La figlia dei pirati

opere, compositori, librettisti e il loro mondo

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La figlia dei pirati

Messaggioda MatMarazzi » dom 15 ago 2010, 16:19

Alle volte ho la sensazione che la gente non si interroghi abbastanza su quello che dicono i libretti.
Ci si affanna a dire che sono "brutti", mal scritti (recentemente ho letto una penosa intervista della Antonacci, che irrideva all'orrore del "Di Provenza il mare e il suol". E concludeva che lei era fierissima di non cantare quel repertorio...)
mah...
Personalmente amo moltissimo i libretti di Piave, però rispetto che la pensa diversamente...
Ciò che mi fa incavolare è la sensazione che tanti elementi contenuti nei libretti (perchè uno dice una certa cosa, cosa intende davvero, con quale tono dovrebbe dirla) non vengono minimamente capiti.
E così si declamano i versi in modo sbagliato, questo modo "sbagliato" diventa tradizione, nessuno ci torna su... e alla fine ci lamentiamo che queste opere non abbiano senso.

Prendiamo il Simon Boccanegra...
Il grande duetto del primo atto fra il Doge e Amelia.

Cosa vediamo?
Una ragazza dolce e malinconica che, come una bambina, va incontro al Doge (che conosce per la prima volta...) e gli racconta tutti i fatti suoi:
"E poi che tanta pietà ti muove dei destini miei... vo' svelarti un segreto che mi ammanta: Non sono una Grimaldi"
"Oh ciel! Chi sei?"

E poco prima (con risatina tenera) gli aveva confessato il proprio amore.
"Ah! Mi leggesti in core! Amo uno spirto angelico che ardente mi riama".

Quindi, con faccia triste e malinconica, sempre da brava bambina (con le lacrime agli occhi) gli racconta tutta la sua storia di orfanella "umìle" (e non ùmile, come invero umilmente dice la Freni: se sacrifichi la licenza di Piave, ossia l'accento spostato, l'ottonario diventa un settenario e tutta la struttura ritmica del brano va a quel paese; ora passi che di queste cose la Freni non sappia un piffero, ma Abbado? Strehler? così colti? Perché non le hanno fatto osservare che dicendo "ùmile" - mentre Piave scrive "umìle" - avrebbe commesso un grave errore?).

Ma torniamo al punto...
Non trovate che sia un po' assurdo, un po' scemo (qualcuno direbbe "tipico di un libretto d'opera") il fatto che questa ragazza sia così chiacchierona e logorroica da andare a raccontare tutti i fatti suoi (compreso un segreto così delicato) a un perfetto sconosciuto?
Ok, risponderebbe il colto Strehler: ma lo fa solo perchè così Boccanegra capisca di aver di fronte la figlia perduta!

E no... troppo facile.
Piave non era uno scemo (forse addirittura era più intelligente di Strehler e di Abbado? Chissà...)
Non avrebbe acconsentito a un'idiozia teatrale e psicologica, semplicemente per arrivare a un disvelamento.
Non avrebbe permesso ad Amelia di rovesciare la sua logorrea dolciastra - di povera bambina tanto triste - non solo su un uomo che non ha mai visto, ma che per giunta è il suo nemico giurato: quello che ha esiliato la sua famiglia!
Quello che minaccia la vita di Andrea (Fiesco) e Gabriele.
Quello che è venuto lì (e lei lo sa benissimo) per proporle un matrimonio offensivo e ributtante.

Per non parlare del fatto che Amelia non va a raccontare al primo che passa per la strada di essere un'orfana raccolta per strada.
Non aveva detto niente nemmeno al suo fidanzato (che infatti lo è venuto a sapere solo pochi minuti prima da Fiesco... e non in presenza di Amelia).
E Amelia... che non ha raccontato niente - finora - al suo fidanzato, va a spiattellare tutto a un vecchio doge plebeo, nemico, venuto lì solo per farla sposare a Paolo?
Impossibile.

C'è poi un'altra cosa da specificare.
Sapete perché la trovatella Maria è spacciata per erede dei Grimaldi?
Perché tutti i Grimaldi maschi erano stati cacciati da Genova e, in mancanza di eredi, il Doge avrebbe incamerato tutte le loro ricchezze.
La requisizione si è potuta evitare solo perché Amelia (figurando unica erede "non perseguita") ha potuto salvarle.
Ammettere proprio al doge di non essere la legittima Amelia, bensì una prestanome, avrebbe consentito al Doge di entrare finalmente in possesso di tutta la ricchezza della famiglia.
Amelia rischia quindi moltissimo raccontando questa storia...
Una ragione in più per stare zitta...

e allora perchè parla?

Ragioniamo un attimo sul personaggio: chi è Amelia Grimaldi? anzi Maria Boccanegra?
come si comporta nel corso dell'opera? Che personalità ha?
E' una brava bambina dolce, con la faccia di Mimì, come ce la presenta la Freni (ben preparata ovviamente dai due "geni" suddetti?)
No.

Vive fra i nobili, ma non è nobile: è la figlia illegittima di un pirata.
Sarà questo, oltre all'infanzia drammatica, ad averle dato un carattere aspro e passionale.
Diciamolo!
La ragazza è una forza della natura: è consapevole politicamente, non esita a dire la sua, a tener testa agli uomini, se la prende col Nonno, maltratta il fidanzato, lo smaschera senza difficoltà...

