La "Rossini renaissance"
Inviato: dom 09 feb 2014, 17:51
RITENGO OPPORTUNO APPROFONDIRE IN UN THREAD APPOSITO LA DISCUSSIONE IN MERITO ALLA "ROSSINI RENAISSSANCE"
Se avete il libro (fondamentale dal punto di vista documentario) “Le voci di Rossini” di Giorgio Appolonia, vi consiglio di rileggere l’introduzione storica di Giorgio Gualerzi dedicata alla “Rossini Renaissance”. Un saggio che risale al 1992, ma tuttora di riferimento. Gualerzi peraltro se è a mio parere molto discutibile dal punto di vista della critica vocale, dal punto di vista della critica storicistica dell’opera italiana ottocentesca è stato davvero un personaggio di spicco nel panorama italiano e non solo.
Qui di seguito trovate alcuni spunti tratti da quella introduzione, che ho tentato di condensare.
“Rinascita di un passato favoloso”
Una prima tappa importante nella “Rossini renaissance” è costituita dalla ripresa, dopo decenni di oblio, di Semiramide (Maggio musicale fiorentino, 1940) e Assedio di Corinto (Firenze, 1949; Roma 1951; San Carlo di Napoli 1952), primi tentativi di allargare il repertorio rossiniano al genere “serio”, fino ad allora costituito essenzialmente da Mosè e Guglielmo Tell.
Ma anno fondamentale per la “Rossini renaissance” è il 1952, luogo fondamentale il Maggio Musicale Fiorentino, personaggio fondamentale Francesco Siciliani “proto-benemerito della restaurazione rossiniana”. Vengono riscoperte opere sconosciute quali Pietra del paragone, Scala di seta, Conte Ory, Tancredi ed Armida.
Il Rossini “comico”
La superstite presenza di Rossini nella pratica teatrale finiva per identificarsi nel repertorio comico-brillante: tra i grandi esponenti rossiniani in questo ambito si segnalano Salvatore Baccaloni (che riprende il “tipo” rossiniano del “buffo caricato”, Vincenzo Bettoni (che riprende il “tipo” rossiniano del “buffo nobile), Conchita Supervia (che aveva sottratto Rossini al monopolio del soprano leggero ed aveva rilanciato stabilmente Cenerentola e Italiana in Algeri), Gianna Pederzini, l’erede diretta della Supervia, e –successivamente- Giulietta Simionato. La Simionato, dice Gualerzi, si ritrova ad essere “la donna giusta al posto giusto e nel momento giusto”. Le viene infatti offerto di coniugare parti comico-brillanti con parti del Rossini “serio” (Tancredi, 1952) e Arsace (1962), rappresentando così il punto terminale della fase di transizione verso la “Rossini renaissance” propriamente detta.
Salvatore Baccaloni:
Conchita Supervia ne "La Cenerentola"...
... a confronto con Giulietta Simionato
Nel repertorio comico la leadership spetta comunque a due cantanti che incarnano alla perfezione il tipo rossiniano della “primadonna buffa”, Teresa Berganza (canto tecnicamente inappuntabile, linea di estrema eleganza, tendenza ad esaltare i risvolti lirici ed elegiaci dei personaggi), e del “musico” specialista dei ruoli “en travesti”, Marilyn Horne, che ha portato la coloratura rossiniana ad un livello di impegno virtuosistico ed approfondimento espressivo che, Sutherland a parte, non ha precedenti nel ‘900.
Teresa Berganza
Marilyn Horne
Fondamentale, per lo sviluppo della “Rossini renaissance”, l’apporto di Sesto Bruscantini (e dei suoi epigoni: Enzo Dara “buffo parlante”, Salvatore Alaimo “buffo nobile”, Alessandro Corbelli, Bruno Praticò, Michele Pertusi, Pietro Spagnoli, Alfonso Antoniozzi) e di Graziella Sciutti che dà origine ad un rilancio del soprano cosiddetto “leggero” con nomi quali Luciana Serra (prima donna larmoyante e insieme “buffa”) e Mariella Devia.
Sesto Bruscantini e Graziella Sciutti:
Il Rossini “serio”
La produzione “seria” è senza dubbio assai più determinante di quella “comica” per comprendere il significato e la portata della “Rossini renaissance”. Il perché è essenzialmente legato alla capacità dell’interprete vocale di corrispondere in pieno alle difficili ed elaborate richieste vocali e stilistiche.
Apporto fondamentale quelli di Renata Tebaldi, impiegata in parti essenzialmente liriche, nel Guglielmo Tell e nell’Assedio di Corinto.
