E' morto Hans Werner Henze

opere, compositori, librettisti e il loro mondo

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Re: E' morto Hans Werner Henze

Messaggioda mattioli » mer 12 mar 2014, 13:38

Ma se l'ho ringraziato! E ho messo pure la faccina!
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Re: E' morto Hans Werner Henze

Messaggioda DottorMalatesta » mer 12 mar 2014, 14:48

ieri sera ho letto anch´io il giudizio di Giudici al Ritorno d´Ulisse in patria di Monteverdi/Henze (edizione che ahimè non conosco, penso sia disponibile solo in video). E in effetti devo dire che mi ha lasciato perplesso. Mi sembra abbastanza ovvio che un compositore chiamato a “metter mano” ad un testo musicale si comporterà pur sempre da compositore e non da musicista-filologo-archeologo. Per cui non si può criticare Henze di essersi comportato da compositore e non da filologo. Mutatis mutandis, sarebbe come dire che Berio, nel suo finale per la Turandot di Puccini, è fuori stile. Certo! Chiaro! Ma infatti la sua non era un´operazione di ricostruzione filologico-archeologica!
Quanto all´interessantissima discussione (un po´suddivisa tra questo e altri thread) relativa alla filologia e al recupero dell´opera “originaria”, penso che siamo tutti concordi nel definirla un´operazione simile alla Holy Quest: il Graal ci sfuggirà continuamente di mano. Eppure, con il passare del tempo, con l´aumentare delle nostre conoscenze sulle pratiche esecutive e sugli stili del passato, l´opera “originaria” ci sarà sempre più vicina, sebbene sempre sfuggente. La filologia, inteso come sforzo al recupero del passato incurante del nostro presente, mi sembra un processo asintotico, idealista, donchisciottesco. E in fondo un po´ arido.
Che dite?
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Re: E' morto Hans Werner Henze

Messaggioda mattioli » mer 12 mar 2014, 16:16

Che hai ragione...

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Re: E' morto Hans Werner Henze

Messaggioda teo.emme » mer 12 mar 2014, 17:45

vittoriomascherpa ha scritto:Non ci sono dubbi che, salvo l'occorrenza d'eventi traumatici (tipo abbruciamento della Biblioteca d'Alessandria...) le conoscenze filologiche siano destinate ad aumentare asintoticamente. Però, a mio parere, questo non porta con sé un avvicinamento progressivamente maggiore all'opera "originaria". Infatti, se da una parte non può che accrescerne la conoscenza, per cosí dire, "tecnica", dall'opera antica il tempo ci allontana sempre di piú sia come sensibilità, che continua (o dovrebbe continuare) a mutare per l'accumularsi e l'uso (si spera...) del nuovo; sia anche per il mutare delle condizioni esecutive.

Completamente d'accordo: per questo parlo di "illusione" riferendomi alle cosiddette pratiche autentiche. Come si fa a ricreare una pretesa autenticità - delimitandola ad un solo settore peraltro - quando tutto quel che vi sta intorno muta? Perché l'opera è qualcosa che vive nel tempo e se pure è possibile ricostruire le modalità esecutive (e non lo credo, poiché spesso gli strumenti usati sono copie moderne di quelli antichi, il modo di suonarli come si usava all'epoca è solo ipotizzabile, le stesse scelte di diapason sono assunte in modo convenzionale e "di comodo" - è il caso del 415 Hz che, di fatto, non è mai stato usato, nonostante venga oggi considerato il "diapason barocco" etc...), non è possibile riprodurre l'animus di chi suona e di chi ascolta (nessuna scienza filologica ci può trasformare in uomini e donne del secolo XVII). Senza contare - ribadisco - il fatto che noi oggi non possediamo la verginità d'ascolto dell'epoca e tendiamo a trovare in Monteverdi tracce di sviluppi futuri (lo stesso Henze appunto si rifà esplicitamente a certi stilemi del recitar cantando). Infine il problema degli spazi, del rapporto col pubblico, del rapporto con la libertà dell'esecutore (si consideri che non esistono partiture nel senso moderno del termine), della messinscena (per cui, invece, non prestiamo alcuna attenzione filologica, lasciando mano libera alle attualizzazioni più estreme, così da arrivare ad avere in buca - che neppure c'era all'epoca - tiorbe e arciliuti, mentre sulla scena si agitano signori in abiti e ambientazioni modernissime). E dunque, forse, quello che noi continuiamo a considerare "barocco storicamente informato" è un barocco virtuale, astorico e convenzionale. Una specie di "falso autentico" (quello che qualcuno chiamerebbe - con espressione ormai abusata - "post moderno"). Pertanto - ma è un dubbio personale - non è forse più "autentico" l'approccio di Henze che mette da parte le pretese di riprodurre una prassi di fatto irriproducibile, ma estrapola da quegli scheletri musicale una vita nuova che comunica con la nostra modernità? La musica non è un quadro che, salvo danneggiamenti, ci perviene com'era quando fu dipinto (anche se ciò che suscita in noi è probabilmente diverso da quanto accadeva 400 anni fa), ma necessita di un medium per essere compresa. E lo strumento necessariamente vive nell'oggi. Senza contare, poi, che l'interesse per Monteverdi non nasce oggi - con le ricerche intorno alla prassi esecutiva e alle sue regole - ma si affaccia in epoca prefilologica evidentemente per la percezione di vicinanza di contenuti da coordinare con la distanza della forma: penso alle rielaborazioni monteverdiane di Orff, la cui eco si ritrova in sue opere successive (Antigonae, Prometheus ed Oedipus de Tyrann) in un continuum che - passando anche per Henze - arriva a Reimann.
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Re: E' morto Hans Werner Henze

