Max 2000
Inviato: sab 26 mar 2011, 12:30
In attesa di vedere il Franco Cacciatore di Gardiner a Parigi, vorrei sottoporvi un riassunto dei Max di questi ultimi dieci anni.
Bisogna premettere che a farla da padrone, relativamente a quest'opera, sono i teatri e teatrini (talvolta teatroni) tedeschi.
Nel resto del mondo l'opera è eseguita più o meno regolarmente, ma in Germania è un'autentica ossessione.
Basta contare le produzioni in Germania e dal 2002 a oggi e confrontarle con le 10-12 in tutto che si sono fatte nel resto del mondo.
Eccoli, i Franchi Cacciatori allestiti negli ultimi 10 anni in Germania:
Aachen (2003)
Baden Baden (2009)
Berlino, Komische (2002 / 2004 / 2005 / 2006 / 2007 / 2008 / 2009)
Berlino, SUL (2006 / 2007
Berlin, deutsche Oper (2007 / 2008 / 2009)
Bremerhaven (2004)
Chemnitz (2003 / 2005)
Cottubs (2008 / 2009)
darmstatd (2003)
dortmund (2009)
dresda (2004 / 2006 / 2009)
Essen (2002)
Freiburg (2009)
Gärtnerplatz (2010)
Graz (2008)
Hamburgo (2002 / 2005 / 2007 / 2009 / 2010)
Heidelberg (2004)
Koeln (2008)
Lipsia (2004)
Meiningen (2006 / 2008 / 2010)
Monaco (2003 / 2005 / 2008
Norimberga (2007 / 2008)
Rostock (2006 / 2008)
Stuttgart (2008 / 2009 / 2011)
Wiesbaden (2008 / 2010)
Würzburg (2007)
Voi non la chiamate ossessione?
Si, ok... possiamo dirci "che bello! i tedeschi amano la loro opera nazionale! che meraviglia, ecc... L'avessimo noi un paese che allestisce migliaia di Franchi Cacciatori ecc..."
E tuttavia questo allucinante spreco di Franchi Cacciatori in suolo germanico può contenere anche aspetti meno positivi... proprio come da noi l'ossessione dei Rigoletti e delle Tosche.
Intanto perché quando si allestisce lo stesso titolo centinaia di volte all'anno si corrono i due rischi opposti e compresenti: la routine e la necessità di distinguersi a tutti i costi con avvitamenti interpretativi sempre più deliranti (rischi entrambi in cui puntualmente cadono i tedeschi, i cui teatri sono perfetta sintesi di ossessivo immobilismo e delirio anti-tradizionalista).
Ma quel che è peggio è che l'insistenza con cui si reiterano sempre gli stessi titoli in Germania (Freischuetz, Fidelio, Wagner, Strauss) lascia pochissimo spazio ad altre avventure (proprio come da noi l'ossessione belcanto-Verdi-Puccini) e questo induce nel pubblico una qual certa rigidità e chiusura verso altri repertori e altri linguaggi interpretativa.
Un po' la stessa cosa che è successa da noi fra gli anni 70 e gli anni 90, imprigionati - come i tedeschi - nei nostri totem cellettiani.
Infine c'è da dire che i tedeschi non hanno mai fatto propria la rivoluzione operatasi negli ultimi quarant'anni nel mondo intero, in base alla quale tutto il repertorio pre-wagneriano e vocalistico è stato riscoperto e riproposto nel rispetto delle sue vere matrici stilistiche e tecniche.
Relegati nella loro routine, i tedeschi sono ancora fermi alla convinzione che i declamatori possano cantare tutto (o, peggio, non si rendono nemmeno conto di cosa sono i declamatori e cosa sono i vocalisti: li piazzano alla rinfusa in qualsiasi titolo).
Proprio questo è il problema dei loro Max (come dei loro Florestani).
Essendo Freischuetz e Fidelio opere pre-wagneriane, anzi ancora fortemente contaminate col classicismo viennese e la lezione mozartiana, di antiche ascendenze vocalistice, anche i tenori interpellati dovrebbero essere forgiati a un certo tipo di scuola tecnico-vocale.
Ma questo i tedeschi non lo capiscono.
Proprio come il nostro pubblico fa gli occhi di triglia quando gli si spiega che la Borkh sapeva cantare benissimo anche se non faceva i trilli, così i tedeschi ti guardano esterrefatti quando gli spieghi che chiamare la Michael in Medea in Corinto di Mayr (RUOLO COLBRAN!!) è un delirio!
