Elektra: interpreti

cantanti, direttori, registi, scenografi

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Messaggioda Pruun » lun 08 ott 2007, 0:08

Stimolato dai vostri discorsi sono andato a cercare sul mulo l'edizione del '57 (cinquant'anni è il diritto d'autore, no? 8) ) con la Borkh diretta da Mitropoulos. La ascoltai tempo fa a casa di un amico, ma era in lp e non me la copiai :oops:
Sono molto curioso e mi affascina questa concezione dell'aura mitica del personaggio che la Borkh renderebbe (ehm, è passato troppo tempo dall'ascolto e non la ricordo)
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Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 0:13

Rossiniano ha scritto:Caro Marazzi,
se vuoi posso ben documentare le grida della Borkh, vuoi? A patto che poi mi dimostri che sono suoni esattamente identici a quelli della Nilsson, cioè emessi con lo stesso principio tecnico dopo un ascolto comparato.


A Marazzi dico anche : ascolti bene la Nilsson, è l'Elektra più prodiga di pianissimi e sfumature del 900, le Elektre dagli acuti assordanti (ma gridati) e la faccia cattiva, sono esattamente quelle che qui vengono additate come esempi.


Rossiniano! :)
Ferma restando la grande simpatia che mi ispiri (e che sottolineo senza alcuna piaggeria), io trasecolo a leggere le frasi che ho quotato.

Ma tu sei davvero sicuro di poter spiegare a ME i suoni della Borkh e quelli della Nillson?
Sei veramente sicuro di potermi "RIVELARE" la matrice tecnica del loro canto?
TU A ME? :shock:


Ma lo sai da quanti anni io ascolto e confronto le loro interpretazioni?
Sai quanti anni fa comprai (in vinile) i loro dischi che tu scopri ora?
Sai quante Elektre ho visto a teatro negli ultimi venticinque anni?
Sai quante decine di registrazioni ho accumulato in vent'anni su di loro?
Sai quante ricerche ho svolto sulla loro tecnica, sulla loro arte, sulla loro emissione?
E tu.... con le tue brave nozioncine vociologiche (che per inciso ho studiato anche io) vuoi venire a parlare a me di come la Borkh o come la Nilsson producessero determinati suoni?

Pensi inoltre che anche io non abbia letto - vent'anni prima di te - le dottrinte vociologiche (e le loro paurose ingenuità) che tu ora sventoli come se fosse chissà quale conquista a cui sei approdato?
Credi che tutti noi non siamo capaci di riconoscere un suono avanti e uno indietro, un suono aperto e uno chiuso e le altre facezie da "abc del piccolo critico"?
Pensi davvero di essere l'unico a distinguerli?
Credi davvero che abbiamo bisogno che tu ce le spieghi?
Non pensi che noi, questo livello (i begli acuti della Nilsson e i ghirigori della Sills) l'abbiamo passato da un pezzo?

Vedi Rossiniano, la tua opinione è interessantissima, come quella di ogni ascoltatore, di ogni appassionato.
E se ti piace la Nilsson (spero che tu l'abbia sentita bene... non solo i due do sopracuti) fai bene a dichiararlo a voce alta.
Tra l'altro non sei l'unico (vedi Luca, un altro che ascolta l'opera da decenni).
Ma, per favore, non fare l'errore di credere che se gli altri vedono le cose diversamente è perché tu non li hai ancora illuminati! :)
Credimi... non è così! :)

Salutoni
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Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 0:19

walpurgys ha scritto:Inge Borkh

concordo: e aggiungerei il suo mitico alter-ego
Christel Goltz

Astrid Varnay
Birgit Nilsson


concordo ancora! :)
Due zie un po' troppo esteriori in questo ruolo, ma determinanti.

Eva Marton
Deborah Polaski
Ursula Schroeder-Feinen


La Marton... insomma, mi piace fino a un certo punto.
La Polaski è molto intensa, un po' pesantuccia, mi pare.
La Schroeder-Feinen (che dicevano avesse una voce pazzesca) non l'ho mai sentita in questo ruolo.
E non mi dispiacerebbe sentirla

Mi piacerebbe ascoltare la Pauly (di cui esiste questo Live

Io ce l'ho.
E' INCREDIBILE.
Siamo ai livelli della Borkh.

ed anche la Goltz , la Jones e la Rysanek.