Ma vera e propria cartina al tornasole la Maria Callas protagonista dell’Armida del Maggio Musicale Fiorentino del 1952, nella quale l’adeguatezza tecnica, e dunque stilistica, della Callas all’arduo dettato rossiniano serve a misurare l’abisso con i cinque tenori presenti.
Quell’Armida è il momento chiave dell’avvio di un recupero tecnico e stilistico della vocalità rossiniana, e al contempo altissima operazione culturale, perché coincide con un rovesciamento di un indirizzo critico intrinsecamente antirossiniano che aveva dominato fino ad allora. Si trattava cioè di combattere contro il rifiuto di riconoscere alla vocalità rossiniana, e quindi agli esecutori, una funzione eminentemente espressiva. Il connubio Callas- Armida ha l’indiscutibile merito di riproporre la tecnica e l’espressività, l’una non disgiungibile dall’altra, di una Isabella Colbran.
Cantanti che hanno segnato delle tappe fondamentali nella riscoperta del “Rossini serio” sono, a detta di Gualerzi:
1. Mezzosoprani: Marilyn Horne (tecnica sbalorditiva, con ripresa, ad esempio, del granitico trillo di forza così intrinseco alla vocalità rossiniana); Shirley Verrett e altre cantanti esemplari di una specie di “neobelcantismo”, Kathleen Kuhlmann, Federica von Stade, Jennifer Larmore. In Italia, in linea con il canto della Simionato e soprattutto della Berganza, Lucia Valentini. Gualerzi invece giudica discutibile per quanto riguarda stile e gusto il canto di Agnes Baltsa.
Tre "mezzo" a confronto: Horne, Valentini-Terrani, Agnes Baltsa
2. Soprani: Joan Sutherland, tecnica agguerrita al servizio di un’espressione strumentale (Semiramide, Assedio di Corinto), e- sulla sua scia- Lella Cuberli, June Anderson, Margherita Rinaldi (sebbene in un’unica occasione, Amenaide del Tancredi a Roma nel 1977), Katia Ricciarelli (Guglielmo Tell, Bianca e Fallliero, Tandredi), Mariella Devia (Tancredi, Conte Ory), Cecilia Gasdia (Armida, Donna del lago, Maometto II).
Joan Sutherland:
3. Bassi/bassi-baritoni: un solo nome s’impone, Samuel Ramey, e sulla sua scia Simone Alaimo, Ferruccio Furlanetto, Ruggero Raimondi.
Samuel Ramey:
4. Tenori. La “Rossini renaissance” qui prende le mosse da un disco, quello che riproduce l’aria d’entrata di Almaviva cantata da Hermann Jadlowker, e dall’affermazione di Rodolfo Celletti secondo cui se Del Monaco avesse avuto l’agilità sarebbe stato il vero tenore rossiniano, anzi un bari tenore, corrispondente ai vari Tacchinardi e Garcia, Nozzari e Donzelli.
Hermann Jadlowker
Prima dell’appropriazione del repertorio da parte dei tenori anglosassoni ed americani, il monopolio del tenore rossiniano (fra il ’45 e il ’75) apparteneva alla scuola italo-iberica capeggiata da Cesare Valletti, seguito da Pietro Bottazzo, e Agostino Lazzari. Contemporaneamente e successivamente compaiono Eduardo Gimenez, Ernesto Palacio, Francisco Araiza. Ma alla fine degli anni ’70 emerge la scuola tenorile americana, in particolare nelle figure di Chris Merritt e Rockwell Blake.
Chris Merritt:
Rockwell Blake:
_________
Gualerzi non dice nulla dei direttori d’orchestra. Pure il ruolo di alcuni di essi mi pare assolutamente fondamentale per comprendere il fenomeno della "Rossini renaissance". Qui a mio parere alcuni nomi si impongono. In primis Vittorio Gui (Cenerentola, Barbiere e Comte Ory a Glyndebourne), che -in coppia con Francesco Siciliani- fu il motore propulsivo del Maggio Musicale Fiorentino. Richard Bonynge (soprattutto per il suo essere al servizio della coppia di “madames Rossini”, Sutherland-Horne). Claudio Abbado (per il suo “Rossini comico” che coniugava geometrie cartesiane e dionisiaca “joie de vivre”. Riccardo Muti per il suo Rossini “neoclassico”, levigato al pari di una statua di Canova (Guglielmo Tell, Donna del Lago). Innegabile, dal punto di vista storico (sebbene discutibile nella qualità dei risultati ottenuti), anche l’apporto dato da Claudio Scimone, in sala di incisione e non solo, alla riproposizione di opere del Rossini “serio”.
Molti i direttori il cui apporto è legato ad una o poche rappresentazioni o incisioni: Gavazzeni (Turco in Italia con Maria Callas), Giulini (Italiana in Algeri con Simionato), Tullio Serafin (Armida con la Callas e Guglielmo Tell con Tebaldi), Maurizio Pollini (Donna del lago).