Ma perchè, si chiedono? é una così brava attrice, con tanta personalità... ecc....
E dire che ogni tanto in Germania succede che per Max si interpelli qualche cantante di natura tecnica vocalistica.
Il tutto avviene per puro caso. Poi però, quando ce l'hanno, lo idolatrano!
Ma non riescono a capire perché risulti tanto bravo...
Così, quando questo Max vocalista (che non si sa perché funziona meglio degli altri nella parte) va in pensione, i tedeschi se ne tornano come niente fosse a rivolgersi ai loro bravi declamatori wagneriani.
L'ultimo Max tedesco di impianto simil-vocalistico è stato Peter Seiffert, il quale (appunto) si è fatto una vera e propria gloria nel personaggio.
La Germania lo ha adorato per trent'anni in questo ruolo e soprattutto lo ha esportato ovunque nel mondo.
Ancora negli anni 2000 (e ancora oggi!!!) Seiffert continua a essere chiamato ovunque e considerato "il" Max del nostro tempo.
Nonostante quei 50 anni suonati (ora 57) che dovrebbero sconsigliargli di tenere il ruolo in repertorio, il Max di Seiffert continua a impazzare.
E non solo in Germania (dove appare solo al massimo livello: Staatsoper Unter den Linden di Berlino), ma anche a Venezia (2004), al Festival di Salisburgo (2007), nella Zurigo di Pereira e prossimamente a Barcellona.
Oh, intendiamoci. Seiffert è un buon artista, ma non lascia il segno.
Non è attore vincente, non è impeccabile musicista. Non coglie le sfumature dei suoi personaggi, e tanto meno quelle di Max.
In più la voce non è più da molto tempo adatta alle giovanili disperazioni del cacciatore.
E tuttavia il suo caso doveva fungere da lezione!
Il suo esempio doveva dimostrare che il personaggio non è un Parsifal riconvertito, non è un eroe wagneriano con le bretelle e la piuma sul cappello; al contrario reclama una vocalità pre-wagneriana, protoromantica, non priva di brillantezza.
Niente da fare! da bravi tedeschi ci si spella le mani su Seiffert e poi, passato lui, tutto come prima!
E così in questi ultimi dieci anni i Tedeschi hanno passato al setaccio tutti i loro declamatori, talvolta persino quelli drammatici e baritonali: Roland Wagenführer (2003 Monaco), Robert Künzli (2004, 2005, 2008 Berlin, Komische), Albert Bonnema (2004 dresda), Pär Lindskog (2005 Amburgo), Marc Haffner (2005 Rennes), Martin Homrich (2008, 2010 Wiesbaden), Torsten Kerl (2009 dresda, 2010 Hamburg), Michael König (2009, 2010 Hamburg, 2010 Siviglia e ora interpellato anche per il famoso Filmopera)...
Non soddisfatti sono andati a invitare tutti i declamatori yenkee, i wagneranoni americani, in base all'antica convinzione teutonica che "sai cantare bene Parsifal e Siegmund, allora puoi fare bene tutto (praticamente il corrispettivo delle nostrane farneticazioni cellettofaghe, per le quali se canti come Garcia sarai perfetto interprete dal Gregoriano come delle canzoni dei Rolling Stones).
E così... ecco convocati (per la disperazione di Weber e nostra) Robert Dean Smith (2005 Monaco), John Treleaven (2002 Amburgo, con Konwitschny), Stuart Skelton (2007 Amburgo, Monaco), Christopher Ventris (2007 Berlin do) e Simon O'Neill (2010 Vienna an der Wien).
Come al solito, io non escludo che si possano ottenere anche buoni risultati pur non essendo forgiati alla tecnica esatta per cui un testo è stato scritto.
Non escludo pertanto che fra i Max declamatori ce ne possano essere anche di bravissimi.
E così è stato.
Avrete notato che fra i declamatori sopra citati (attivi in Germania) ...manca proprio quello che avrebbe potuto fare di Max un vero capolavoro.
No... Non spaventatevi. Non manca! c'è anche lui!
E' solo che non l'ha mai fatto in Germania!
Jonas Kaufmann ha lasciato sulla storia di Max un'impronta indelebile in Scozia, al festival di Edimburgo nel 2004.
Forse i tedeschi lo giudicavano troppo "pre-wagneriano" (con tutti quei pianissimi) per un ruolo simile... chissà.
