sono io dinanzi al re......
Inviato: lun 20 lug 2015, 11:23
Personaggio che sta poco in scena ma che riveste una importanza fondamentale, il Grande Inquisitore con banale semplificazione rappresenta il potere dell'altare.
Titolare di un duetto/scontro epico con il potere del trono, vocalmente può essere interpretato in diversi modi: una grande sfida tra cannoni vocali, una sottile affermazione di potere, un duello in punta di sciabola o una guerra senza esclusione di colpi.
Provate curiosamente ad analizzare il duetto leggendo solo le frasi del Grande Inquisitore, senza le rischieste/risposte di Filippo.
L'effetto è ancora più impressionante.......
- Qual mezzo per punir scegli tu?
- Noto mi sia!
- Ebben?
- La pace dell’impero il dì val d’un ribelle.
- Per riscattarci Iddio il suo sacrificò
- Ovunque avrà vigor, se sul Calvario l’ebbe
- Tutto tacer dovrà per esaltar la fe’.
.........
- La Chiesa all’uom che spera, a chi si pente, puote offrir la venia intera a te chiedo il signor di Posa.
- O Re, se non foss’io con te nel regio ostel oggi stesso, lo giuro a Dio, doman saresti presso il Grande Inquisitor al tribunal supremo.
......
- Dato ho finor due Regi al regno tuo possente! L’opra di tanti di tu vuoi strugger, demente... Perchè mi trovo qui? Che vuole il Re da me?
Personalmente ho sempre creduto - forse illudendomi - che grandi direttori abbiano affidato le parti del Grande Inquisitore ad una voce diversa da quella di Filippo II in base al proprio sentimento religioso.
Lo so, forse è una illusione ma mi piace credere così e ci sono abbondanti testimonianze.
Si comincia con due tra i più celebri protagonisti di questo duetto: Boris Christoff & Giulio Neri.
Siamo nel 1954 e Santini - e i due bassi ancora meno - non si preoccupa di dare ad uno dei due personaggi la predominanza.
E' una lotta tra due poteri estremi e il cannoneggiamento vocale è impressionante. Sicuramente un documento datato, ma almeno il primo ascolto lascia davvero "shocked"
Nel 1958 Karajan presenta una prima "bozza" di quello che sarà in seguito il suo Don Carlo, affidando il ruolo di Filippo ad uno stratosferico Cesare Siepi contrapposto al più anonimo Marco Stefanoni
Nel 1965 Georg Solti - come sua tradizione, molto esteriore ed enfatico - propone una versione "moderna" della celebra coppia Christoff/Neri, Nicolai Ghiaurov vs. Martti Talvela
Due giganti di impressionante statura, due poteri che lottano, due grandi voci politiche che si stagliano l'una contro l'altra!
La fede che ha sempre accompagnato Carlo Maria Giulini anche nel corso della sua splendida carriera conduce nel 1970 ad una netta superiorità dell'altare sul trono. La coppia Raimondi/Foiani (che grande voce poco considerata il basso pavese) vede una netta predominanza del Grande Inquisitore
La vera rivoluzione tocca - come spesso accade - a Karajan. Siamo nel 1978 nella versione in studio EMI. Il ribaltamento dei ruoli è mesmerizzante. La coppia è Ghiaurov vs. Raimondi. Il basso bulgaro è un monolite pieno di sofferenze, di dubbi, di potere che vacilla. Il basso bolognese è insinuante, a tratti persino mellifluo, sussurra, non deve urlare per far valere il suo potere. Lo schianto sulla frase "perchè evocare allor l'ombra di Samuel" - inserito in questa interpretazione - assume un significato ancora più inquietante e onnipotente. Il sussurro finale sulla parola "forse", alla richiesta di Filippo di obliare quanto è passato, assume un gelo da incubo. E Filippo ne è irrimediabilmente colpito.
Claudio Abbado nella versione francese in CD ribalta i ruoli con gli stessi cantanti, ma il risultato non mi sembra dei più convincenti.
James Levine è forse quello che si avvicina maggiormente a Karajan con la coppia Furlanetto vs. Ramey
Improvvisamente poi il ruolo del Grande Inquisitore (non so se per mancanza di coraggio o per mancanza di materiale vocale) è stato affidato a vocioni slavi o nordici totalmente inespressivi, che entrano in scena, "scaricano" il loro tonnellaggio vocale e risolvono un ruolo geniale, inquietante, pauroso con troppo disinvoltura. Non saprei altrimenti come definire i vari Burchuladze, Anisimov, Halfvarson.
Poteva essere interessante l'esperimento di Kotscherga, ma Gatti non trovò mai la giusta chiave di lettura nel duetto.
Che ne pensate?