Oops... la Goltz l'avevi detta! sorry! ;)

Mentre (visto che ci troviamo :wink: ) citerei anche la sua dolce sorellina:
Leonie Rysanek
Cheryl Studer
Ljuba Welitsch
Lisa della Casa


Anche la Welitsch? io in questo ruolo l'ho sempre trovata un po' a disagio... Sarà che avevo troppo nelle orecchie la sua Salome!

Devo dire che come sorelle ci troviamo perfettamente d'accordo! :)
Salutoni
Mat

PS
e mi piacerebbe ascoltare la Secunde e la Ligendza.

Secondo me non perdi molto: la Secunde era vocata per Elektra (acuti a parte) è troppo matronale e aspra per Crisotemide.
La Ligenda poi, almeno nel video Friedrich-Boehm, è deludentissima: davvero strano per colei che fu la più raggiante Isolde della sua generazione.
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Re: Confronti di Elektre

Messaggioda walpurgys » lun 08 ott 2007, 1:43

Luca ha scritto:Cari amici,

sono venuto in possesso d'un video di Elektra probabilmente della fine degli anni '90. Si tratta di una tournée in Giappone di un'orchestra europea (forse Stoccarda). Dirige Sinopoli, ma ignoro pressoché il cast in quanto le uniche indicazioni sono in... giapponese. Video di buona qualità e buon suono. Dei cantanti ho riconosciuto la Studer (Christodemis) e la Palmer (Klitamnaestra) ma non riesco a ... individuare né la protagonista, né Egisto, né Oreste.... Si tratta tutto sommato di una buona edizione.
Chi ne sa qulacosa, per favore, chi mi aiuta ?

Saluti e grazie.
Luca.


ELEKTRA

Staatskapelle Dresden, Japan-Tour, 1/1995
Elektra-Sabine Hass
Chrysothemis- Inga Nielsen non la Studer :wink:
Klytemnästra- Felicity Palmer
Aegisth-Wilfried Gahmlich
Orest-Alfred Muff

Cond. Sinopoli

Dovrebbe essere questo :wink: !
Per Sabine Hass provo una stima immensa (in Strauss, Hindemidt e nell' ''Olandese Volante'' è davvero magnifica a parer mio) e mi spiace non averla citata tra le Chrisothemis :( perchè fu una bravissima cantante ed interprete del ruolo molto amata anche da Sinopoli, Sawallisch, Muti e Kuhn.
La Nielsen l'ho ascoltata in radio nella diretta dell' ''ELEKTRA'' dal San.Carlo di Napoli al fianco dei ''resti'' della Schnaut e della esangue Klitemnestre della Ejsing...fu decisamente la Inga ad imporsi per luminosità del timbro (non senza pecche però la voce, ma buona) e per l'interpretazione calorosa.[/b]
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Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 10:24

Pruun ha scritto:Sono molto curioso e mi affascina questa concezione dell'aura mitica del personaggio che la Borkh renderebbe


Temo che per cogliere l'aura mitica della Borkh fosse più indicata l'edizione DG con Boehm, rispetto al live di Salisburgo.
Con Boehm, infatti, la Borkh asseconda l'incedere solenne e misterioso del direttore, distilla il suo canto in una concezione talmente totemica e profonda che veramente dà l'idea del Mito. La sua declamazione sottile e geniale pare scolpita sul marmo.

A Salisburgo con Mitropoulos invece la cantante aderisce al taglio convulso e furibondo della lettura, ne sposa le corse pazze e le frenesie: più che "mitico" il suo personaggio qui ha gli slanci rabbiosi e animaleschi di una tigre ferita.

Comunque non sei cascato male! :)
Se solo ci fosse stata una Moedl al posto della Madeira (che pure non è male) avremmo avuto l'Elektra della lampada di Aladino.
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Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 10:57

walpurgys ha scritto:La Resnik in effetti ''declama'' parecchio sopratutto nel registro mediograve, allarga le vocali e lasciandosi trascinare dalla recitazione pare ubriaca con l'effetto sbandamento; eppure mi trascina e coinvolge totalmente, mi emoziona, mi fa sobbalzare sulla sedia, ti inchioda all'ascolto e crea una tensione ammaliatrice alla maniera della Moedl...