Resta il fatto che in quell'unica performance di Kaufmann abbiamo trovato il Max del decennio.
Semmai c'è da chiedersi perché abbia così presto (e pare definitivamente) abbandonato il ruolo.
Io credo perché anche lui si è accorto che le radici non dico "belcantistiche" (queste scempiaggini lasciamole alle solite primule rosse) ma senz'altro vocalistiche della parte non erano ideali per la sua emissione.
E tuttavia Kaufmann non è stato l'unico declamatore recente a sapere comunque esaltare la parte.
Almeno altri tre ne hanno lasciato interpretazioni notevolissime.
Klaus Florian Vogt (2005 Brema, 2007 Monaco), Burkhard Fritz (2007 Berlin ul), Nikolai Schukoff (2008 Ginevra).
Forse perché tutti e tre pur mantenendo tecnica e sensibilità declamatoria hanno riscoperto il piacere della leggerezza e della poesia, smussando gli angoli più estremistici della loro vocalità e sviluppando recitazioni più calde e giovani.
Non saranno i Max ideali (per quello ci vogliono i vocalisti, non mi stanco di ripeterlo) ma sono comunque tra i migliori del nostro tempo
Tra i recenti Max non mancano anche alcuni specialisti mozartiani, segno dello sforzo dei tedeschi di alleggerire sonorità e poetica del personaggio.
Ma ...sempre di mozartiani tedeschi si tratta, ossia - anche loro - non formati al canto vocalistico e quindi distanti dalle nostre esigenze.
In certi casi poi sono anagraficamente troppo maturi per la parte (come se... per un misero mozartiano, Max rappresentasse un punto di arrivo, un avventuroso avvicinamento al Walhalla, quindi da osare solo nella piena maturità).
E così abbiamo avuto i modesti e maturi Max di Christoph Prégardien (2001), Herbert Lippert (2009) e Jorma Silvasti (2008).
Alla stessa categoria appartiene però un interprete eccellente (ogni tanto capita) uno dei maggiori del momento: Will Hartmann (2007 Berlin deutsche, 2008 Stuttgart) il quale ha saputo consegnare al personaggio un notevole freschezza, poesia e vigore pre-romantico.
Sulla stessa linea ma molto più audace (perché sì mozartiano, ma della diversissima famiglia britannica) è stato il caso di Steve Davislim, ultimo debutto importante nel ruolo (2009 Baden Baden), il cui Max non sarà proprio ideale ma almeno apre prospettive nuove, nonostante la pessima regia di Wilson...
Ricapitolando: gli anni 2000 sono stati, sul fronte del Franco Cacciatore, reazionari, germanofilli e immobilisti; a fronte di scarse produzioni internazionali e discografiche, la provincia tedesca ha dettato legge, forte delle sue migliaia di rappresentazioni in ogni angolo della Germania e del passatismo che le ha contraddistinte. E così Max (invece di scoprire le sue radici tecniche e stilistiche) è rimasto ancorato, proprio come Florestan, ai vecchi modelli declamatori o a quelli del mozartismo tedesco.
Se il più divulgato interprete del decennio è stato Peter Seiffert, i Max migliori sono stati sul fronte declamatorio Kaufmann (e in posizione inferiore Vogt e Schukoff), su quello mozartiano Hartmann.
E il futuro cosa ci riserva?
Anzitutto una brutta novità: l'ennesimo declamatore americano (Lance Ryan) approderà a sua volta al ruolo e - notate bene - non in Germania, bensì a Barcellona. Segno di come l'autorità tedesca possa far danni anche nel resto del mondo.
In compenso proprio dalla Germania viene una notizia straordinaria...
Fra pochi mesi, a Stoccarda, alcune recite del Franco Cacciatore saranno affidate a Ferdinand von Bothmer, tenore di vaste esperienze addirittura Rossiniane e pesaresi.
La notizia per me è doppiamente entusiasmante perché sono anni che vado dicendo che Von Bothmer, invece di insistere sui ruoli Nozzari, potrebbe essere la risposta a molti titoli del primo romanticismo tedesco (pensatelo nell'Euryante, nell'Agnese di Hohnstaufen, nel Fierrabras).
Infine siamo in attesa del giovane Andrew Kennedy che fra pochi giorni all'Opéra Comique parteciperà all'incredibile avventura del Franc Tireur diretto da Gardiner. Che le multiformi esperienze rigorosamente pre-wagneriane di questo cantante forgiatosi su Handel e Berlioz, possano rappresentare la risposta che cercavamo?
