Herodiade (Massenet)
Inviato: gio 22 lug 2010, 20:15
E' un po' di tempo che sto ascoltando l'Herodiade.
L'edizione su cui mi sono concentrato è quella della SONY del 1994 (in realtà un live da San Francisco) diretta da Gergev, con la Fleming (Salome), la Zajic (Herodiade), Domingo (Giovanni il battista) e Pons (Erode).
L'opera mi attira, come tutti i tentativi tardivi di tenere in vita il Grand Opéra, alla fine dell'800, genere all'epoca già privo di nerbo, di verità, di forza, elementi sostituiti con esostismo colonialista, malinconia dolce, stanca e estetizzante, oppressione decadente.
E' vero... in teoria Herodiade non è un Grand-Opera (genere a cui ancora appartengono il Roi di Lahore - composto subito prima - e il Cid - subito dopo); vero è che fu creata a Bruxelles.
Eppure, con i suoi scenari ampi, l'evocazione di popoli contrapposti a individui, grandi movimenti politico-religiosi, balletti e fondali grandiosi, ciò che rappresenta è esattamente questo: Un Grand-Opéra fuori tempo massimo, nostalgico, malinconico, da Belle Epoque, dove l'eroismo è sostituito da mollezze sentimentali e una certa, amara, tormentosa, prevedibilità.
Poiché Massenet è un genio, è chiaro che anche quest'opera è geniale.
E tuttavia non mi pare che siamo ai livelli del Massenet maturo, che conosciamo meglio, e soprattutto siamo ben lontani dei vertici di lì a poco raggiunti in un genere completamente "nuovo", originale, non passatista e nostalgico come il Grand-Opéra, ma attualissimo: l'Opéra Lyrique.
Eppure io amo quel senso di inadeguatezza che l'opera comunica, il profumo di antico che la permea.
Vi ritrovo lo stesso respiro malinconico e smarrito (certo meno fiero) dell'ultimo Verdi, un altro che non si adattò mai al tramonto del Romanticismo.
Non è un caso che tra quest'Herodiade ispirata a Flaubert e l'Aida di Verdi (di pochi anni precedente) i punti di contatto siano tanti.
Inoltre mi affascinano i "tipi" vocali che si spartiscono la scena dell'Herodiade (in teoria tradizionali: Salomé-soprano; Herodiade-mezzo; Jean-tenore; Herode-baritono; Phanuel-basso.
In teoria sono ripartizioni prevedibili; in pratica sono modelli vocali oggi estinti ai quali l'ultimo Romanticismo aveva affidato gli strali del proprio declino e che fronteggiarono - finché poterono - le innovazioni trascinanti e poderose del Novecento che avanzava.
Su ognuno di questi ruoli ci sarebbe da riflettere, su che tipo di vocalità, di tecnica, di espressività essi richiedono.
E' solo in questo modo che potremmo permettere a questi titoli, così disperatamente demodé, di riprendere vita.
Mi pare giusto iniziare dal personaggio di Jean le Baptyste, ossia il tenore.
Certo è un personaggio che fa sorridere (specie se lo sentiamo cantato da un Carreras o da un Domingo... e non parliamo di Lombardi).
E' un ruolo ben poco credibile, ben poco "biblico", ben poco articolato psicologicamente. Non ha nemmeno melodie sconvolgenti al suo attivo (anche se i duetti con Salomé e il monologo del quarto atto sono divenuti abbastanza famosi).
Il suo fascino sta tutto in ciò che rappresenta, in quella pesantissima eredità di grandezze sconfitte, di eroismi sfiniti, di addii alla vita e alla storia che il "tenore tardoromantico" sapeva così splendidamente incarnare.
Edmond Vergnet (il creatore) è uno di quei "tipi" melodrammatici di cui dovremmo parlare un po' più spesso.
E' il Tamagno francese: uno degli ultimi depositari di una tradizione che riluce nel tramonto di un'epoca.
