Riprendo questo argomento in quanto ieri sera - 8 agosto - sono stato a vedere la Turandot all'Arena di Verona con la regia ormai vecchiotta di Zeffirelli che, a differenza di Don Giovanni (che ho visto il 25 luglio e che mi ha deluso per molti versi), in opere di massa può ancora funzionare, se non altro per lo sfarzo esibito in un lavoro che, tutto sommato, lo richiede. Dirigeva Andrea Battistoni in modo liricheggiante, non mi ha fatto sentire però quegli scossoni che la partitura - tipicamente novecentesca e legata alle nuove sperimentazioni - ha in sé. Buoni i momenti distesi (inno alla luna, scena delle maschere, alcuni passaggi del processo di Liù e del duettone finale "Principessa di morte"), meno quelli più corruschi ed efferati. Protagonista ancora una volta Giovanna Casolla: grande Turandot, giocata non tanto (o, meglio, non soltanto) sugli acuti che - è da dire - ancora reggono, ma su una grande umanità di accenti e pianissimi. Singolare, in proposito, la sua perorazione all'imperatore Altoum "Figlio del cielo" ad enigmi proposti e risolti dal pretendente e molto brava nei ripiegamenti di 'sconfitta' del duettone finale (peraltro eseguito nella sua interezza). Insomma, la Casolla non è stata una Turandot cattivissima e, perciò, non a senso unico. Liù un'altrettanto valida Amarilli Nizza (tra l'altro donna molto bella e gentilissima) dalla dizione bella e pulita e dagli accenti dolcissimi. Sul Calaf di Carlo Ventre preferisco non parlare... Mi chiedo solo come si possa bissare un "Nessun dorma" dopo che, nella prima esecuzione, sono venuti fuori dei dissensi nemmeno tanto sporadici. Forse ad attirare è la melodia resa famosa dal noto tenore emiliano che tutti conosciamo e che è stato, a suo tempo, un buon Calaf (almeno nell'edizione DECCA). Bravi invece gli altri con speciale menzione dell'Imperatore di Carlo Bosi, non vecchio sdentato, ma signore molto compito e di ferma voce. I soliti colori, scene kolossal sono quelli che abbiamo imparato a conoscere dal Zeffirelli in tutte le salse. Non c'era quel quid in più che scenicamente si vorrebbe da un'opera misteriosa come questa, dai molti enigmi (non solo tre, o quattro, o cinque) e dai moltissimi spunti di riflessione.
Scusate la telegraficità e saluti da una Roma cocente...
Luca.