Salutoni,
mat
Bisogna premettere che a farla da padrone, relativamente a quest'opera, sono i teatri e teatrini (talvolta teatroni) tedeschi.
Nel resto del mondo l'opera è eseguita più o meno regolarmente, ma in Germania è un'autentica ossessione.
Basta contare le produzioni in Germania e dal 2002 a oggi e confrontarle con le 10-12 in tutto che si sono fatte nel resto del mondo.
Eccoli, i Franchi Cacciatori allestiti negli ultimi 10 anni in Germania:
Aachen (2003)
Baden Baden (2009)
Berlino, Komische (2002 / 2004 / 2005 / 2006 / 2007 / 2008 / 2009)
Berlino, SUL (2006 / 2007
Berlin, deutsche Oper (2007 / 2008 / 2009)
Bremerhaven (2004)
Chemnitz (2003 / 2005)
Cottubs (2008 / 2009)
darmstatd (2003)
dortmund (2009)
dresda (2004 / 2006 / 2009)
Essen (2002)
Freiburg (2009)
Gärtnerplatz (2010)
Graz (2008)
Hamburgo (2002 / 2005 / 2007 / 2009 / 2010)
Heidelberg (2004)
Koeln (2008)
Lipsia (2004)
Meiningen (2006 / 2008 / 2010)
Monaco (2003 / 2005 / 2008
Norimberga (2007 / 2008)
Rostock (2006 / 2008)
Stuttgart (2008 / 2009 / 2011)
Wiesbaden (2008 / 2010)
Würzburg (2007)
Voi non la chiamate ossessione?
Si, ok... possiamo dirci "che bello! i tedeschi amano la loro opera nazionale! che meraviglia, ecc... L'avessimo noi un paese che allestisce migliaia di Franchi Cacciatori ecc..."
E tuttavia questo allucinante spreco di Franchi Cacciatori in suolo germanico può contenere anche aspetti meno positivi... proprio come da noi l'ossessione dei Rigoletti e delle Tosche.
Intanto perché quando si allestisce lo stesso titolo centinaia di volte all'anno si corrono i due rischi opposti e compresenti: la routine e la necessità di distinguersi a tutti i costi con avvitamenti interpretativi sempre più deliranti (rischi entrambi in cui puntualmente cadono i tedeschi, i cui teatri sono perfetta sintesi di ossessivo immobilismo e delirio anti-tradizionalista).
Ma quel che è peggio è che l'insistenza con cui si reiterano sempre gli stessi titoli in Germania (Freischuetz, Fidelio, Wagner, Strauss) lascia pochissimo spazio ad altre avventure (proprio come da noi l'ossessione belcanto-Verdi-Puccini) e questo induce nel pubblico una qual certa rigidità e chiusura verso altri repertori e altri linguaggi interpretativa.
Un po' la stessa cosa che è successa da noi fra gli anni 70 e gli anni 90, imprigionati - come i tedeschi - nei nostri totem cellettiani.
Infine c'è da dire che i tedeschi non hanno mai fatto propria la rivoluzione operatasi negli ultimi quarant'anni nel mondo intero, in base alla quale tutto il repertorio pre-wagneriano e vocalistico è stato riscoperto e riproposto nel rispetto delle sue vere matrici stilistiche e tecniche.
Relegati nella loro routine, i tedeschi sono ancora fermi alla convinzione che i declamatori possano cantare tutto (o, peggio, non si rendono nemmeno conto di cosa sono i declamatori e cosa sono i vocalisti: li piazzano alla rinfusa in qualsiasi titolo).
Proprio questo è il problema dei loro Max (come dei loro Florestani).
Essendo Freischuetz e Fidelio opere pre-wagneriane, anzi ancora fortemente contaminate col classicismo viennese e la lezione mozartiana, di antiche ascendenze vocalistice, anche i tenori interpellati dovrebbero essere forgiati a un certo tipo di scuola tecnico-vocale.
Ma questo i tedeschi non lo capiscono.
Proprio come il nostro pubblico fa gli occhi di triglia quando gli si spiega che la Borkh sapeva cantare benissimo anche se non faceva i trilli, così i tedeschi ti guardano esterrefatti quando gli spieghi che chiamare la Michael in Medea in Corinto di Mayr (RUOLO COLBRAN!!) è un delirio!
