La grande "onta" di Cassandra
Inviato: sab 03 nov 2007, 18:24
Questo nuovo thread vuole essere una continuazione dell'entusiasmante scambio (almeno per me) avuto con Fabrizio-Fadecas a proposito della Francesca da Rimini e dell'applicabilità a ruoli "simili" dello stile-GEncer.
Sto ascoltando un'opera che credo potrebbe rientrare nella nostra discussione.
E' un ulteriore esempio di raffinatissimo post-wagnerismo italiano, mutuato dalle esaltazioni manieristiche e geniali del decadentismo e del dannunzianismo.
L'opera in questione è la Cassandra di Gnecchi.
E' un'opera maledetta, su cui grava un'ingiustizia esecrabile, oggi finalmente smascherata e dettagliatamente narrata dal solito, infaticabile Quirino Principe.
Quel'è il problema: un'accusa di plagio.
L'opera è praticamente contemporanea all'Elektra di Strauss, benché (e questo è molto importante) di pochissimo precedente.
Uno studioso dell'epoca - all'uscita quasi contemporanea dei due titoli, tra l'altro simillimi anche per argomento - scrisse un articolo in cui osò confrontare alcuni temi e soluzioni del capolavoro di Strauss alla precedente opera di Gnecchi (senzsa peraltro alludere ad alcun plagio, ma solo a una ...comunanza di prospettive).
Lo stesso Gnecchi ammise che per ben due volte aveva inviato a Strauss (di cui era grande ammiratore) il manoscritto della sua opera.
L'articolo, il chiacchiericcio che ne seguì scatenò l'ira degli straussiani, potentissimi come il loro idolo.
NOn solo piovvero sul povero Gnecchi accuse infamanti (al punto che si arrivò a dire che il plagiario era lui, nonostante avesse pubblicato Cassandra prima di Elektra), non solo si disse che tentava di farsi pubblicità alle spalle di un vero genio, ma quel che è peggio partì un ostracismo inammissibile e ingiustificabile, anche perchè... ve lo assicuro, questa Cassandra è un capolavoro.
Lo stesso Toscanini (che aveva diretto la prima di Cassandra a Bologna) fu accusato di aver preso soldi dallo stesso Gnecchi (ricchissimo di famiglia) pur di allestire la sua opera schifosa.
Toscanini se ne risentì al punto che non volle più aver rapporti con Gnecchi.
Be', ascoltando l'opera io ho cercato con attenzione tutte queste similitudini con Strauss (la cui Elektra conosco veramente a memoria) ma non le ho trovate, non fosse che per qualche singolo scampolo di tema o l'uso sontuoso dell'orchestra.
Il linguaggio straussiano è molto più acceso e moderno, più tagliente.
Quello di Gnecchi invece mi ricorda moltissimo il gusto di zandonai, con i suoi suggestivi colori modali, le atmosfere esotiche ottenute con le scale elleniche, il preziosismo strumentale che però è sempre al servizio di una declamazione lirica, melodizzante, in cui il compiacimento sonoro e l'accenno morbosamente languido (cifra inconfondibile del post-wagnerismo italiano) la fanno da padroni.
Tanto rumore per nulla: un'opera che avrebbe potuto essere amatissima è finita nel dimenticatoio per un'assurdità.
Tornando al thread precedente, io credo che lo stile-gencer si sarebbe adattato benissimo a questa partitura, nella parte di Clitennestra.
Lo so che questo è in contrasto con quanto affermavo a proposito della inconciliabilità (secondo me) fra la GEncer e il mondo classico.
Eppure, sentendo la volonterosa Mazzola di questa registrazione, io sognavo i chiaroscuri sontuosi e ai categorici affondi ritmici della Gencer in quest'opera!
Anche a livello di storia dell'interpretazione i nodi si stringono.
Sapete chi fu la prima Clitennestra?
La Kruscelnizcka! (gia prima Elektra italiana, prima Fedra di Pizzetti).
Dopo di lei? In GErmania la Jeritza e in america la Raisa (storica Francesca da Rimini).
E la parte di Agamennone?
Fu creata da Borgatti, l'emblema tenorile del post-wagnerismo italico, dal declamato sontuoso e sfumato, diverissimo dai declamatori tedeschi come dai veristi nostrani.