Grande interprete di Meyerbeer, ma anche di Sansone, di Radames, di Florestano, nella galleria dei ruoli da lui creati figurano Shahabarim della Salambo di Reyer, Admeto della Dejanice di Catalani, Dominique in L'attaque du moulin di Bruneau.
Tutta questa elevatezza, questa vocazione mistica e passatista, ancora romantica ma già intaccata dai tormenti della sensualità e dagli abbandoni del decadentismo, si riflettono nel suo personaggio, caratterizzato da una scrittura grandiosa e ambigua, che richiede un vocalismo argenteo, giovane, ma anche una pienezza d'eloquio che già occhieggia ai bagliori del declamato, all'impeto del nuovo canto proveniente dalla Germania.
Proprio come Samson...
E' un tipo di vocalità bicefala, quindi, greve di rimpianti e di slanci folgoranti quanto inutili: una vocalità che abbiamo smarrito nel ventesimo secolo e sulla quale io mi trovo spesso a fantasticare...
Oggi, proprio perché quel mondo è finito per sempre, un personaggio come Jean va preso con le molle: per esaltarlo ci vuole una personalità capace di tradurre l'enormità della fine di un'epoca in forze attuali e coinvolgenti (proprio come l'Otello di Verdi).
Se non si sta attenti, infatti, il personaggio rischia di suonare come un penoso profetuzzo da colossal a basso budget, con gravi problemi sessuali.
Occorre convincere l'ascoltatore a non fermarsi ai versi stereotipati e prevedibili che ancora imitano Corneille... A non fidarsi del melodizzare sentimentaloso che a prima vista suona tanto stucchevole.
C'è tutto un mondo dietro quella superficie (proprio come nell'Otello di Verdi).
Sotto le scontate professioni sacrificali, le solite preghiere, si deve cogliere la vulnerabilità dell'uomo, la sua paura della vita e un senso epocale di sconfitta. Ripeto: se si prende lo corteccia retorica e ci si limita ad essa, il risultato ci porterà a pensare (come tanti scioccamente fanno) che quest'opera e questo personaggio sono roba da servette e ragazzotte borghesi del secolo scorso.
Bene... mi spiace dirlo, ma per me proprio questo è l'errore in cui cade Domingo, lo stesso errore che Domingo commette ogni volta che si cimenta con personaggi tardo-romantici (mi spiace, ma ci metto dentro anche Samson e persino Otello).
Incapace di andare oltre la retorica più scontata, prende sul serio tutto, rimane impantanato nell'esteriorità predicatoria del profeta e riduce tutto a una minestra noiosa e inutile.
C'è poi la questione vocale... aggravante non da poco.
Come molti tenori "latini" del secondo Novecento, Domingo è un declamatore morbido, adatto al repertorio verista e poco altro.
Nulla di strano quindi che come vocalista faccia acqua da tutte le parti (e in quest'opera, come in ogni opera tardo-romantica, il lascito vocalistico è importante).
Non che sia tanto meglio come declamatore: fallisce anche nei momenti più eroici e veementi, essendo povero di nerbo, di capacità coloristica, di incisività nell'articolazione.
Il suo Jean non è solo fiacco e goffo drammaturgicamente; è anche ingolfato e monocorde dal punto di vista musicale.
Visto un simile disastro, c'è da chiedersi perché ha voluto cantare l'Herodiade: forse solo per andare dietro (come in tanti altri ruoli) a tutto ciò che Carreras aveva esplorato prima di lui.
Su Youtube, ho selezionato alcuni tenori che cantano la grande aria di Jean
Questo il testo
JEAN
Ne pouvant réprimer les élans de la foi
Leur impuissante rage a frappé ton prophète.
Seigneur! ta volonté soit faite,
Je me repose en toi!
Adieu donc,
Vains objets qui nous charment sur terre!
Salut! Salut! premiers rayons de l’immortalité!
L’infini m’appelle et m’éclaire,
Je meurs pour la justice et pour la liberté!
Je ne regrette rien de ma prison d’argille
Fuyant l’humanité je vais calme et tranquille
M’envelopper d’éternité!