Ma perchè, si chiedono? é una così brava attrice, con tanta personalità... ecc....
E dire che ogni tanto in Germania succede che per Max si interpelli qualche cantante di natura tecnica vocalistica.
Il tutto avviene per puro caso. Poi però, quando ce l'hanno, lo idolatrano!
Ma non riescono a capire perché risulti tanto bravo...
Così, quando questo Max vocalista (che non si sa perché funziona meglio degli altri nella parte) va in pensione, i tedeschi se ne tornano come niente fosse a rivolgersi ai loro bravi declamatori wagneriani.
L'ultimo Max tedesco di impianto simil-vocalistico è stato Peter Seiffert, il quale (appunto) si è fatto una vera e propria gloria nel personaggio.
La Germania lo ha adorato per trent'anni in questo ruolo e soprattutto lo ha esportato ovunque nel mondo.
Ancora negli anni 2000 (e ancora oggi!!!) Seiffert continua a essere chiamato ovunque e considerato "il" Max del nostro tempo.
Nonostante quei 50 anni suonati (ora 57) che dovrebbero sconsigliargli di tenere il ruolo in repertorio, il Max di Seiffert continua a impazzare.
E non solo in Germania (dove appare solo al massimo livello: Staatsoper Unter den Linden di Berlino), ma anche a Venezia (2004), al Festival di Salisburgo (2007), nella Zurigo di Pereira e prossimamente a Barcellona.
Oh, intendiamoci. Seiffert è un buon artista, ma non lascia il segno.
Non è attore vincente, non è impeccabile musicista. Non coglie le sfumature dei suoi personaggi, e tanto meno quelle di Max.
In più la voce non è più da molto tempo adatta alle giovanili disperazioni del cacciatore.
E tuttavia il suo caso doveva fungere da lezione!
Il suo esempio doveva dimostrare che il personaggio non è un Parsifal riconvertito, non è un eroe wagneriano con le bretelle e la piuma sul cappello; al contrario reclama una vocalità pre-wagneriana, protoromantica, non priva di brillantezza.
Niente da fare! da bravi tedeschi ci si spella le mani su Seiffert e poi, passato lui, tutto come prima!
E così in questi ultimi dieci anni i Tedeschi hanno passato al setaccio tutti i loro declamatori, talvolta persino quelli drammatici e baritonali: Roland Wagenführer (2003 Monaco), Robert Künzli (2004, 2005, 2008 Berlin, Komische), Albert Bonnema (2004 dresda), Pär Lindskog (2005 Amburgo), Marc Haffner (2005 Rennes), Martin Homrich (2008, 2010 Wiesbaden), Torsten Kerl (2009 dresda, 2010 Hamburg), Michael König (2009, 2010 Hamburg, 2010 Siviglia e ora interpellato anche per il famoso Filmopera)...
Non soddisfatti sono andati a invitare tutti i declamatori yenkee, i wagneranoni americani, in base all'antica convinzione teutonica che "sai cantare bene Parsifal e Siegmund, allora puoi fare bene tutto (praticamente il corrispettivo delle nostrane farneticazioni cellettofaghe, per le quali se canti come Garcia sarai perfetto interprete dal Gregoriano come delle canzoni dei Rolling Stones).
E così... ecco convocati (per la disperazione di Weber e nostra) Robert Dean Smith (2005 Monaco), John Treleaven (2002 Amburgo, con Konwitschny), Stuart Skelton (2007 Amburgo, Monaco), Christopher Ventris (2007 Berlin do) e Simon O'Neill (2010 Vienna an der Wien).
Come al solito, io non escludo che si possano ottenere anche buoni risultati pur non essendo forgiati alla tecnica esatta per cui un testo è stato scritto.
Non escludo pertanto che fra i Max declamatori ce ne possano essere anche di bravissimi.
E così è stato.
Avrete notato che fra i declamatori sopra citati (attivi in Germania) ...manca proprio quello che avrebbe potuto fare di Max un vero capolavoro.
No... Non spaventatevi. Non manca! c'è anche lui!
E' solo che non l'ha mai fatto in Germania!
Jonas Kaufmann ha lasciato sulla storia di Max un'impronta indelebile in Scozia, al festival di Edimburgo nel 2004.
Forse i tedeschi lo giudicavano troppo "pre-wagneriano" (con tutti quei pianissimi) per un ruolo simile... chissà.
Resta il fatto che in quell'unica performance di Kaufmann abbiamo trovato il Max del decennio.
