche la sua vittoria perché, come ripetutamente dice Altoum, dicono Ping,Pong,Pang, dice la stessa Liù, la gloria di una donna sta nella sua schiavitù sessuale-sociale.
Terribile, no?

Terribile sì.
Potrebbe essere la fine dell'orizzonte poetico-creativo di Puccini, oltre che il ribaltamento della convenzione che vuole Puccini ossessionato dalla donna-vampiro, poetica che gli era profondamente estranea, e quindi costretto alla creazione di Liù quale erede di Mimì, Butterfly e compagnia cantante.
A parte il fatto che la poetica delle piccole cose, delle femminucce angelicate era già terminata da un pezzo (Magda non era Mimì, Minnie non era Mimì, Giorgetta non era Mimì) e a parte il fatto che ci sarebbe da scrivere un'eternità sul ruolo delle donne angelicate nella poetica pucciniana e sulla loro reale valenza in questo orizzonte, ci sarebbe da chiedersi perché Puccini si dedichi alla creazione di questo personaggio.

MatMarazzi ha scritto: Per come ci viene posto il problema dagli autori, Turandot non è - come vorrebbe Luca - simbolo astratto e lunare, mentre Liù simbolo terreno.
Turandot appare lunare solo perché si è privata del sangue (l'insistita simbologia del rosso e del bianco), si è privata della vita, pur di non sottostare al ruolo sessuale (e schiavitù sociale) che la società dei "maschi-padroni" le impone.
Liù è il contrario: la donna che questo ruolo accetta e ne è felice.

Se leggessimo con attenzione il libretto, coglieremmo aspetti inquietanti e terribili, specie in quel personaggio sconvolgente che è Liù: "legatemi, straziatemi, orrendi spasimi date a me". :) non è male!

Non è male no: è drammatico!
E' il ribaltamento di una prospettiva inveterata.
E' il trionfo della prospettiva freudiana che porta la sessualità dell'inconscio a giustificazione dell'isteria e, più ampiamente, del male di vivere.
E' l'inversione dei ruoli.
Ed è - infine - la giustificazione assolutamente plausibile del ruolo maieutico esercitato dal sacrificio di Liù nel disgelo di Turandot.
Credo che questa prospettiva meriti un'attenta disamina, perché potrebbe pagare dividendi non banali in una nuova concezione dell'interpretazione di quest'opera

MessaggioInviato: lun 09 apr 2007, 18:15
da MatMarazzi
E' il trionfo della prospettiva freudiana che porta la sessualità dell'inconscio a giustificazione dell'isteria e, più ampiamente, del male di vivere.


Già... Freud.
lo so che sentir parlare di Freud dà l'orticaria.
Ci vengono subito in mente i vieti intellettualismi anni '70 e porcherie simili.

Il fatto è che noi siamo nel 2007 e di Freud non ne possiamo più; mentre ai tempi in cui furono scritte Salome e Turandot, l'argomento era vivo e pulsante.
Tutti ne parlavano e soprattutto era la prima volta che si parlava di "sesso" non solo come peccato da combattere o da esorcizzare nell'ambito matrimoniale, bensì come retaggio istintivo-antropologico dell'animale-uomo, fissato ai livelli più arretrati del pensiero, più antico della coscienza, più antico della civiltà umana, più antico della stessa umanità, intesa come specie.

Secondo me Salome e Turandot si giustificano proprio con le tesi di Freud che per la prima volta dipingevano il sesso per quello che è, senza filtri etici: un impulso spinale che condividiamo con ratti e scarabei, un gioco violento che allude al sangue, alla lotta per la vita, dove i giocatori sono due: il cacciatore che è contento di cacciare (e fin qui...) e una preda che è contenta di essere cacciata (e qui sono dolori....)

E se la donna (pare chiedersi Oscar Wilde) non ci stesse?
Se la donna rifiutasse il ruolo di "preda" dal momento che socialmente aspira alla parità? (erano gli anni delle prime suffragette).
Preda e Cacciatore possono vantare gli stessi diritti?
Possono guardarsi negli occhi da pari a pari?
In sostanza, se la donna rifiutasse il suo ruolo nel sesso (ossia la dominazione del cacciatore) cosa ne sarebbe dell'umanità?
...
L'intera Pechino, la millenaria civiltà umana sono sconvolti, sprofondati nel panico e nell'orrore di una lunga notte di morte (il tempo del plot di Salome e Turandot) illuminata solo da una luna spettrale.

E tutto perché una sola donna ha detto "no".

Addio Amore!
Addio Razza!
Addio stirpe divina!
E finisce la Cina!

Saluti,
Matteo

MessaggioInviato: lun 09 apr 2007, 21:02
da pbagnoli
Ma perché dice no?
Il rifiuto della sessualità da dove origina?
E perché la sessualità inizialmente rifiutata improvvisamente torna in gioco?

MessaggioInviato: mar 10 apr 2007, 19:50
da MatMarazzi
pbagnoli ha scritto:Ma perché dice no?
Il rifiuto della sessualità da dove origina?
E perché la sessualità inizialmente rifiutata improvvisamente torna in gioco?


CHE TURANDOT SI AVVICINI ALLA CORTE E PARLI!

In questa reggia or son mille anni e mille (quanti? perché così tanti?)
un grido disperato risuonò (un grido... di chi è questo grido?)
e quel grido traverso stipre e stirpe (che stirpi? stirpi di cosa?)
qui nell'anima mia si rifugiò.

