Tucidide ha scritto:Al ROF, in passato, i ruoli Colbran sono stati cantati tra le altre da Katia Ricciarelli, Lella Cuberli, Cecilia Gadia, June Anderson, Montserrat Caballé, Renée Fleming, Mariella Devia, Iano Tamar e Darina Takova.
Non ho ascoltato dal vivo la Ricciarelli in un ruolo Colbran... almeno mi sembra. Ultimamente sto perdendo colpi in quanto a memoria: me la ricordo (dal vivo) solo in un'Anna Bolena.
Però ricordo di aver sentito un concerto a Ferrara in cui lei (accompagnata dal pianoforte) cantò la prima aria di Elisabetta I, forse la stava preparando, non so...
Il declino era avanzato però... sapete cosa vi dico? In questi ruoli la Kationa ci sapeva fare.
Aveva a suo modo un certo virtuosismo, una certa perentorietà d'accento, un modo di fare da divastra e un registro centrale (quello più sollecitato) molto seduttivo.
Inoltre, pur non sapendo assolutamente recitare, in scena era convincente.
Detto questo non la nominerei come una grande interprete-Colbran... Però non è stata nemmeno la peggiore: mi spiace dire, ad esempio che la Devia è infinitamente meno convincente (l'ho sentita solo nella Donna del Lago e mi è bastato).
Ma anche la Gruberova è, a mio parere, semplicemente penosa in queste parti: la sua Semiramide mi fa un po' scappar da ridere.
La Cuberli c'entrava con queste parti come i cavoli a merenda.
Non ne aveva nè la voce, nè la personalità, nè la tecnica.
Però era intelligente, sottile, musicale; alla fine ti persuadeva lo stesso.
Io l'ho sentita dal vivo nel Bianca e Faliero con la Dupuy. Ma anche le incisioni di Ermione o Semiramide convincono.
Quanto alla Donna del Lago, be' la Cuberli ne faceva qualcosa di davvero suggestivo.
La Anderson è stata per me una strepitosa interprete Colbran.
C'era qualcosa di duro e stridente nel suo registro centrale, che creava un suggestivo contrasto con il sopracuto fendente, luminoso e spettacolare. In scena appariva quasi castigata, altera, dai gesti stereotipati: eppure ci stava benissimo.
Dava una sensazione di compassatezza severa, come se non fosse felice di essere lì, come animata solo da un incrollabile senso del dovere.
Anche il fraseggio dava spesso questa idea, molle e trascinato; però poi prevaleva una sensazione di forza, anche un po' ottusa e testarda e procedeva per la sua strada come un cingolato, senza volgersi indietro.
Alla fine con lei "i conti non tornavano" mai. L'idea è che il suo potenziale (enorme, e questo tutti lo vedevano) fosse destinato a non esplodere.
Be, secondo me è proprio questo che la rendeva speciale nei ruoli Colbran: questo senso di incompiuto, di meccanico, di sinistramente indefinito, di ..."troppo facile per convincere" a dare alle sue eroine Colbran lo spessore di personaggi teatralmente inquietanti, scolpiti con l'accetta, maestosi e primordiali.
L'ho sentita dal vivo nella Semiramide e nella Donna del Lago. Avrei disperatamente voluto sentirla nell'Armida di Aix e in quell'Elisabetta che non ha mai fatto... Ci spero ancora.
La Caballé: sentita solo in un'Ermione (a Pesaro) che grida vendetta.
Anche gli ascolti discografici o video di Semiramide e Donna del Lago mi risultano insignificanti.
Solo la sua Elisabetta ha diverse freccie al proprio arco, ma non mi manda in estasi lo stesso.
Sulla Fleming posso solo dire che in Armida (sentita alla radio) mi era molto piaciuta. Sarebbe ora che si riavvicinasse a questo splendido ruolo...
Non ho mai sentito la Tamar dal vivo in un ruolo colbran (solo nella Juive). Direi che non mi fa perdere la testa.
Mentre sulla Takova (subita in Semiramide) posso dire che il tipo di canto falso e "finto-aulico" (con toni da maliarda che oggi vanno di moda) che non riesco a sopportare.
Anche la Ganassi mi è risultata insoffribile nell'Elisabetta: col suo canto tutto velluti e femminilità "anni '50" (straordinariamente efficace in Seymour e Adalgisa) mi pareva la regina delle dattilografe.
Fra le voci attuali, quali sono secondo voi quelle che potrebbero avanzare le credenziali più rispettabili per affrontare e risolvere questi ruoli?
C'è da chiederlo?
Io voto senza pensarci per la Antonacci, che della Colbran sembra addirittura una reincarnazione (durezze in acuto comprese).
Il suo livello di partecipazione psicologica e persino culturale a questa musica, a questa prosodia è una di quelle cose che ti persuadono che ogni opera è viva solo quando trova il suo "medium".
La ricordo nell'Ermione, nel Mosè, nella Donna del Lago; ricordo persino un concerto con Gardiner in cui lei cantava un "D'amore al dolce impero" di un livello che credo non sentirò mai più.
Una sua Elisabetta d'Inghilterra sarebbe uno dei must del nostro tempo, secondo me.
salutoni,
Mat