Je ne regrette rien, et pourtant... ô faiblesse!
Je songe à cette enfant!
Je songe à cette enfant dont les traits radieux
sont présents à mes yeux!
Souvenir qui m’oppresse!
Souvenir... qui m’oppresse! toujours... je songe
Je songe à cette enfant!
Seigneur! si je suis ton fils,
Dis-moi pourquoi
Tu souffres que l’amour vienne ébranler ma foi?
Et si je sors meurtri, vaincu de cette lutte,
Qui l’a permis? à qui la faute de la chute?
Souvenir qui m’oppresse!
Seigneur! suis-je ton fils? suis-je ton fils?
O Seigneur! O Seigneur!
TRADUZIONE
Non potendo soffocare gli slanci della fede
la loro rabbia impotente ha colpito il tuo profeta.
Signore! Sia fatta la tua volontà,
io mi affido a Te.
Addio dunque,
Vano oggetti dai quli siamo affascinati sulla terra!
Salve! Salve, primi raggi dell’immortalità!
L’infinito mi chiama e mi illumina,
io muoio per la giustizia e per la libertà!
Non rimpiango nulla della mia prigione d’argilla.
Fuggendo l’umanità io vado calmo e tranquillo
ad avvolgermi i nell’eternità!
Io non rimpiango nulla, eppure… O debolezza!
io penso a quella giovane!
Penso a quella fanciulla il cui aspetto radioso
si impone ai miei occhi!
Ricordo che mi opprime!
Ricordo… che mi opprime! E sempre ci penso!
penso a quella giovane!
Signore! se io sono tuo figlio,
dimmi perché
lasci che l’amore tormenti la mia fede?
E se io esco ucciso, vinto da questa lotta,
chi l’ha permesso? Di chi è la colpa della sconfitta?
Ricordo che mi opprime
Signore! Sono tuo figlio? sono tuo figlio?
O Signore! O Signore!
E questi i tenori
il giovane Luccioni
Paul Frantz
e Thill
E infine due video:
Carreras
e Domingo
Sono curioso di conoscere le vostre opinioni.
Salutoni,
Matteo
L'edizione su cui mi sono concentrato è quella della SONY del 1994 (in realtà un live da San Francisco) diretta da Gergev, con la Fleming (Salome), la Zajic (Herodiade), Domingo (Giovanni il battista) e Pons (Erode).
L'opera mi attira, come tutti i tentativi tardivi di tenere in vita il Grand Opéra, alla fine dell'800, genere all'epoca già privo di nerbo, di verità, di forza, elementi sostituiti con esostismo colonialista, malinconia dolce, stanca e estetizzante, oppressione decadente.
E' vero... in teoria Herodiade non è un Grand-Opera (genere a cui ancora appartengono il Roi di Lahore - composto subito prima - e il Cid - subito dopo); vero è che fu creata a Bruxelles.
Eppure, con i suoi scenari ampi, l'evocazione di popoli contrapposti a individui, grandi movimenti politico-religiosi, balletti e fondali grandiosi, ciò che rappresenta è esattamente questo: Un Grand-Opéra fuori tempo massimo, nostalgico, malinconico, da Belle Epoque, dove l'eroismo è sostituito da mollezze sentimentali e una certa, amara, tormentosa, prevedibilità.
Poiché Massenet è un genio, è chiaro che anche quest'opera è geniale.
E tuttavia non mi pare che siamo ai livelli del Massenet maturo, che conosciamo meglio, e soprattutto siamo ben lontani dei vertici di lì a poco raggiunti in un genere completamente "nuovo", originale, non passatista e nostalgico come il Grand-Opéra, ma attualissimo: l'Opéra Lyrique.
Eppure io amo quel senso di inadeguatezza che l'opera comunica, il profumo di antico che la permea.
Vi ritrovo lo stesso respiro malinconico e smarrito (certo meno fiero) dell'ultimo Verdi, un altro che non si adattò mai al tramonto del Romanticismo.
Non è un caso che tra quest'Herodiade ispirata a Flaubert e l'Aida di Verdi (di pochi anni precedente) i punti di contatto siano tanti.