:) Ora ci troviamo sulla stessa lunghezza d'onda!
La Resnik e la Moedl giocano la carta della declamazione colorista, aprendo i suoni. Questo (unito al fatto che erano grandi ...dentro) le rende entrambe travolgenti in Clitennestra.
Non sarà l'unico modo per interpretare il personaggio (e le altre Clitennestre lo attestano) ma è comunque quello che - stando all'attuale situazione discografica - ha conseguito i migliori risultati.


la Varnay purtroppo non sortisce in me lo stesso effetto;
se la voce rimane poderosa , le sgradevolezze, l'acidità, il suo personalissimo declamato e l'interpretazione la rendono una insopportabile ''cattiva'' con la bava alla bocca, una megera che io personalmente non ascolto con piacere


Dici cose obbiettivamente giuste.
Purtroppo la Varnay viveva i personaggi "cattivi" solo attraverso il prisma del grottesco, furioso, caricaturale.
Anche io non amo questa "banalizzazione" dei personaggi.

Però da molto tempo mi sono messo nell'ottica di non giudicare tanto le idee di un interprete, quanto il modo con cui le realizza.
E la Varnay con il suo canto caleidoscopico, la disumana abilità nel distillare i suoni come tanti piccoli cristalli, mi pare grandiosa, anche se - ne convengo - non condivido il taglio.
Questo vale per la sua Clitennestra, la sua Ortrud e la sua Kostelnicka, ossia i ruoli in cui per me fu immensa.

Tempo fa ci siamo riguardati con Teo il video dell'Elektra Friedrich-Bohem, quella con la Rysanek.
Lui giustamente, come te, e anche come me da un certo punti di vista, era piuttosto deluso dall'esasperazione orrida di quelle espressioni, di quel trucco, di quella voce da strega putrefatta.
Giustamente osservava che è un modo ben limitativo e irritante di vedere questo personaggio chiave delle cultura classica.
E' tutto giusto.

E tuttavia io non ho mai più sentito cantare "ich habe keine gute Nachte" come la Varnay... dove ogni suono è sillabato, sussurrato, investito di questa rabbrividente ambiguità, paura, terrore, inquietudine, persino disagio nel parlare dopo tanto tempo alla figlia.
Quando dice (con quel sussurro a fior di labbra) "la verità nessuno la conosce" filtra talmente tanto dolore, tanta solitudine da quel pianissimo che - sinceramente - mi lascia esterrefatto.
Io di fronte a questa grandezza, come ti dicevo, depongo le mie personali convinzioni sul personaggio e lascio che l'interprete faccia come crede.
E se vuol essere la megera rancida e ammuffita, faccia pure! :)

Questo non vuol dire che la Varnay debba piacere per forza.
Anzi, le tue critiche (e quelle di Teo) sono assolutamente giuste.

Della Palmer ho un lontano ricordo radiofonico che non mi colpi' molto...ma dovrei riascoltarla :D

In Clitennestra non colpì molto neanche me.
Però è una grandissima e, come si è detto, una delle poche declamatrici che piace anche da noi! :) "finalmente una che canta e non urla" fu il coraggioso e originalissimo commento quando fece Clitennestra alla Scala. :D

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Messaggioda giulia grisi » lun 08 ott 2007, 18:58

Posseggo l'edizione Borkh Mitroupoulos e non quella in studio.

Non ho dubbi sul carisma della Borkh.............diversamente non mi saprei spiegare la scelta del Maestro, che amava i grandi cantanti.

Non posso però fare a meno di sentire un soprano dalla voce sbiancata ed urlata in alto, che arriva al finale stravolta ed incapace di legare. Alcue frasi sono davvero urlate in modo lancinate.
La Borkh non riesce ad avere tonnellagio vocale ( perchè in natura ha voce tagliente ma non certo ampia ) e saldezza in alto per "stare sopra" al clima furibondo, selvaggio, primitivo creato da M.......già, perchè poi Strauss e la bacchetta richiedono comunque l'ampiezza ciclopica del respiro, del canto legato ed assieme ........dionisiaco ( posso usare questa parola???). Insomma, ascoltando quel live straordinario, direi impressionante ( perchè tale mi parve sin dal primo ascolto......la direzione di Elektra che più mi piace devo dire..), mi pare che la Borkh non possa seguire il Maestro, resta sempre indietro perchè le manca una componente che è invece dell'orchestra, ossia la capacità di rendere furia, accenti selvaggi, malinconia, affetto, rabbia....legando. L'orchestra lega e suona sempre senza venir meno alla componente edonistica della partitura, lei no. Ma occorrono i mostri per far questo, i mostri più mostri del canto, capaci di reggere il peso di tale scrittura vocale e capaci di fare ogni cosa con la voce.