DM
Se avete il libro (fondamentale dal punto di vista documentario) “Le voci di Rossini” di Giorgio Appolonia, vi consiglio di rileggere l’introduzione storica di Giorgio Gualerzi dedicata alla “Rossini Renaissance”. Un saggio che risale al 1992, ma tuttora di riferimento. Gualerzi peraltro se è a mio parere molto discutibile dal punto di vista della critica vocale, dal punto di vista della critica storicistica dell’opera italiana ottocentesca è stato davvero un personaggio di spicco nel panorama italiano e non solo.
Qui di seguito trovate alcuni spunti tratti da quella introduzione, che ho tentato di condensare.
“Rinascita di un passato favoloso”
Una prima tappa importante nella “Rossini renaissance” è costituita dalla ripresa, dopo decenni di oblio, di Semiramide (Maggio musicale fiorentino, 1940) e Assedio di Corinto (Firenze, 1949; Roma 1951; San Carlo di Napoli 1952), primi tentativi di allargare il repertorio rossiniano al genere “serio”, fino ad allora costituito essenzialmente da Mosè e Guglielmo Tell.
Ma anno fondamentale per la “Rossini renaissance” è il 1952, luogo fondamentale il Maggio Musicale Fiorentino, personaggio fondamentale Francesco Siciliani “proto-benemerito della restaurazione rossiniana”. Vengono riscoperte opere sconosciute quali Pietra del paragone, Scala di seta, Conte Ory, Tancredi ed Armida.
Il Rossini “comico”
La superstite presenza di Rossini nella pratica teatrale finiva per identificarsi nel repertorio comico-brillante: tra i grandi esponenti rossiniani in questo ambito si segnalano Salvatore Baccaloni (che riprende il “tipo” rossiniano del “buffo caricato”, Vincenzo Bettoni (che riprende il “tipo” rossiniano del “buffo nobile), Conchita Supervia (che aveva sottratto Rossini al monopolio del soprano leggero ed aveva rilanciato stabilmente Cenerentola e Italiana in Algeri), Gianna Pederzini, l’erede diretta della Supervia, e –successivamente- Giulietta Simionato. La Simionato, dice Gualerzi, si ritrova ad essere “la donna giusta al posto giusto e nel momento giusto”. Le viene infatti offerto di coniugare parti comico-brillanti con parti del Rossini “serio” (Tancredi, 1952) e Arsace (1962), rappresentando così il punto terminale della fase di transizione verso la “Rossini renaissance” propriamente detta.
Salvatore Baccaloni:
Conchita Supervia ne "La Cenerentola"...
... a confronto con Giulietta Simionato
Nel repertorio comico la leadership spetta comunque a due cantanti che incarnano alla perfezione il tipo rossiniano della “primadonna buffa”, Teresa Berganza (canto tecnicamente inappuntabile, linea di estrema eleganza, tendenza ad esaltare i risvolti lirici ed elegiaci dei personaggi), e del “musico” specialista dei ruoli “en travesti”, Marilyn Horne, che ha portato la coloratura rossiniana ad un livello di impegno virtuosistico ed approfondimento espressivo che, Sutherland a parte, non ha precedenti nel ‘900.
Teresa Berganza
Marilyn Horne
Fondamentale, per lo sviluppo della “Rossini renaissance”, l’apporto di Sesto Bruscantini (e dei suoi epigoni: Enzo Dara “buffo parlante”, Salvatore Alaimo “buffo nobile”, Alessandro Corbelli, Bruno Praticò, Michele Pertusi, Pietro Spagnoli, Alfonso Antoniozzi) e di Graziella Sciutti che dà origine ad un rilancio del soprano cosiddetto “leggero” con nomi quali Luciana Serra (prima donna larmoyante e insieme “buffa”) e Mariella Devia.
Sesto Bruscantini e Graziella Sciutti:
Il Rossini “serio”
La produzione “seria” è senza dubbio assai più determinante di quella “comica” per comprendere il significato e la portata della “Rossini renaissance”. Il perché è essenzialmente legato alla capacità dell’interprete vocale di corrispondere in pieno alle difficili ed elaborate richieste vocali e stilistiche.
Apporto fondamentale quelli di Renata Tebaldi, impiegata in parti essenzialmente liriche, nel Guglielmo Tell e nell’Assedio di Corinto.
Ma vera e propria cartina al tornasole la Maria Callas protagonista dell’Armida del Maggio Musicale Fiorentino del 1952, nella quale l’adeguatezza tecnica, e dunque stilistica, della Callas all’arduo dettato rossiniano serve a misurare l’abisso con i cinque tenori presenti.