Inoltre mi affascinano i "tipi" vocali che si spartiscono la scena dell'Herodiade (in teoria tradizionali: Salomé-soprano; Herodiade-mezzo; Jean-tenore; Herode-baritono; Phanuel-basso.
In teoria sono ripartizioni prevedibili; in pratica sono modelli vocali oggi estinti ai quali l'ultimo Romanticismo aveva affidato gli strali del proprio declino e che fronteggiarono - finché poterono - le innovazioni trascinanti e poderose del Novecento che avanzava.
Su ognuno di questi ruoli ci sarebbe da riflettere, su che tipo di vocalità, di tecnica, di espressività essi richiedono.
E' solo in questo modo che potremmo permettere a questi titoli, così disperatamente demodé, di riprendere vita.
Mi pare giusto iniziare dal personaggio di Jean le Baptyste, ossia il tenore.
Certo è un personaggio che fa sorridere (specie se lo sentiamo cantato da un Carreras o da un Domingo... e non parliamo di Lombardi).
E' un ruolo ben poco credibile, ben poco "biblico", ben poco articolato psicologicamente. Non ha nemmeno melodie sconvolgenti al suo attivo (anche se i duetti con Salomé e il monologo del quarto atto sono divenuti abbastanza famosi).
Il suo fascino sta tutto in ciò che rappresenta, in quella pesantissima eredità di grandezze sconfitte, di eroismi sfiniti, di addii alla vita e alla storia che il "tenore tardoromantico" sapeva così splendidamente incarnare.
Edmond Vergnet (il creatore) è uno di quei "tipi" melodrammatici di cui dovremmo parlare un po' più spesso.
E' il Tamagno francese: uno degli ultimi depositari di una tradizione che riluce nel tramonto di un'epoca.
Grande interprete di Meyerbeer, ma anche di Sansone, di Radames, di Florestano, nella galleria dei ruoli da lui creati figurano Shahabarim della Salambo di Reyer, Admeto della Dejanice di Catalani, Dominique in L'attaque du moulin di Bruneau.
Tutta questa elevatezza, questa vocazione mistica e passatista, ancora romantica ma già intaccata dai tormenti della sensualità e dagli abbandoni del decadentismo, si riflettono nel suo personaggio, caratterizzato da una scrittura grandiosa e ambigua, che richiede un vocalismo argenteo, giovane, ma anche una pienezza d'eloquio che già occhieggia ai bagliori del declamato, all'impeto del nuovo canto proveniente dalla Germania.
Proprio come Samson...
E' un tipo di vocalità bicefala, quindi, greve di rimpianti e di slanci folgoranti quanto inutili: una vocalità che abbiamo smarrito nel ventesimo secolo e sulla quale io mi trovo spesso a fantasticare...
Oggi, proprio perché quel mondo è finito per sempre, un personaggio come Jean va preso con le molle: per esaltarlo ci vuole una personalità capace di tradurre l'enormità della fine di un'epoca in forze attuali e coinvolgenti (proprio come l'Otello di Verdi).
Se non si sta attenti, infatti, il personaggio rischia di suonare come un penoso profetuzzo da colossal a basso budget, con gravi problemi sessuali.
Occorre convincere l'ascoltatore a non fermarsi ai versi stereotipati e prevedibili che ancora imitano Corneille... A non fidarsi del melodizzare sentimentaloso che a prima vista suona tanto stucchevole.
C'è tutto un mondo dietro quella superficie (proprio come nell'Otello di Verdi).
Sotto le scontate professioni sacrificali, le solite preghiere, si deve cogliere la vulnerabilità dell'uomo, la sua paura della vita e un senso epocale di sconfitta. Ripeto: se si prende lo corteccia retorica e ci si limita ad essa, il risultato ci porterà a pensare (come tanti scioccamente fanno) che quest'opera e questo personaggio sono roba da servette e ragazzotte borghesi del secolo scorso.