Ovviamente queste sono tutte mie opinioni - e quindi in quanto tali confutabilissime - ma mi è ancora impossibile riuscire a parlare secondo opinioni altrui
Titolare di un duetto/scontro epico con il potere del trono, vocalmente può essere interpretato in diversi modi: una grande sfida tra cannoni vocali, una sottile affermazione di potere, un duello in punta di sciabola o una guerra senza esclusione di colpi.
Provate curiosamente ad analizzare il duetto leggendo solo le frasi del Grande Inquisitore, senza le rischieste/risposte di Filippo.
L'effetto è ancora più impressionante.......
- Qual mezzo per punir scegli tu?
- Noto mi sia!
- Ebben?
- La pace dell’impero il dì val d’un ribelle.
- Per riscattarci Iddio il suo sacrificò
- Ovunque avrà vigor, se sul Calvario l’ebbe
- Tutto tacer dovrà per esaltar la fe’.
.........
- La Chiesa all’uom che spera, a chi si pente, puote offrir la venia intera a te chiedo il signor di Posa.
- O Re, se non foss’io con te nel regio ostel oggi stesso, lo giuro a Dio, doman saresti presso il Grande Inquisitor al tribunal supremo.
......
- Dato ho finor due Regi al regno tuo possente! L’opra di tanti di tu vuoi strugger, demente... Perchè mi trovo qui? Che vuole il Re da me?
Personalmente ho sempre creduto - forse illudendomi - che grandi direttori abbiano affidato le parti del Grande Inquisitore ad una voce diversa da quella di Filippo II in base al proprio sentimento religioso.
Lo so, forse è una illusione ma mi piace credere così e ci sono abbondanti testimonianze.
Si comincia con due tra i più celebri protagonisti di questo duetto: Boris Christoff & Giulio Neri.
Siamo nel 1954 e Santini - e i due bassi ancora meno - non si preoccupa di dare ad uno dei due personaggi la predominanza.
E' una lotta tra due poteri estremi e il cannoneggiamento vocale è impressionante. Sicuramente un documento datato, ma almeno il primo ascolto lascia davvero "shocked"
Nel 1958 Karajan presenta una prima "bozza" di quello che sarà in seguito il suo Don Carlo, affidando il ruolo di Filippo ad uno stratosferico Cesare Siepi contrapposto al più anonimo Marco Stefanoni
Nel 1965 Georg Solti - come sua tradizione, molto esteriore ed enfatico - propone una versione "moderna" della celebra coppia Christoff/Neri, Nicolai Ghiaurov vs. Martti Talvela
Due giganti di impressionante statura, due poteri che lottano, due grandi voci politiche che si stagliano l'una contro l'altra!
La fede che ha sempre accompagnato Carlo Maria Giulini anche nel corso della sua splendida carriera conduce nel 1970 ad una netta superiorità dell'altare sul trono. La coppia Raimondi/Foiani (che grande voce poco considerata il basso pavese) vede una netta predominanza del Grande Inquisitore
La vera rivoluzione tocca - come spesso accade - a Karajan. Siamo nel 1978 nella versione in studio EMI. Il ribaltamento dei ruoli è mesmerizzante. La coppia è Ghiaurov vs. Raimondi. Il basso bulgaro è un monolite pieno di sofferenze, di dubbi, di potere che vacilla. Il basso bolognese è insinuante, a tratti persino mellifluo, sussurra, non deve urlare per far valere il suo potere. Lo schianto sulla frase "perchè evocare allor l'ombra di Samuel" - inserito in questa interpretazione - assume un significato ancora più inquietante e onnipotente. Il sussurro finale sulla parola "forse", alla richiesta di Filippo di obliare quanto è passato, assume un gelo da incubo. E Filippo ne è irrimediabilmente colpito.
Claudio Abbado nella versione francese in CD ribalta i ruoli con gli stessi cantanti, ma il risultato non mi sembra dei più convincenti.
James Levine è forse quello che si avvicina maggiormente a Karajan con la coppia Furlanetto vs. Ramey
Improvvisamente poi il ruolo del Grande Inquisitore (non so se per mancanza di coraggio o per mancanza di materiale vocale) è stato affidato a vocioni slavi o nordici totalmente inespressivi, che entrano in scena, "scaricano" il loro tonnellaggio vocale e risolvono un ruolo geniale, inquietante, pauroso con troppo disinvoltura. Non saprei altrimenti come definire i vari Burchuladze, Anisimov, Halfvarson.
Poteva essere interessante l'esperimento di Kotscherga, ma Gatti non trovò mai la giusta chiave di lettura nel duetto.
Che ne pensate?
Ovviamente queste sono tutte mie opinioni - e quindi in quanto tali confutabilissime - ma mi è ancora impossibile riuscire a parlare secondo opinioni altrui