L’arcano tuo conobbi... A me il sepolcro appresti, il patibolo a te!...

e poi

In cupa notte non vi mirai sotto le tetre volte errar sovente pensosi, irrequieti?
GABRIELE
Chi?
AMELIA
Tu, e Andrea, e Lorenzino, e gli altri... "


E il duettino successivo?

Vieni a mirar la cerula Marina tremolante;
Là Genova torreggia Sul talamo spumante;
Là i tuoi nemici imperano, Vincerli indarno speri...


La Freni lo canta con abbandono sentimentale, come se fosse Gilda col Duca...
Ma cosa sta dicendo in effetti Amelia?
E' come se stesse tirando per le orecchie il fidanzato (come più volte fa col nonno)
"Vieni qua! Vieni a vederla! Quella è Genova, la città contro cui pensi di ergerti! Sarà lei a farti a pezzi"

Più volte, nel corso dell'opera, pare più consapevole lei delle dinamiche politiche genovesi e dei rapporti di forza esistenti rispetto a Fiesco a ad Adorno.
Per ben due volte, nel corso dell'opera, blocca l'irruente fidanzato - gelandolo con la sua autorità - quando questi tenta di uccidere il doge.
E lui - per ben due volte - abbassa le orecchie.

E pensate come tiene testa alla folla, nella scena del consiglio!
Già è riuscita a liberarsi da sola da Lorenzino, il suo rapitore!
Lo ha fatto tremare di spavento...
E notate come è capace (davanti a un consiglio dominato dai rivali "plebei", davanti al popolo dei suoi nemici) di accusare - ma senza fare nomi - uno dei notabili più forti del governo popolare, Paolo.

V’è un piú nefando che illeso qui sta.
(fissando Paolo che sta dietro un gruppo di persone)
Ei m’ascolta e discerno le smorte sue labbra...


Cazzarola! :)
E come piega il Doge a salvare il ribelle Adorno?
E come piega quest'ultimo a servire la causa del Doge (che non dimentichiamolo era l'omicida del padre).
Amelia è la ragazza più ardimentosa, coraggiosa e intelligente di tutto il Verdi maturo.
Una ragazza tutto sangue e tutta fuoco, proprio come il padre!
E' una vera figlia di pirati.

Sarà pure politicamente dalla parte dei Patrizi, ma nel suo patrimonio genetico c'è il dna di Boccanegra.
In lei si agita l'impeto burrascoso di un'orfana allevata sulla riva del mare.
E che infanzia ha ricevuto questa ragazza?

Inizialmente era accudita dal padre corsaro (che andava ogni tanto a trovarla a Pisa dove era nascosta) e dalla vecchia Giovanna...
Un bel giorno la nutrice è morta, agonizzando davanti agli occhi della bambina, e lei - rimasta sola nel "tetto umile"con il cadavere della vecchia - si è fatta forza da sola, se ne è andata a cercare rifugio altrove. Raccattata per le strade di Pisa e condotta presso il chiostro dei trovatelli (lo stesso giorno in cui i Grimaldi perdevano a Pisa la loro bambina, la vera Amelia) è stata quindi catapultata in una magione principesca, a riempire il vuoto lasciato da un'altra figlia.

E' indubbio che siamo di fronte a una ragazza dalla scorza molto dura...
E anche se la sua nuova famiglia è ricca e nobile (e lei ha sposato la causa dei patrizi genovesi), la sua tempra resta quella di un'orfana dei mari, figlia di pirati.

E (scusate se mi ripeto) vi sembra POSSIBILE che una ragazza di questa tempra si sdilinquisca con fare infantile per due paroline dolci del vecchio doge (mai prima conosciuto oltre che nemico mortale) tanto da saltellargli intorno, parlargli dei propri amori e raccontargli come niente fosse il "segreto che l'ammanta"?

Purtroppo sono molto rari gli interpreti che sanno rendere giustizia a questo dialogo.
Almeno finché il Doge non riconosce la figlia, il loro confronto dovrebbe essere dominato dall'ostilità, dal sarcasmo, dall'odio.
In realtà Amelia, pur pesando attentamente le sue parole, non sta facendo altro che provocare il doge e tenergli testa.

Se leggiamo il testo, tutto questo (almeno a me) appare chiarissimo.

DOGE (entrando)
Favella il Doge ad Amelia Grimaldi?

Notare come Simone si presenta: largo! Io sono il Doge!
E' un saluto sfacciato, padronale.
In fondo tutti sappiamo perché è venuto lì.
...Perché ha lasciato la sua roccaforte genovese e si è andato a cacciare nel covo dei suoi nemici, quei Grimaldi che lui stesso aveva esiliato da Genova!
Solo per imbastire il matrimonio fra l'ereditiera e il capopopolo Paolo.
Lo sa lui, lo sappiamo noi e lo sa benissimo Amelia ("Mia destra a chieder viene" aveva detto poco prima)...

Amelia sa anche che dovrà accoglierlo lei, da sola, perché Andrea e Adorno (che in teoria dovrebbero essere in esilio) se la sono dati a gambe al primo squillo dell'arrivo del Doge.
Inoltre è pronta a dar battaglia: avrà bisogno di tutta la sua forza per rintuzzare il vecchio pirata e invitarlo - gentilmente - a sposarselo lui il suo Paolo.
Questo è il clima che si deve respirare al loro incontro. I due si affrontano come leoni, nemici giurati e sprizzano scintille!