La signora che modernamente meglio ha incarnato queste esigenze a mio avviso resta la Nilsson, saldissima in alto e anche per ragioni timbriche peculiari alla sua voce ( trovo sia il ruolo più adatto ad una voce gelida, impersonale fino all'inumano ....).
La Borkh non aveva pari qualità tecnica in alto della Nilsson, ma anche nel legato, che è sempre inferiore, a prescendere dall'opera o da quanto deve esprimere.
Purtroppo alla Nilsson manca Mitroupoulos............mi piacerebbe fare un audiomontaggio di loro due insieme in quest'opera se si potesse!!

Quanto alle moderne Elettre, ho sentito di fatto solo la Polanski al Maggio con Abbado, e la Schnaut a Milano. Quest'ultima non mi piacque nemmeno un po' ( e con lei la bacchetta......) anzi, mentre trovai molto brava la prima, per lo meno solida, non urlatrice per principio ( qualcosa verso la fine ma per fatica...), anche se con voce nè bella nè molto legata. Il suo personaggio non mi ha lasciato però una vera impressione, nè mi è parsa cantante molto personale.....
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Messaggioda Domenico Donzelli » lun 08 ott 2007, 19:30

credo di essere in questo forum se non l'unico uno dei pochissimi che abbia udito la Nillson in Elektra.
Mai in una vasta sala come la Scala e mai con un'orchestra enorme come quella che Strauss riserva alla protagonista ho sentito il suono della voce sovrastare il magma orchestrale.
Nella successive edizioni di Elektra scaligera o nella bellissima ripresa fiorentina le protagoniste gridavano e non cantavano ed erano soccombenti sulla massa orchetrale e non credo che questo fosse l'intento di Strauss.
La voce della Nilsson, poi, era tagliente e gelida e se questo nel repertorio italiano era una tara diventava nell'opera di Strauss un pregio.

E'chiaro che le opinioni siano su questo forum assolutamente divise in punto come lo sono state per l'interpretazione di Klitemnestra e che la Nilsson sia il paradigma del canto e della quadratura tecnica prima di tutto. Senza queste caratteristiche non avrebbe retto il repertorio che ha retto e per gli anni che lo ha praticato.

Credo anche però qualche cosa di differente e più generale.
Elektra è la perfetta raffigurazione musicale di ciò che la storiografia coeva a Strauss pensasse del mondo tragico.
Al personaggio tragico, quand'anche di un' Ellade omerica, che per parafrasare il Momsen esprime la "totalità dell'essere" non si addicono modalità espressive che sono tipicamente espressioniste.
Espressionismo e classico (anche e sopratutto nell'ottica coeva a Strauss) sono concetti assolutamente confliggenti ed antitetici.
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Messaggioda walpurgys » lun 08 ott 2007, 20:04

eppure...eppure...si dice che la Nilsson sia gelida...ma se ascoltate, ad esempio, ''Allein'' messo tra gli ascolti del sito, non sento un timbro freddo ed impersonale, ma una donna che aspettava paziente che le serve svuotassero la scena per far debordare il proprio rancore.
Almeno, io percepisco la creazione di una forte suspance, una tensione che cresce e si insinua, una rabbia che esplode lentamente da una donna volitiva e pugnace di cui avere paura...che al ricordo del padre si scioglie come a ricevere una carezza.
Ok sono un visionario... :lol: :roll:
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Messaggioda MatMarazzi » lun 08 ott 2007, 20:46

walpurgys ha scritto:una donna che aspettava paziente che le serve svuotassero la scena per far debordare il proprio rancore.
Almeno, io percepisco la creazione di una forte suspance, una tensione che cresce e si insinua, una rabbia che esplode lentamente da una donna volitiva e pugnace di cui avere paura...che al ricordo del padre si scioglie come a ricevere una carezza.
Ok sono un visionario... :lol: :roll: 8)


