Bellini, Donizetti e il mitico ippogrifo
Inviato: dom 13 dic 2009, 19:53
Prendendo le mosse dal bellissimo confronto in atto sulla librettistica di Romani e di Cammanano, vorrei introdurre una riflessione su questi due compositori accomunati dall'etichetta di protoromantici.
Gli ascolti fatti, molto parziali, mi hanno convinto che - nonostante la coincidenza cronologia - i due battono strade molto diverse. Vado oltre: ho l'impressione che la vulgata tendente ad avvicinare Vincenzo e Gaetano sia dovuta principalmente ad una schiera di interpreti che ha aeque laude affrontato l'uno e l'altro. Non ci sarebbe niente di male in questo, se non fosse che (almeno a mio avviso) si è verificato un fenomeno curioso: alcuni artisti, prendendo le mosse dal proprio temperamento, hanno "donizettizato" Bellini, altri hanno "bellinizzato" Donizetti. E così è nato un autore inesistente che, come il mitico ippogrifo, assomma caratteri di specie diverse senza essere per intero nessuna di esse, anche se - sempre come l'ippogrifo - la nuova creatura è indubbiamente dotata di una sua bellezza!
E' vero, come dicevo, che i due operisti sono coetanei e adoperano tutto sommato gli stessi stilemi (se vogliamo Bellini è decisamente meno sperimentatore di Donizetti, aperto un po' a tutti i generi), ma credo che tra i due vi fosse una diversità di poetica veramente significativa. Come è stato detto molto a proposito nelle discussioni su Lucia e sulla librettistica, Donizetti ha un'attrazione fatale (almeno in una larga parte del suo catalogo) per il coté più "malato", maledetto del romanticismo. La sua musica, mi pare di poter dire, cerca di estrinsecare le passioni e le tensioni che vivono i suoi personaggi. Addirittura mi pare che vada un po' alla ricerca di "funzionali" asimmetrie che spezzino l'equilibrio stilizzato della grammatica belcantistica. E credo di poter dire che proprio questo aspetto deve avere molto colpito un artista riflessivo come Giuseppe Verdi.
Bellini mi pare faccia un percorso in un certo modo inverso: le passioni, i drammi, gli aspetti dell'ignoto (per citare D'Annunzio) che compaiono nei suoi drammi vengono come riassorbiti in un linguaggio musicale che cerca anzitutto l'equilibrio, l'euritmia della struttura. Mi pare che faccia un po' eccezione, se vogliamo il Pirata.
Quanto detto non significa, a mio avviso, ritiragli la patente di romantico; tanto varrebbe derubricare il romanticismo di Leopardi allora! E' vero che le opere belliniane presentano una grande libertà formale nell'articolarsi delle varie sezioni, ma è sempre una libertà preordinata a creare equilibri ed euritmie. Un po' come la canzone libera del poeta di Recanati.
Agli altri forumisti la parola...
Gli ascolti fatti, molto parziali, mi hanno convinto che - nonostante la coincidenza cronologia - i due battono strade molto diverse. Vado oltre: ho l'impressione che la vulgata tendente ad avvicinare Vincenzo e Gaetano sia dovuta principalmente ad una schiera di interpreti che ha aeque laude affrontato l'uno e l'altro. Non ci sarebbe niente di male in questo, se non fosse che (almeno a mio avviso) si è verificato un fenomeno curioso: alcuni artisti, prendendo le mosse dal proprio temperamento, hanno "donizettizato" Bellini, altri hanno "bellinizzato" Donizetti. E così è nato un autore inesistente che, come il mitico ippogrifo, assomma caratteri di specie diverse senza essere per intero nessuna di esse, anche se - sempre come l'ippogrifo - la nuova creatura è indubbiamente dotata di una sua bellezza!
E' vero, come dicevo, che i due operisti sono coetanei e adoperano tutto sommato gli stessi stilemi (se vogliamo Bellini è decisamente meno sperimentatore di Donizetti, aperto un po' a tutti i generi), ma credo che tra i due vi fosse una diversità di poetica veramente significativa. Come è stato detto molto a proposito nelle discussioni su Lucia e sulla librettistica, Donizetti ha un'attrazione fatale (almeno in una larga parte del suo catalogo) per il coté più "malato", maledetto del romanticismo. La sua musica, mi pare di poter dire, cerca di estrinsecare le passioni e le tensioni che vivono i suoi personaggi. Addirittura mi pare che vada un po' alla ricerca di "funzionali" asimmetrie che spezzino l'equilibrio stilizzato della grammatica belcantistica. E credo di poter dire che proprio questo aspetto deve avere molto colpito un artista riflessivo come Giuseppe Verdi.
Bellini mi pare faccia un percorso in un certo modo inverso: le passioni, i drammi, gli aspetti dell'ignoto (per citare D'Annunzio) che compaiono nei suoi drammi vengono come riassorbiti in un linguaggio musicale che cerca anzitutto l'equilibrio, l'euritmia della struttura. Mi pare che faccia un po' eccezione, se vogliamo il Pirata.
Quanto detto non significa, a mio avviso, ritiragli la patente di romantico; tanto varrebbe derubricare il romanticismo di Leopardi allora! E' vero che le opere belliniane presentano una grande libertà formale nell'articolarsi delle varie sezioni, ma è sempre una libertà preordinata a creare equilibri ed euritmie. Un po' come la canzone libera del poeta di Recanati.
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