All'imperioso saluto (saluto?) del doge, lei risponde con freddezza (ma già avendo in mente un piano...)
:)
Non un "buongiorno" gli rivolge... non un "lieta di avervi qui"... Non un "che onore" (in fondo lui è il doge di Genova)
Tutt'altro!
Un semplice, freddissimo:

AMELIA
Cosí nomata sono.

A tanta insolenza, il Doge risponde a tono!

DOGE
E gli esuli fratelli tuoi non punge desio di patria?

Mai... mai che abbia sentito un Boccanegra sorridere sarcasticamente, guardandosi intorno, mentre dice questa frase...
"Be' e i tuoi fratelli non sono qui? Non sentono la nostalgia di casa?"
E' come se le dicesse: "Ma credi che non lo sappia che qui non ci abiti da sola?"
Possibile che non nessun baritono si renda conto di cosa Simone sta dicendo?
Lui sa benissimo che la magione dei Grimaldi, a qualche chilometro dalla città, dà rifugio a tutti i fuoriusciti.
E che Amelia li protegge.
Sa benissimo che, se non sono nascosti lì da qualche parte, saranno tuttavia nelle vicinanze a tramare contro di lui.
Anche Albiani aveva detto che quello non era "un luogo sicuro".

Stesso tono sarcastico, sorriso provocatorio, dovrebbe sentirsi nella risposta di Amelia...
...Ma "possente"... ma cosa dici...? Ma quando mai...?

AMELIA
Possente... ma...

Il doge taglia corto... la ragazza è più coriacea del previsto.
Andiamo al sodo.

DOGE
Intendo... A me inchinarsi sdegnano i Grimaldi...
Cosí risponde a tanto orgoglio il Doge...
(le porge un foglio)

AMELIA (leggendo)
Che veggo!... il lor perdono?

notate... non c'è nessun ringraziamento da parte di Amelia.
In compenso, dopo "il lor perdono", c'è un bel punto interrogativo...
interrogativo e non esclamativo, come ci si sarebbe aspettati.
"LI perdoni? Ma davvero? e perchè?"
E' come se Amelia, la fiera e intelligente, alzasse un sopracciglio sarcastico e guardasse il nemico con fierezza...
"Ma dai! Hai graziato i miei fratelli! Come mai? Ti aspetti forse qualcosa in cambio?"

E' inutile perdere tempo con quella ragazza, più piratesca di lui.
E così Simone svela le carte.

DOGE
E denno a te della clemenza il dono...

Tutti qui sorridono con fare paterno e dolce.
E le Amelie scemotte rispondono al sorriso, con sguardo dolce da brava bambina.
ma cazzarola! ma ci si rende conto di quanto è impegnativa questa frase!
"Do ut des, ragazza mia! Do ut des!"

A questa frase del Doge (minacciose e offensiva) - notare bene - Amelia sta zitta. Non risponde!
Me la vedo fissare Boccanegra muta, livida con gli occhi fiammeggianti.
Il doge ha buttato il carico: è persino riuscito a zittirla.
A questo punto crede di poter smorzare un po' i toni e partire col discorsetto (un po' scemo e chiaramente ipocrita) che si era preparato.

(ehm... ehm...)
Dinne, perché in quest’eremo tanta beltà chiudesti?
Del mondo mai le fulgide lusinghe non piangesti?
Il tuo rossor mel dice...


(Rossore? in Amelia? sì.. di rabbia! infatti lei lo blocca subito)

AMELIA
T’inganni, io son felice...

(Ma lui insiste...)

DOGE
Agli anni tuoi l’amore...

lei però non è disposta ad andare oltre: fermiamoci qui e chiariamola subito.

AMELIA
Ah mi leggesti in core!
Amo uno spirto angelico che ardente mi riama...
Ma di me acceso, un perfido l’or de’ Grimaldi brama...


(Bella stilettata! Che infatti Boccanegra coglie al volo...
"Eh... già!")

DOGE
Paolo!

AMELIA
Quel vil nomasti!...

ora è il Doge a essere ammutolito. Quel diavolo di ragazza ha buttato all'aria tutto il suo discorso.
Non ha nemmeno nessuna paura a definire "vile" e "perfido" il suo più diretto collaboratore politico...
Non riuscirà a convincerla a queste nozze se non ...con la forza.
E questo Amelia lo sa!
Sa che il doge - se è deciso a forzare quel matrimonio - può usare mezzi molto persuasivi.

Cosa resta da fare ad Amelia?
Solo tentare la carta della propria "umiltà" di origini; rivelare il suo segreto (che non aveva mai detto nemmeno al fidanzato), ammettere di essere una "prestanome", in realtà una plebea di dubbie origini, senza un nome prestigioso, nè favolose eredità.
Non è altro che una disgraziata accolta in quella casa per pietà (e per convenienza).
Questa è la ragione per cui, improvvisamente e senza ragione apparente, lei parte con la sua confessione...
Confessione che - come abbiamo detto - la potrebbe mettere in serie difficoltà...