Principessa Lo-u-ling (e chi è costei? cosa rappresenta? una nonna violentata, come pensano i più? attenzione: mille anni e mille! come poteva essere una nonna? semmai una bis-bis-bis-bis-bis-nonna!)
ava dolce e serena (da come la descrive, non sembra stia parlando di un essere umano: sembra che parli della luna)
che regnavi... (udite udite) nel tuo cupo silenzio
in gioia pura (e ancora... più lunare di così... "faccia pallida, esangue, amante smunta dei morti")
e sfidasti inflessibile sicura l'aspro dominio(alt! quale aspro dominio? qual'è l'aspro dominio che questa Louling-luna avrebbe sfidato?)
...oggi rivivi in me!

CORO
Fu quando il re dei tartari le sette (sì, sette!) sue bandiere dispiegò!
(e chi sarebbe il re dei tartari? cosa ci rappresenta? e perché dispiega SETTE bandiere)

TURANDOT
Era il tempo che ciascun ricorda(ciascun ricorda? ma come? non erano mille anni e mille?)
fu sgomento e terrore e rombo d'armi (altro che il cupo silenzio e la gioia pura! se prima - la gioia pura - c'era il bianco della luna, qui c'è il rosso del sangue e della guerra: cosa è successo?)
il regno vinto! il regno vinto!
(CALMA!!!! CHE REGNO?? CHE REGNO E' STATO VINTO?)
E Lo-u-ling la mia ava trascinata DA UN UOMO come te, come te straniero.
(un attimo di indagine grammaticale: "come te" in che senso? il predicato è "uomo" o "straniero?" le possibilità sono due:
1) il violentatore era uno straniero, come lo è Calaf
2) il violentatore era un UOMO, come lo è Calaf (che Turandot è costretta a chiamare "straniero")

...là nella notte atroce (la notte... la luna... )
dove si spense la sua fresca voce.
O principi che a lunghe carovane, d'ogni parte del mondo qui venite a tentar la vostra sorte, io vendico su vuoi...
quella purezza (apperò), quel grido, quella morte.

Mai nessun m'avrà.
L'orror di chi l'uccise vivo nel cor mi sta.
Rinasce in me (attenti tutti, ora viene il botto)
L'ORGOGLIO DI TANTA PURITA'! :D
Straniero non tentare la fortuna, gli enigmi sono tre, la morte è una.

CALAF
No, gli enigmi sono tre, una è la vita.

(tre e una, una e tre... che cosa vorranno dire questi numeri.. .quante miriadi di volte ritorna il tre in Turandot: tre i ministri, tre gli enigmi, tre i colpi di gong, tre le implorazioni a Calaf da parte di Altoum, tre le suppliche di Ping a Calaf al terzo atto: già pure tre gli atti)


Saluti
Matteo
.

MessaggioInviato: mar 10 apr 2007, 21:32
da pbagnoli
MatMarazzi ha scritto:
TURANDOT
Era il tempo che ciascun ricorda(ciascun ricorda? ma come? non erano mille anni e mille?)

Anch'io mi sono chiesto spesso come faccia ciascuno a ricordarsi un tempo risalente a mille e mille anni fa.
Ma soprattutto mi chiedo come faccia una ragazzotta quindicenne o giù di lì a farsi invasare dallo spirito di un'ava dolce e serena così lontana nel tempo, e come mai decida di vendicarne lo stupro.
Lo schema dell'uccisione dei pretendenti è un'ovvia metafora della castrazione: i poveretti sono decapitati e la loro testa è piantata su un palo.
Poi la simbologia del tre: tre battute di gong, tre indovinelli, tre "vincerò", eccetera.
L'altro aspetto è quello del significato dei tre indivonelli: speranza, sangue e Turandot.
Un bel po' di simbologia, non c'è che dire.
Turandot è veramente la Frau ohne Schatten de noantri?
Ma, soprattutto, Adami e Simoni come Von Hoffmansthal?...
Illuminaci: ormai hai gettato il sasso, non puoi nascondere la mano.
Anche perché questo dovrebbe portarci ad identificare le caratteristiche per una nuova generazione d'interpreti

Turandot

MessaggioInviato: mer 11 apr 2007, 11:28
da Luca
La simbologia del nemero 3 va oltre in quest'opera ed è generalmente di portata universale (pensiamo alla Commedia di Dante). Per Turandot abbiamo anche:

- i 3 ministri;
- i 3 sfortunati pretendenti di cui si fa cenno più esteso nei racconti dei 3 ministri (II atto I sc.): il principe regal di Samarcanda, l'indiano gemmato Sagarika, il tartaro dall'arco sei cubiti (oltre al birmano e al prence dei Kirghisi);
- i 3 accordi iniziali dell'opera;
- le 3 parti di "In questa reggia";
- i 3 doni offerti al principe in cambio del nome nel III atto (le donne, le ricchezze e la gloria).

Quanto al ricordo dell'ava uccisa ci sarà stata anche una tradizione orale che, magari, sotto forma di racconto privato degli aspetti più cruenti sarà arrivato alle orecchie di Turandot. Però siamo sempre nell'ambito e nel genere letterario della fiaba dove ogni tentativo di logica umana tende ad esser posta in crisi dall'elemento magico. Altro esempio: se l'ava è trascinata via nella notte atroce come si fa poi a dire che da secoli il corpo riposa nella sua tomba enorme ? Come ha fatto un popolo vinto a recuperare la salma, a custodirla e a costruirgli un mausoleo dopo aver recuperato la patria ?
Tante sono le cose scricchiolano in quest'opera e teniamo conto che è incompiuta. Se Puccini fosse campato più a lungo......

Aggiungo e suggerisco all'amico Matteo di analizzare anche il secondo monologo di Turandot dopo gli enigmi: "Figlio del cielo, Padre augusto...". Inoltre l'esatta citazione del monologo è "Pure nel tempo..." e non "Era nel tempo...".

Un saluto a tutti.
Luca.