Trovo che tutto questo sia molto interessante.
Salutoni
Matteo
Sto ascoltando un'opera che credo potrebbe rientrare nella nostra discussione.
E' un ulteriore esempio di raffinatissimo post-wagnerismo italiano, mutuato dalle esaltazioni manieristiche e geniali del decadentismo e del dannunzianismo.
L'opera in questione è la Cassandra di Gnecchi.
E' un'opera maledetta, su cui grava un'ingiustizia esecrabile, oggi finalmente smascherata e dettagliatamente narrata dal solito, infaticabile Quirino Principe.
Quel'è il problema: un'accusa di plagio.
L'opera è praticamente contemporanea all'Elektra di Strauss, benché (e questo è molto importante) di pochissimo precedente.
Uno studioso dell'epoca - all'uscita quasi contemporanea dei due titoli, tra l'altro simillimi anche per argomento - scrisse un articolo in cui osò confrontare alcuni temi e soluzioni del capolavoro di Strauss alla precedente opera di Gnecchi (senzsa peraltro alludere ad alcun plagio, ma solo a una ...comunanza di prospettive).
Lo stesso Gnecchi ammise che per ben due volte aveva inviato a Strauss (di cui era grande ammiratore) il manoscritto della sua opera.
L'articolo, il chiacchiericcio che ne seguì scatenò l'ira degli straussiani, potentissimi come il loro idolo.
NOn solo piovvero sul povero Gnecchi accuse infamanti (al punto che si arrivò a dire che il plagiario era lui, nonostante avesse pubblicato Cassandra prima di Elektra), non solo si disse che tentava di farsi pubblicità alle spalle di un vero genio, ma quel che è peggio partì un ostracismo inammissibile e ingiustificabile, anche perchè... ve lo assicuro, questa Cassandra è un capolavoro.
Lo stesso Toscanini (che aveva diretto la prima di Cassandra a Bologna) fu accusato di aver preso soldi dallo stesso Gnecchi (ricchissimo di famiglia) pur di allestire la sua opera schifosa.
Toscanini se ne risentì al punto che non volle più aver rapporti con Gnecchi.
Be', ascoltando l'opera io ho cercato con attenzione tutte queste similitudini con Strauss (la cui Elektra conosco veramente a memoria) ma non le ho trovate, non fosse che per qualche singolo scampolo di tema o l'uso sontuoso dell'orchestra.
Il linguaggio straussiano è molto più acceso e moderno, più tagliente.
Quello di Gnecchi invece mi ricorda moltissimo il gusto di zandonai, con i suoi suggestivi colori modali, le atmosfere esotiche ottenute con le scale elleniche, il preziosismo strumentale che però è sempre al servizio di una declamazione lirica, melodizzante, in cui il compiacimento sonoro e l'accenno morbosamente languido (cifra inconfondibile del post-wagnerismo italiano) la fanno da padroni.
Tanto rumore per nulla: un'opera che avrebbe potuto essere amatissima è finita nel dimenticatoio per un'assurdità.
Tornando al thread precedente, io credo che lo stile-gencer si sarebbe adattato benissimo a questa partitura, nella parte di Clitennestra.
Lo so che questo è in contrasto con quanto affermavo a proposito della inconciliabilità (secondo me) fra la GEncer e il mondo classico.
Eppure, sentendo la volonterosa Mazzola di questa registrazione, io sognavo i chiaroscuri sontuosi e ai categorici affondi ritmici della Gencer in quest'opera!
Anche a livello di storia dell'interpretazione i nodi si stringono.
Sapete chi fu la prima Clitennestra?
La Kruscelnizcka! (gia prima Elektra italiana, prima Fedra di Pizzetti).
Dopo di lei? In GErmania la Jeritza e in america la Raisa (storica Francesca da Rimini).
E la parte di Agamennone?
Fu creata da Borgatti, l'emblema tenorile del post-wagnerismo italico, dal declamato sontuoso e sfumato, diverissimo dai declamatori tedeschi come dai veristi nostrani.
Trovo che tutto questo sia molto interessante.
Salutoni
Matteo