...e poiché tanta pietà ti muove dei destini miei,

(ma come non sentire l'ironia di questa frase?
Tanta pietà dei miei destini? Ma se hai esiliato i miei fratelli? Se ci hai quasi portato via tutto?
E ora sei venuto qui, da despota invadente, di costringermi a sposare il tuo scagnozzo...

vo’ svelarti il segreto che mi ammanta...
Non sono una Grimaldi!...


(la frase è sottolineata musicalmente! Immaginate il tono perentorio con cui Amelia la sputa fuori!
Quella frase è la sua salvezza!
Infatti il Doge ne resta impressionato)

DOGE
Oh! ciel... chi sei?...

AMELIA
Orfanella il tetto umíle m’accogliea d’una meschina, dove presso alla marina sorge Pisa...

(Notate l'insistenza con cui Amelia sottolinea il grado di indigenza e povertà in cui è vissuta: il tetto umìle, la meschina...
In realtà è difficile credere che il ricco corsaro Boccanegra abbia nascosto la figlia in uno squallido abituro...
Ma tant'è...

DOGE
In Pisa tu?

Da qui in poi sappiamo cosa succede.
Lei continua la storia della propria vita miserabile, sempre sottolineando con cura tutti i concetti più scabrosi (la vecchia che le muore davanti, la tremula sua mano, la madre "ignota", l'avvenir "tetro e dolente"). intanto Boccanegra comincia a fare due più due.

L'importante - quello che mi premeva sottolineare - è che prima di quel "in Pisa tu" tra il vecchio e la giovane (sconosciuti e per giunta contrapposti politicamente) dovremmo respirare un'atmosfera di guerra fredda, di vero e proprio odio reciproco.
Lui in lei vede la figlia dei nemici giurati, l'arrogante ereditiera che gli ha sottratto i beni dei "fuoriusciti" e che ora protegge quelli che da tre lustri lo vogliono morto: e per di più se la trova davanti insolente e beffarda, troppo furba da lasciarsi raggirare.
Lei invece vede in lui un tiranno volgare e omicida, promosso doge dalla violenza delle "plebi", avversario mortale di tutti coloro a cui lei vuole bene.
Il loro dialogo dovrebbe essere recitato e cantato come uno scambio di sguardi sarcastici e battute taglienti, di provocazioni trattenute e sottintese minacce.

E anche dopo, quando lui comincia a capire, lei dovrebbe continuare il suo racconto con lo stesso tono aspro e sprezzante...
Lei - che ancora non conosce la verità - dovrebbe continuare la sua strategia.
Non piagnucolare sulla sua triste infanzia e su quella cara "Giovanna", ma far capire al Doge di non essere socialmente all'altezza delle sue sporche aspirazioni.

Proprio quello che ci comunicano la Freni, Abbado e Strehler.
Ma guardatela...


Ora, io non me la prendo tanto con lei.
E' notorio che i cantanti spesso non capiscano nemmeno i versi che stanno recitando (con tutte quelle parole difficili!) ...e poi hanno cose più importanti a cui pensare poverini (sostieni qui.... lega là... immaschera sul passaggio... copri bene...).
Ma almeno un regista così di "cultura", un direttore così "intellettuale", i due artefici della "rinascita" (?????) del Boccanegra, loro... non potevano far presente alla Freni che Amelia, mentre racconta quella storia, non si sta commuovendo davvero pensando alla matrigna morta?
Sta solo cercando di evitare che quel bruto la trascini a Genova per costringerla a nozze spregevoli!
La sua faccia dovrebbe comunicarci paura! e anche odio! E anche la tensione spasmodica di chi è pronta a tutto contro il nemico.
"Guardami bene Boccanegra! Non sono che una poveraccia! Vai a riferirlo al tuo amico Albiani! Digli che, se mi costringi a sposarlo, si troverà nel letto una miserabile plebea come è lui!"

E poi ci vengono a dire che i libretti di Piave sono sciocchi.

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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda VGobbi » dom 15 ago 2010, 17:59

Complimenti Mat! Confesso che lascio correre i libretti ed il senso del loro significato, lasciandomi coinvolgere da quello che sanno comunicare gli interpreti.

In virtu' di quanto hai postato, specificamente a quel duetto cosi' ben descritto, quale Doge ed Amelia ritieni davvero credibili?

Grazie!
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Luca » dom 15 ago 2010, 18:05

E poi ci vengono a dire che i libretti di Piave sono sciocchi.
========================================================
E poi ci vengono a dire che certo modo di pensare è all'avanguardia quando invece è stantìo..... il che è peggio...

Saluti, Luca.
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda MatMarazzi » dom 15 ago 2010, 20:35

VGobbi ha scritto:In virtu' di quanto hai postato, specificamente a quel duetto cosi' ben descritto, quale Doge ed Amelia ritieni davvero credibili?


Be' Vit... proprio così come vorrei io, non ne ho sentiti.
Però alcuni ci si avvicinano molto.
So di farti piacere :) ma l'edizione di Salisburgo dal vivo del 1961 (con Gavazzeni, la Gencer e Gobbi) ci si avvicina moltissimo.
Dal punto di vista di Amelia, poi devo dire che la Varnay del 1950 con Stiedry è molto vicina all'Amelia piratesca e infiammata che auspico. Peccato che Warren pontifichi il suo solito (ma a "figlia a tal nome" diventa un Dio in terra).