No Walpurgys, non sei affatto visionario.
Anzi, sei uno che sa ascoltare! :)

La tua analisi spiega benissimo perché la Nilsson, nonostante un'emissione troppo monocromatica tecnicamente per un ruolo pensato e voluto in funzione di una declamazione caleidoscopica risulti nononostante questo efficace.
Non le capitava spesso, dal momento che ha consacrato la sua carriera a Wagner e a Strauss, autori che hanno bisogno in primis di tecniche rotte al declamato.
La Nilsson, che infatti arrivò al successo vero con un buon decennio di ritardo rispetto alla Varnay, nata lo stesso anno, si trovò inizialmente bloccata in ambito straussiano e wagneriano proprio dalla povertà di colori.
E questo spiega la diffidenza dei Wieland Wagner nei suoi confronti e anche quella di Karajan.
In fondo, basta confrontare il dialogo Elsa-Ortrud del 1954 per capire l'incommensurabile differenza tecnica che si apriva tra lei e la Varnay, in termini di colori, varietà di effetti, sapienza di declamato.

Su un punto hai assolutamente ragione: è un'ingenuità clamorosa dire che la Nilsson fosse gelida.
Non lo era affatto. Era anzi una personalità fortissima.
Tale da bruciare i palcoscenici con la sua presenza.
"Risultava" gelida solo per i limiti coloristici della sua fonazione (limiti, si intende, per questo specifico repertorio) e per l'approccio insoddisfacente al declamato (o ai recitativi verdiani).

Ma proprio perchè era una grandissima personalità, era in grado (talvolta, non sempre...) di volgere a proprio vantaggio i suoi limiti.
Trasformando in gigantesca durezza e monolitica disumanità i personaggi che affrontava.
E' un miracolo che le riuscì in Turandot. E quasi sempre in Bruennhilde.
Non le riuscì con Isolde, la più monocromatica della storia del disco.
Non le riuscì con Salome, dove la povertà di colori la rende prevedibile e matronale fin dalle prime battute.

Le riuscì invece con Elektra, che lei seppe trasformare dalla creatura estrema e sconcertante evocata da Hoffmannstahl (che incarna - col prisma di Nietzsche e del "dionisiaco" - l'ideale sentisi germanica fra il Classico e il nascente Espressionismo) in una sorta di acida, sprezzante, indefettibile, virile persino ...macchina di una vendetta atavica, incarnazione di antiche maledizioni.
Lucida, tagliente, quasi senza sentimenti che non siano il disprezzo, la sete di vendetta, la determinazione senza pietà e concessioni, il tutto con calcolatissima freddezza e un'ombra di spietato sarcasmo.
C'è qualcosa di incrollabile e disumano nella Nilsson che perfettamente si sposa con la sua vocalità troppo monocromatica, in teoria, per questa musica.

Ecco il segno della grande artista: saper trasformare eventuali limiti in caratteristiche idonee a una certa, personale, forse discutibile e limitativa ma straordinaria visione del personaggio.
Ed è per questo che, hai ragione, la Nilsson fu nonostante tutto una grande Elektra.

Certo: non era la Borkh, non era la Pauly, non era la Goltz, non era nessuna delle vere grandi Elektre delle storia, che potevano (tecnicamente, vocalmente, musicalmente e drammaturgicamente) esaltare il magma sulfureo di un declamato che vive dei bagliori e dei contrasti e scendere negli abissi che il ruolo spalanca.
Talvolta i limiti della Nilsson si sentono un po': ad esempio quando il declamato si fa martellante (come nell'imprecazione, il cui taglio Solti avrebbe fatto meglio a non aprire) si sentono le fatiche dell'articolazione, l'eccessiva uniformità... da cui la Nilsson si riscatta con la folgorante frase finale dove i suoi acuti hanno uno splendore che nessun altra interprete ha mai avuto (per la gioia dei melomani nostrani, che devono sopportare, poverini, due ore di Elektra per godere di questi do e della risata di Clitennestra)
E' anche vero che, quando appare Oreste e il mondo infantile di Elektra dovrebbe rifiorire sul ricordo, con la pungente constatazione della propria innocenza violata e vita sacrificata, be' è inevitabile che nella Nilsson si senta l'incoerenza del personaggio mostruoso e incrollabile costruito fino a quel punto (proprio come si sente l'incoerenza al terzo atto di Turandot, quando la Nilsson, una volta "sgelata", sembra non saper più cosa fare o cosa dire).