Quell’Armida è il momento chiave dell’avvio di un recupero tecnico e stilistico della vocalità rossiniana, e al contempo altissima operazione culturale, perché coincide con un rovesciamento di un indirizzo critico intrinsecamente antirossiniano che aveva dominato fino ad allora. Si trattava cioè di combattere contro il rifiuto di riconoscere alla vocalità rossiniana, e quindi agli esecutori, una funzione eminentemente espressiva. Il connubio Callas- Armida ha l’indiscutibile merito di riproporre la tecnica e l’espressività, l’una non disgiungibile dall’altra, di una Isabella Colbran.
Cantanti che hanno segnato delle tappe fondamentali nella riscoperta del “Rossini serio” sono, a detta di Gualerzi:
1. Mezzosoprani: Marilyn Horne (tecnica sbalorditiva, con ripresa, ad esempio, del granitico trillo di forza così intrinseco alla vocalità rossiniana); Shirley Verrett e altre cantanti esemplari di una specie di “neobelcantismo”, Kathleen Kuhlmann, Federica von Stade, Jennifer Larmore. In Italia, in linea con il canto della Simionato e soprattutto della Berganza, Lucia Valentini. Gualerzi invece giudica discutibile per quanto riguarda stile e gusto il canto di Agnes Baltsa.
Tre "mezzo" a confronto: Horne, Valentini-Terrani, Agnes Baltsa
2. Soprani: Joan Sutherland, tecnica agguerrita al servizio di un’espressione strumentale (Semiramide, Assedio di Corinto), e- sulla sua scia- Lella Cuberli, June Anderson, Margherita Rinaldi (sebbene in un’unica occasione, Amenaide del Tancredi a Roma nel 1977), Katia Ricciarelli (Guglielmo Tell, Bianca e Fallliero, Tandredi), Mariella Devia (Tancredi, Conte Ory), Cecilia Gasdia (Armida, Donna del lago, Maometto II).
Joan Sutherland:
3. Bassi/bassi-baritoni: un solo nome s’impone, Samuel Ramey, e sulla sua scia Simone Alaimo, Ferruccio Furlanetto, Ruggero Raimondi.
Samuel Ramey:
4. Tenori. La “Rossini renaissance” qui prende le mosse da un disco, quello che riproduce l’aria d’entrata di Almaviva cantata da Hermann Jadlowker, e dall’affermazione di Rodolfo Celletti secondo cui se Del Monaco avesse avuto l’agilità sarebbe stato il vero tenore rossiniano, anzi un bari tenore, corrispondente ai vari Tacchinardi e Garcia, Nozzari e Donzelli.
Hermann Jadlowker
Prima dell’appropriazione del repertorio da parte dei tenori anglosassoni ed americani, il monopolio del tenore rossiniano (fra il ’45 e il ’75) apparteneva alla scuola italo-iberica capeggiata da Cesare Valletti, seguito da Pietro Bottazzo, e Agostino Lazzari. Contemporaneamente e successivamente compaiono Eduardo Gimenez, Ernesto Palacio, Francisco Araiza. Ma alla fine degli anni ’70 emerge la scuola tenorile americana, in particolare nelle figure di Chris Merritt e Rockwell Blake.
Chris Merritt:
Rockwell Blake:
_________
Gualerzi non dice nulla dei direttori d’orchestra. Pure il ruolo di alcuni di essi mi pare assolutamente fondamentale per comprendere il fenomeno della "Rossini renaissance". Qui a mio parere alcuni nomi si impongono. In primis Vittorio Gui (Cenerentola, Barbiere e Comte Ory a Glyndebourne), che -in coppia con Francesco Siciliani- fu il motore propulsivo del Maggio Musicale Fiorentino. Richard Bonynge (soprattutto per il suo essere al servizio della coppia di “madames Rossini”, Sutherland-Horne). Claudio Abbado (per il suo “Rossini comico” che coniugava geometrie cartesiane e dionisiaca “joie de vivre”. Riccardo Muti per il suo Rossini “neoclassico”, levigato al pari di una statua di Canova (Guglielmo Tell, Donna del Lago). Innegabile, dal punto di vista storico (sebbene discutibile nella qualità dei risultati ottenuti), anche l’apporto dato da Claudio Scimone, in sala di incisione e non solo, alla riproposizione di opere del Rossini “serio”.
Molti i direttori il cui apporto è legato ad una o poche rappresentazioni o incisioni: Gavazzeni (Turco in Italia con Maria Callas), Giulini (Italiana in Algeri con Simionato), Tullio Serafin (Armida con la Callas e Guglielmo Tell con Tebaldi), Maurizio Pollini (Donna del lago).
DM