Aggiungo (ma ora non ho il tempo di postarlo) che c'è un video del Gala di Domingo al Met in cui lui e la Gheorghiou cantano proprio questa scena.
Lui è come al solito ingessato e prevedibile (ma meno che alla Scala) in compenso la Gheorghiou è strepitosa!
E' dura, aggressiva, sprezzante, agitata... insomma perfetta.
Sarà pure una cantante odiosa, ma il disturbo di leggere i libretti e ragionarsi sopra se lo prende...

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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Tucidide » lun 16 ago 2010, 1:12

MatMarazzi ha scritto:[la Gheorghiou è strepitosa!
E' dura, aggressiva, sprezzante, agitata... insomma perfetta.
Sarà pure una cantante odiosa, ma il disturbo di leggere i libretti e ragionarsi sopra se lo prende...

Consentimi una battuta, Mat, prima di andare a nanna appena tornato dal Sigismondo di Pesaro - prometto però di tornare su questo argomento, previa rilettura del tuo post.
La Gheorghiu non fa certo fatica ad essere "dura, aggressiva, sprezzante, agitata"... :D Praticamente è sé stessa. :wink:
Se fosse una simpaticona burrosa farebbe molta più fatica, no? : Chessygrin :
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda MatMarazzi » lun 16 ago 2010, 1:13

Tucidide ha scritto:Praticamente è sé stessa. :wink:


Confermo! :)
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda pbagnoli » lun 16 ago 2010, 14:53

Splendida analisi davvero, Matteo. Io stesso - che non amo particolarmente il Simone - mi ero fatto irretire da questa visione burrosa di Amelia. Adesso capisco perché mi ossessionavi così tanto la Varnay! :D
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Tucidide » mer 18 ago 2010, 0:18

Ho riletto il post d'apertura, e devo dire che l'analisi è davvero profonda. Anche in questo caso, però, come per la Gheorghiu si può dire che sia interpretativamente convincente perché è sé stessa, così si può dire che Abbado e Strehler, più che instradare la Freni in quel modo, le abbiano lasciato le briglie sciolte sul collo... E la Freni fa il SUO personaggio, quello che lei sapeva fare. Non vedo in questo nulla di particolarmente scandaloso. Forse, dico forse, ad Abbado e Strehler nemmeno importava che l'Amelia in questione modificasse la propria visione del personaggio. In ogni caso, se tale realizzazione non andava bene, si sarebbe dovuto non già intervenire sulla Freni, ma semplicemente non scritturarla, ché ritengo che la Mirella nazionale mai e poi mai avrebbe potuto, o voluto, realizzare un personaggio come auspicato da Mat.

A proposito di questo duetto, bellissimo, che mi dite di questo Hvorostovsky? Al di là del contesto concertistico, celebrativo ed edonistico, mi sembra che si immedesimi bene nel personaggio. Le prime frasi sono altere e superbe, e quella frase chiave, che Mat nota "e denno a te della clemenza il dono" è detta con una faccia da schiaffi, con un sorrisino sardonico sottilmente sinistro. Anche la copiosa sudorazione contribuisce a dare l'idea di una crescente inquietudine. : Chessygrin :
L'Amelia di turno, invece... ehm... :mrgreen: fa un po' quello che fanno le altre (forse persino di più...).

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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Triboulet » mer 18 ago 2010, 12:42

Bellissima l'analisi (sulla quale non saprei davvero cosa aggiungere) e soprattutto la grande lezione che c'è dietro.
Io penso una cosa, la musica strumentale rispetto all'opera ha molte più libertà e molte più restrizioni.
Purtroppo o per fortuna un testo scritto a parole è difficilmente equivocabile, le parole hanno quel significato, basta leggere e riflettere. La trama, come si muovono e cosa dicono i personaggi per me deve necessariamente rappresentare un punto di partenza, giacchè l'opera è teatro in musica, e non musica articolata su parole casuali. Questa è una bella imbrigliatura. La musica strumentale non ce l'ha, la storia (a parte qualche pezzo "a programma") la racconta l'interprete a seconda di ciò che vede e che percepisce alla lettura delle "cacchette tra i righi"; da questo punto di vista è lecito prendersi molte più licenze. Del resto i compositori tutti sono stati unanimi nel dire che il sistema di notazione musicale è FORTUNATAMENTE insufficiente nella trascrizione di un messaggio chiaro ed inequivocabile. E' nelle crepe dell'incerto che si annida l'interpretazione.
Dal canto suo però l'opera ha un gran vantaggio, si serve -oltre che dell'orchestra- dei cantanti. La voce è lo strumento più versatile che esista, in fatto di timbri, di colori, di diverse emissioni, di accenti, di articolazione della parola e sua associazione al suono ecc.
Tant'è che gli strumentisti si rifanno spesso al canto per trovare, ad esempio, la dimensione corretta di una linea melodica.
Un pianista può agire su agogica e dinamica, alpiù - ma in maniera indiretta - sul timbro. Un cantante può fare molto di più. Una volta inquadrato quindi il carattere del personaggio, cosa dice e come si muove, il cantante ha - in relazione alle sue capacità, allo strumento che possiede e alla sua intelligenza - infinite possibilità per arrivare a quell'obiettivo. E' il confronto di queste possibilità che rende interessante le varie interpretazioni. E' il vedere come e quanto ci arriva che è esaltate.

