Ciao,
mi ricollego all'avvincente recensione di Maugham del Tannhäuser di Vienna diretto dal regista Guth: "sogno e senso di colpa", scrivi.
Mi porti con la mente alla breve vicenda onirica dell'enfant ("L'enfant et le sortilège") di Maurice Ravel.
Tannhäuser "tormentato, pieno di dubbi, di esaltazioni, di urgenze, di sconfitte": non è così il bambino svogliato che per reazione alla punizione della mamma distrugge alcuni oggetti che compongono l'ordine della cameretta dopo aver torturato alcuni animaletti in giardino ("Sono libero, libero, cattivo e libero!…")?
La tappezzeria che si anima, nel creare una sorta di baccanale, richiama il convivio carnale del Venusberg, mentre la scena prima del percorso della redenzione vede i pastori, uno dei quali, bambino, specchio del protagonista, inizia il cammino.
L'incantesimo del regno di Venere si dissolve all'invocazione a Maria, il sortilegio dell'opera di Ravel al proferire la parola "maman" (mamma), riconducendo il bimbo nel grembo di lei.
Il personaggio della principessa in Ravel è la Venere che intrattiene un duetto d'amore (l'unico - leggo - nella produzione del compositore francese) e contiene il tema dell'abbandono.
Cito: "la colpa di Tannhauser non sta nel fatto di aver 'soggiornato al Venusberg godendo di delizie peccaminose' ma nel fatto di aver abdicato alla propria missione artistica chiudendosi in un mondo immaginario rifiutando il conflitto e quindi dichiarando la propria sconfitta".
Quando il bimbo di Ravel offre la cura allo scoiattolo ferito viene riabilitato e riabbracciato dal suo mondo, a seguito di un prodigio musicale nella varietà dei temi della breve opera.
"Tu sei nuovamente dei nostri" sono le parole con cui Tannhäuser cantore ritorna tra gli artisti.