Semmai c'è da chiedersi perché abbia così presto (e pare definitivamente) abbandonato il ruolo.
Io credo perché anche lui si è accorto che le radici non dico "belcantistiche" (queste scempiaggini lasciamole alle solite primule rosse) ma senz'altro vocalistiche della parte non erano ideali per la sua emissione.
E tuttavia Kaufmann non è stato l'unico declamatore recente a sapere comunque esaltare la parte.
Almeno altri tre ne hanno lasciato interpretazioni notevolissime.
Klaus Florian Vogt (2005 Brema, 2007 Monaco), Burkhard Fritz (2007 Berlin ul), Nikolai Schukoff (2008 Ginevra).
Forse perché tutti e tre pur mantenendo tecnica e sensibilità declamatoria hanno riscoperto il piacere della leggerezza e della poesia, smussando gli angoli più estremistici della loro vocalità e sviluppando recitazioni più calde e giovani.
Non saranno i Max ideali (per quello ci vogliono i vocalisti, non mi stanco di ripeterlo) ma sono comunque tra i migliori del nostro tempo
Tra i recenti Max non mancano anche alcuni specialisti mozartiani, segno dello sforzo dei tedeschi di alleggerire sonorità e poetica del personaggio.
Ma ...sempre di mozartiani tedeschi si tratta, ossia - anche loro - non formati al canto vocalistico e quindi distanti dalle nostre esigenze.
In certi casi poi sono anagraficamente troppo maturi per la parte (come se... per un misero mozartiano, Max rappresentasse un punto di arrivo, un avventuroso avvicinamento al Walhalla, quindi da osare solo nella piena maturità).
E così abbiamo avuto i modesti e maturi Max di Christoph Prégardien (2001), Herbert Lippert (2009) e Jorma Silvasti (2008).
Alla stessa categoria appartiene però un interprete eccellente (ogni tanto capita) uno dei maggiori del momento: Will Hartmann (2007 Berlin deutsche, 2008 Stuttgart) il quale ha saputo consegnare al personaggio un notevole freschezza, poesia e vigore pre-romantico.
Sulla stessa linea ma molto più audace (perché sì mozartiano, ma della diversissima famiglia britannica) è stato il caso di Steve Davislim, ultimo debutto importante nel ruolo (2009 Baden Baden), il cui Max non sarà proprio ideale ma almeno apre prospettive nuove, nonostante la pessima regia di Wilson...
Ricapitolando: gli anni 2000 sono stati, sul fronte del Franco Cacciatore, reazionari, germanofilli e immobilisti; a fronte di scarse produzioni internazionali e discografiche, la provincia tedesca ha dettato legge, forte delle sue migliaia di rappresentazioni in ogni angolo della Germania e del passatismo che le ha contraddistinte. E così Max (invece di scoprire le sue radici tecniche e stilistiche) è rimasto ancorato, proprio come Florestan, ai vecchi modelli declamatori o a quelli del mozartismo tedesco.
Se il più divulgato interprete del decennio è stato Peter Seiffert, i Max migliori sono stati sul fronte declamatorio Kaufmann (e in posizione inferiore Vogt e Schukoff), su quello mozartiano Hartmann.
E il futuro cosa ci riserva?
Anzitutto una brutta novità: l'ennesimo declamatore americano (Lance Ryan) approderà a sua volta al ruolo e - notate bene - non in Germania, bensì a Barcellona. Segno di come l'autorità tedesca possa far danni anche nel resto del mondo.
In compenso proprio dalla Germania viene una notizia straordinaria...
Fra pochi mesi, a Stoccarda, alcune recite del Franco Cacciatore saranno affidate a Ferdinand von Bothmer, tenore di vaste esperienze addirittura Rossiniane e pesaresi.
La notizia per me è doppiamente entusiasmante perché sono anni che vado dicendo che Von Bothmer, invece di insistere sui ruoli Nozzari, potrebbe essere la risposta a molti titoli del primo romanticismo tedesco (pensatelo nell'Euryante, nell'Agnese di Hohnstaufen, nel Fierrabras).
Infine siamo in attesa del giovane Andrew Kennedy che fra pochi giorni all'Opéra Comique parteciperà all'incredibile avventura del Franc Tireur diretto da Gardiner. Che le multiformi esperienze rigorosamente pre-wagneriane di questo cantante forgiatosi su Handel e Berlioz, possano rappresentare la risposta che cercavamo?
Salutoni,
mat