Eppure nel tempo l'arte del teatro in musica è diventata sempre più (o chissà lo è sempre stata) l'arte del "canto in costume". E quindi sacrificare una bella nota per la resa drammaturgica è diventato un peccato mortale, mentre sacrificare la lettura del personaggio in favore di una bella emissione ci fa dire "pazienza, però accidenti come canta!". E' un po' il discorso che facevo parlando di Karajan (ma sia chiaro che non voglio riaprire la querelle :D), è un po' il discorso che si fa parlando della Freni, è un po' il motivo per cui la Freni e Karajan andavano così a nozze. Rappresentavano un ideale di bellezza applicabile a qualsivoglia contesto (qualcuno dirà che non è così, ma io la penso così :D). La Freni, come giustamente ha detto Tuc, FA IL SUO personaggio, non FA SUO IL personaggio, che è ben diverso. E sono pure daccordo che la Gheorghiu non abbia questa suprema intelligenza, faccia solo quel che le viene bene, in alcuni personaggi l'accostamento al suo carattere è quindi fortuitamente fortunato. Anche nella Callas ci sono degli stereotipi, dei vezzi, come in tutti gli interpreti, eppure c'è quest'approccio ADESIVO ai personaggi, che spesso la costringeva a veri e propri snaturamenti vocali (che l'hanno condannata a declino precoce). La Scotto era ancora più "vezzosa", diciamo così, eppure anche in lei c'è stata questa ricerca. Ricerche che non sempre riescono, beninteso (anche i grandi passano per interpretazioni deludenti) ma è una questione di approccio. Sono gli interpreti che, personalmente, mi stimolano di più.
Qualcuno obietterà "hai sempre in bocca il nome di Gould, e lui era uno di quelli che imponeva incondizionatamente la sua visione ai pezzi", è vero ma al tempo stesso falsissimo. Gould partiva da verità incontrovertibili (l'equivalente del libretto nell'opera) e su quelle si prendeva tutte le libertà che poteva. Quando suonava Bach sapeva bene che era il suono del cembalo l'ideale da inseguire, oltre che un certo rigore, una asciuttezza che paradossalmente definirei filologica, mentre quando suonava Brahms o Scriabin o Berg lo faceva in modo assai diverso, sia tecnicamente che "idealmente", sia pure con i punti fermi che ne caratterizzavano il pianismo.
Qualcuno dice che si divertì a sfigurare i brani che non gli piacevano, era troppo intelligente per perdere tempo in queste sciocchezze, quando incideva qualcosa era perchè aveva qualcosa da dire ("se non hai da dire niente di nuovo inutile incidere, ci sono già 5 Concerti Imperatore validissimi sul mercato"), viceversa quando sentiva la musica da sè troppo distante evitava (il suo repertorio era abbastanza limitato).
E allora, è più "snaturante" l'Amelia della Freni, così attenta al pentagramma, così corretta nel riprodurre "quello che Verdi ha scritto" ma assolutamente incurante nell'imporre le sue caratteristiche a tutti i personaggi, o la sgangherata Violetta della Stratas, che nella sua inadeguatezza di mezzi riesce a preoccuparsi anche di quello che ha scritto Piave? (e aggiungo di quello che non hanno scritto nè Verdi nè Piave!). Fate vobis...
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda MatMarazzi » mer 18 ago 2010, 14:42

Tucidide ha scritto:Anche in questo caso, però, come per la Gheorghiu si può dire che sia interpretativamente convincente perché è sé stessa,


Be' Tuc, aspetta... non esageriamo.
La Gheorghiou non si limita a essere se stessa: non basta mai questo a evocare un personaggio.
Avrebbe potuto lasciar colare il miele come fa in tante occasioni. Avrebbe potuto imitare (come in Violetta e Bohème) tutte le pose false e stereotipate ereditate dalla tradizione.
Avrebbe potuto fare (come in Faust e Juliette) la dolciastra ipocrita come in quasi tutti i suoi personaggi.
Ma qui la sua espressione è dura, tagliente, il suo canto altero, reattivo, sdegnoso.
Questo non è un andare a braccio sulla sua personalità: questo è costruire qualcosa.
E dirò di più, qualcosa di originale, considerato che nessuna Amelia fa così.
(e a proposito... mamma mia la Fleming!!!! :shock: :shock: :shock: :shock: Film dell'orrore allo stato puro) :(

Visto che ne abbiamo tanto parlato, ecco il video fortunoso a cui facevo riferimento.


Non si vede molto (anche perché l'... operatore ha un'insana passione per Domingo e inquadra sempre solo lui, anche quando si gratta).
In tutti i casi il canto della signora trasuda tensione, sospetto, durezza. Quando finalmente la inquadrano: "Amo uno spirto angelico che ardente mi riama!"
si apprezza nel suo volto una dimensione interpretativa aspra e aggressiva che ti stordisce!
Non basta dire "ma lei è così"... No, lei ha anche letto il libretto e ne ha tratto una lettura convincente.
Ed è quello che grosso modo bisognerebbe chiedere a tutti gli interpreti: almeno leggere quello che le parole dicono, ragionare sulla coerenza del personaggio.