Messaggioda DottorMalatesta » gio 13 mar 2014, 14:04

vittoriomascherpa ha scritto:Paradossalmente, le minuziose indicazioni sceniche dei libretti d'opera otto-novecenteschi, che andavano nello stesso senso delle partiture post-settecentesche, oggi hanno perso ogni valore (questo mi pare solo ovvio in un mondo che "sente" le immagini molto piú dei suoni) e lo stesso testo letterario mantiene interesse (oltre che, finora, per l'articolazione del canto), solo come espressione non d'una vicenda ma della sua presunta "struttura" (da qui anche il recupero massiccio, nelle regie, dei pre-testi non musicali).


Come spiegare questa progressiva perdita di valore?
Borges diceva che la memoria è una moneta che non è mai la stessa (perché il suo valore cambia nel tempo...). Possiamo concordare sul fatto che, a differenza della musica (o perlomeno di alcune musiche, dal momento che altre sono cadute nellóblio), la "moneta" delle indicazioni sceniche e del libretto nel tempo ha perso "potere d´acquisto".
Quali i motivi di questo cambiamento? Certo, il nostro è "un mondo che "sente" le immagini molto piú dei suoni". Come corollario, inevitabile, verrebeb da dire che il cinema ha ucciso l´opera (o almeno ne ha modificato profondamente l´essenza e la rappresentabilitá/rappresentazione).
Resta comunque il dato di fatto che all´opera la musica è considerata intoccabile, mentre indicazioni sceniche e talora persino il libretto possono essere oggetto di reinterpretazione o modifica. Convenzioni? Diverse sensibilitá? Diversi gradi di "sacralità" con cui con valutare i vari elementi che compongono il compesso "gioco dell´opera"?

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Re: E' morto Hans Werner Henze

Messaggioda teo.emme » ven 14 mar 2014, 15:22

vittoriomascherpa ha scritto:Però, se non prendo un abbaglio, per l'Orfeo esistono indicazioni strumentali abbastanza precise, laddove mancano del tutto per la Poppea.

Anche dell'Orfeo - che è comunque un caso particolare: non è esemplificativo della musica corrente all'epoca, ma è piuttosto un esperimento colto nell'ambito di una cerchia di intellettuali, senza alcuna finalità pubblica - non si può parlare di partitura in senso moderno: sappiamo esattamente quanti e quali strumenti erano stati impiegati durante la rappresentazione, ma non sappiamo cosa esattamente suonassero: la "partitura" presenta le linee vocali e il basso, a volte vengono stesi pezzi sino a otto parte e talvolta sono indicati gli strumenti da impiegare in quella strofa o in quel ritornello. Nient'altro. Monteverdi precisa - ci sono documenti - che gli strumentisti avrebbero dovuto evitare eccessive ornamentazioni e suonare in modo nobile. Certo la Poppea e l'Ulisse - che invece erano destinati ad una rappresentazione pubblica - presentano un testo ancor più scheletrico: linee vocali e basso. Con la differenza che mentre sappiamo il numero e il tipo degli strumenti in uso per L'Orfeo (circa 40), non vi sono analoghe informazioni relativamente alle altre opere (o meglio, lo possiamo ricavare dagli organici - quelli li conosciamo - dei teatri pubblici veneziani: una manciata di strumentisti che non arriva neppure a 10 unità suddivisi tra archi e basso).
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