Bene... mi spiace dirlo, ma per me proprio questo è l'errore in cui cade Domingo, lo stesso errore che Domingo commette ogni volta che si cimenta con personaggi tardo-romantici (mi spiace, ma ci metto dentro anche Samson e persino Otello).
Incapace di andare oltre la retorica più scontata, prende sul serio tutto, rimane impantanato nell'esteriorità predicatoria del profeta e riduce tutto a una minestra noiosa e inutile.
C'è poi la questione vocale... aggravante non da poco.
Come molti tenori "latini" del secondo Novecento, Domingo è un declamatore morbido, adatto al repertorio verista e poco altro.
Nulla di strano quindi che come vocalista faccia acqua da tutte le parti (e in quest'opera, come in ogni opera tardo-romantica, il lascito vocalistico è importante).
Non che sia tanto meglio come declamatore: fallisce anche nei momenti più eroici e veementi, essendo povero di nerbo, di capacità coloristica, di incisività nell'articolazione.
Il suo Jean non è solo fiacco e goffo drammaturgicamente; è anche ingolfato e monocorde dal punto di vista musicale.
Visto un simile disastro, c'è da chiedersi perché ha voluto cantare l'Herodiade: forse solo per andare dietro (come in tanti altri ruoli) a tutto ciò che Carreras aveva esplorato prima di lui.
Su Youtube, ho selezionato alcuni tenori che cantano la grande aria di Jean
Questo il testo
JEAN
Ne pouvant réprimer les élans de la foi
Leur impuissante rage a frappé ton prophète.
Seigneur! ta volonté soit faite,
Je me repose en toi!
Adieu donc,
Vains objets qui nous charment sur terre!
Salut! Salut! premiers rayons de l’immortalité!
L’infini m’appelle et m’éclaire,
Je meurs pour la justice et pour la liberté!
Je ne regrette rien de ma prison d’argille
Fuyant l’humanité je vais calme et tranquille
M’envelopper d’éternité!
Je ne regrette rien, et pourtant... ô faiblesse!
Je songe à cette enfant!
Je songe à cette enfant dont les traits radieux
sont présents à mes yeux!
Souvenir qui m’oppresse!
Souvenir... qui m’oppresse! toujours... je songe
Je songe à cette enfant!
Seigneur! si je suis ton fils,
Dis-moi pourquoi
Tu souffres que l’amour vienne ébranler ma foi?
Et si je sors meurtri, vaincu de cette lutte,
Qui l’a permis? à qui la faute de la chute?
Souvenir qui m’oppresse!
Seigneur! suis-je ton fils? suis-je ton fils?
O Seigneur! O Seigneur!
TRADUZIONE
Non potendo soffocare gli slanci della fede
la loro rabbia impotente ha colpito il tuo profeta.
Signore! Sia fatta la tua volontà,
io mi affido a Te.
Addio dunque,
Vano oggetti dai quli siamo affascinati sulla terra!
Salve! Salve, primi raggi dell’immortalità!
L’infinito mi chiama e mi illumina,
io muoio per la giustizia e per la libertà!
Non rimpiango nulla della mia prigione d’argilla.
Fuggendo l’umanità io vado calmo e tranquillo
ad avvolgermi i nell’eternità!
Io non rimpiango nulla, eppure… O debolezza!
io penso a quella giovane!
Penso a quella fanciulla il cui aspetto radioso
si impone ai miei occhi!
Ricordo che mi opprime!
Ricordo… che mi opprime! E sempre ci penso!
penso a quella giovane!
Signore! se io sono tuo figlio,
dimmi perché
lasci che l’amore tormenti la mia fede?
E se io esco ucciso, vinto da questa lotta,
chi l’ha permesso? Di chi è la colpa della sconfitta?
Ricordo che mi opprime
Signore! Sono tuo figlio? sono tuo figlio?
O Signore! O Signore!
E questi i tenori
il giovane Luccioni
Paul Frantz
e Thill
E infine due video:
Carreras
e Domingo
Sono curioso di conoscere le vostre opinioni.
Salutoni,
Matteo