Ecco perchè non posso condividere la tua generosa difesa della Freni.

così si può dire che Abbado e Strehler, più che instradare la Freni in quel modo, le abbiano lasciato le briglie sciolte sul collo... E la Freni fa il SUO personaggio, quello che lei sapeva fare. Non vedo in questo nulla di particolarmente scandaloso. Forse, dico forse, ad Abbado e Strehler nemmeno importava che l'Amelia in questione modificasse la propria visione del personaggio. In ogni caso, se tale realizzazione non andava bene, si sarebbe dovuto non già intervenire sulla Freni, ma semplicemente non scritturarla, ché ritengo che la Mirella nazionale mai e poi mai avrebbe potuto, o voluto, realizzare un personaggio come auspicato da Mat.


Qui non è in gioco la liceità di una lettura rispetto a un'altra.
Qui è in gioco la comprensione stessa del testo: e questo non è un optional... perché la Freni è fatta così.
Del testo mi può dare tutte le interpretazioni che vuole: l'importante è che dimostri almeno di averlo capito, di aver colto i significati dei concetti e non ripeterlo a pappagallo (magari aggiungendo un espressioncina più poetica alle parole "mi benedisse", perché è noto che le benedizioni alle bambine sono sempre più poetiche del resto).
Se la Freni ha un carattere più dolce e remissivo della Gheorghiu (peraltro cosa a cui non credo: la Freni è una furbastra, con vocazioni primadonnesche e furbizie perfettamente degne della Gheorghiu), che mi renda credibile questo aspetto.
Ma non si giustifica un'interpretazione sciatta e superficiale dicendo "io sono così".

Per quanto riguarda le osservazioni di Triboulet, vorrei aggiungere che per me il testo letterario è esattamente uguale al testo musicale.
Sono entrambi codici scritti che devono essere transcodificati in qualcosa d'altro (suoni, ok, ma anche espressioni, immagini, intenzioni); per questo è vero che entrambi sono un vincolo per l'interprete, un vincolo però che lascia un larghissimo margine di discrezione.
Tu dici che lo strumentista svolge la sua interpretazione negli spazi lasciati aperti dalla notazione.
Be', Triboulet, lo stesso fa l'attore con le parole del dramma che deve recitare: Stanislavskij lo dimostrò in modo eclatante, con l'esempio dei mille modi diversi (e altrettanti significati) in cui si potevano pronunciare due semplici parole scritte.

Ci tengo a specificare che non era mia intenzione porre la mia lettura di questo duetto come una cosa vincolante: Amelia va fatta così e punto.
Non è proprio il mio modo di vedere.
Anche qui possono emergere letture diverse, intenzioni uniche e particolari... l'interprete può aggiungervi chiavi di lettura a cui non avremmo mai pensato.
L'importante è che quel che ne esce non sia privo di senso e contraddittorio rispetto al testo.

Una grande interpretazione (sia del musicista, sia dell'attore, sia dell'attore musicale) è sempre una sintesi fra il proprio mondo interiore e la base "oggettiva" del testo scritto da cui parte.
Questo gli lascia grande autonomia, ma non lo autorizza a prescindere da un'attenta analisi del testo.
Per prima cosa si deve CAPIRE COSA C'E' SCRITTO, ragionarci, dominarlo. Poi puoi (anzi devi) sviluppare le tue ipotesi e le tue soluzioni.

La libertà rispetto al testo (e questo vale anche per Gould) deriva dal dominio del testo: non si è "liberi" se prima non si è "padroni".
Il meno che si possa dire della Freni, a giudicare da questo brano, è che se le avessimo chiesto di raccontarci la trama del Boccanegra, probabilmente sarebbe stata in difficoltà! :)

Salutoni
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Triboulet » mer 18 ago 2010, 15:31

Che il testo scritto non sia strettamente univoco è certo, altrimenti gli attori di teatro sarebbero fregati! :D
C'è diversità anche lì... però lo svolgimento di una storia, certe frasi inoppugnabili ti "obbligano" in qualche modo verso una direzione, che può poi avere il suo sottotesto, ma che in quel punto deve puntare.
Continuo a pensare che il testo musicale sia più "impreciso" del testo verbale, ci sono molte più variabili in gioco, molti più elementi aleatori (anzi l'unica cosa davvero certa e assoluta è la sequenza di note da intonare, che non ha certo un significato intrinseco).
"Muori dannato muori!" lo posso dire in mille modi (sottovoce, urlando, con o senza pause, ecc.), e sottendere mille significati, ma deve essere chiaro che sto uccidendo una persona!
Nella musica (a patto che non ci siano dei riferimenti espliciti del compositore) non trovo queste coordinate così chiare.
Secondo me, ma è un mio parere personale, una lettura operistica non potrà mai funzionare come deve se non tiene conto di quel che sta accadendo sulla scena, si rischia di creare una frattura enorme tra il senso esplicito di certe parole e l'interpretazione (immagina per assurdo Rigoletto che canta Cortigiani vil razza dannata con un lento e piacevole incedere romantico).
Immagina ora solo la base orchestrale di Cortigiani, e immagina di non sapere che si tratti di una invettiva.
Potresti ricevere molte immagini da quella musica, e in base a queste elaborare interpretazioni profondamente diverse. Crei forse qualche nonsense assoluto? al massimo crei una frattura con la tradizione, ovvero con l’ultimo sbiadito ricordo dell’ultima cattiva esecuzione, come diceva il buon Furtwangler.
Quindi non sono daccordo sul fatto che testo letterario e testo musicale siano uguali Mat. Mi dispiace aver interpretato male il tuo pensiero, diciamo che così ho avuto la possibilità di esprimere il mio :D
Però non è detto che le parole non lascino spiragli! O che esista un solo modo di costruire il personaggio... non lo penso neanche io!
Prendi Carmen, è un personaggio estremamente complesso, molte facce con cui avere a che fare. Per non citare sempre la Callas (se no divento come stecca : Chessygrin : ) la Ewing e la von Otter disegnano due Carmen differenti, puntano il faro con una angolazione diversa cercando di mettere anche a frutto le loro potenzialità, eppure non si può dire che siano artiste che non tengono conto del testo!
Quindi ora tu non fraintendere me :D
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Luca » mer 18 ago 2010, 19:16

Molto interessante l'ultimo intervento di Triboulet: è vero che una frase può essere eseguita in molti modi (sbracata, oppure, al contempo, contegnosa e furente), tuttavia credo che alcune coordinate dei vari personaggi operistici vanno sempre salvaguardate.
Triboulet mi parla di Carmen citando tre artiste che l'hanno affrontata con risultati diversi (e questo al di là del gradimento personale). Mi voglio riferire parlando della sigaraia sivigliana alla nota sensuale e provocante che convive accanto a quella di una libertà direi sartriana: in sostanza, ci fa capire Carmen, ogni esperienza amorosa nuova è una pagina di vita. Però questa nota è recepibile nella Callas, ad esempio? Per me no e non la ritengo storica perché manca un tassello del mosaico.

Faccio ora un altro esempio più eclatante e sconvolgente: per anni ed anni, la Nilsson è stata la Turandot per antonomasia. Il suo canto lo conosciamo tutti: robusto, aggressivo, possente, squillante, ecc. Però ne emergeva solo un lato, quello della perrentorietà e della cattiveria, mentre a nessuno degli ascolatori veniva in mente il motivo di tanta sanguinarietà, ossia quella debolezza intrinseca, quella difficoltà di rapporto con il mondo intero che ci ha presentato J. Sutherland, la quale non sbaglia un colpo nel suo registro acuto, ma ci fa capire il motivo perché Puccini ha collocato quelle note in quel determinato punto della partitura. Alla Nilsson contrappongo un'altra artista che ha camminato in senso inverso: M. Caballé. Grande, anzi grandissima Liù (a giudicare dall'edizione Mhta e dal live di Buenos Aires di circa 10 anni prima con la Nilsson), si è cimentata più volte anche con l'algida principessa. Ma dov'era la perentorità in acuto, la regalità ecc., ossia quelle cose che abbiamo apprezzato nella Nilsson e, magari, anche in quanche sua precedente o coeva collega? Mi vengono in mente la Grob-Prandl, la Borkh....
E' stato detto 'liriczzazione della parte', ma pur vedendo Turandot-Liù come una polarità indissociabile (due voli di un'unica donna, all'incirca come Elsa-Ortrud), ognuna di esse ha caratteri che non possono essere re-inventati, o sottaciuti, o, peggio ancora, ignorati dall'esecutore. Tanto più poi che l'autore richiede determinate note in determinati momenti a sottolineare la situazione e/o il carattere del personaggio. E questo vale per ogni personaggio.

Spero di essermi spiegato.
Saluti, Luca.
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Re: La figlia dei pirati

Messaggioda Maugham » gio 19 ago 2010, 8:15

Triboulet ha scritto:E allora, è più "snaturante" l'Amelia della Freni, così attenta al pentagramma, così corretta nel riprodurre "quello che Verdi ha scritto" ma assolutamente incurante nell'imporre le sue caratteristiche a tutti i personaggi, o la sgangherata Violetta della Stratas, che nella sua inadeguatezza di mezzi riesce a preoccuparsi anche di quello che ha scritto Piave? (e aggiungo di quello che non hanno scritto nè Verdi nè Piave!). Fate vobis...


Secondo me è' una questione di lana caprina.
Se la Stratas riesce a trasmettere (ammesso che sia vero-non conosco bene la sua Violetta) tutto quello che c'è scritto in partitura e anche quello che non c'è scritto non potrà mai essere "inadeguata nei mezzi" e la sua Violetta sarà tutto fuorchè "sgangherata". :)
Viceversa se la Freni non riuscirà a trasmette nulla (sempre ammesso che sia vero, seguo il tuo esempio) quella con i "mezzi inadeguati" sarà lei.
Di conseguenza ad essere "sgangherata" sarà la sua Amelia.
Non trovi?
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Re: La figlia dei pirati (Astrid Varnay pisana)

Messaggioda melomane » ven 11 mar 2011, 13:47

Ciao Matteo e tutti,

torno dopo tempo su questo post,
il grande vantaggio della permanenza delle discussioni online è la capacità di costruire in modo indipendente dal tempo e dalla presenza.

Ho vissuto parte dell'adolescenza e la prima giovinezza a Pisa, esulto al sentire nell'interpretazione di Adtrid Varnay l'incarnazione della giovane pisana determinata, consapevole, fluente nel linguaggio e volta al ragionamento senza condizionamenti.
E il trascolorare da ragazzina a donna matura, con persino gli accenti 'pissani con du' esse'.

Forse inconsapevole l'artista svedese non sfoggia qui i pregi vocali per cui è nota, ma è un contributo di grandissima credibilità.
And yet fair Psyche ne'er shall die, but shall be crown'd with immortality
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