Ma per quanto siano evidenti queste piccole pecche, non tolgono che (come tu stesso hai detto) anche la Nilsson riesca a costruire un percorso narrativo e psicologico (a modo suo), fatto anche di suspense (bella ossservazione), di attese, di tensioni e di reazioni, sia pure nella visione a senso unico a cui la sua tecnica la condannava.

Le ci volle un certo coraggio ad affrontare il ruolo: vi debuttò nel 1965 (all'età di 47 anni) dopo lunga meditazione e altrettanti rifiuti.
Si rendeva conto anche lei, evidentemente, delle proprie limitazioni in termini cromatici (avendo di fronte giganti come la Varnay e la Borkh).
Furono questi stessi timori a tenerla lontana da Kundry e da Ortrud: la consapevolezza di non potersi confrontare alle grandi declamatrici in ruoli come questi.
Con Elektra accettò la sfida sia pure tardivamente e fu un trionfo!
Un posto fra le grandi Elektre se lo è aggiudicato!

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Ultima modifica di MatMarazzi il lun 08 ott 2007, 22:17, modificato 2 volte in totale.
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Messaggioda giulia grisi » lun 08 ott 2007, 21:17

walpurgys ha scritto:eppure...eppure...si dice che la Nilsson sia gelida...ma se ascoltate, ad esempio, ''Allein'' messo tra gli ascolti del sito, non sento un timbro freddo ed impersonale, ma una donna che aspettava paziente che le serve svuotassero la scena per far debordare il proprio rancore.
Almeno, io percepisco la creazione di una forte suspance, una tensione che cresce e si insinua, una rabbia che esplode lentamente da una donna volitiva e pugnace di cui avere paura...che al ricordo del padre si scioglie come a ricevere una carezza.
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Che la voce sia perfetta in tutte le gamme è storia! 8)


............difficile sostenere che il suo timbro non sia gelido. Se ha un limite, quando canta e bene, il repertorio italiano, è il gelo metallico del timbro.
Ho scritto : "voce gelida, impersonale fino all'inumano"......
Non scambierei il timbro della voce con l'assenza di dinamica o il canto impersonale, che sono altra cosa....cerchiamo di non voler fraintendere ad ogni costo. :wink:
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Messaggioda walpurgys » lun 08 ott 2007, 22:42

:wink: Tranquilla GG, il mio discorso era in generale una sottolineatura per coloro che ritengono gelidi (come mi è capitato di leggere in alcuni siti, sia riferendosi al timbro sia al fraseggio ed all'interpretazione) artisti dalla tecnica perfetta come la Nilsson appunto, la Sutherland e la Sills, non volevo assolutamente fraintendere le tue parole chiarissime ci mancherebbe.
Era un modo per puntualizzare quello che sento quando canta zia Birgit :D :D :D !
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Messaggioda Riccardo » lun 08 ott 2007, 22:54

MatMarazzi ha scritto:Su un punto hai assolutamente ragione: è un'ingenuità clamorosa dire che la Nilsson fosse gelida.
Non lo era affatto. Era anzi una personalità fortissima.
Tale da bruciare i palcoscenici con la sua presenza.
"Risultava" gelida solo per i limiti coloristici della sua fonazione (limiti, si intende, per questo specifico repertorio) e per l'approccio insoddisfacente al declamato (o ai recitativi verdiani).

Però non è vero che la fonazione è di fatto la sostanza di una cantante?
Non diresti mai che una Sutherland non è gelida in realtà, ma è solo gelida la sua fonazione.

Comunque concordo con te sul fatto che la Nilsson fosse una che tirava fuori le unghie, altro che gelo.
È interessante sentire come se la cava nel recital verdiano che incise nel 1962 diretta da Argeo Quadri.
Si cimenta con le tre arie della Lady, Abigaille, Forza e addirittura Eboli. Devo dire che l'articolazione della parola verdiana è tutt'altro che congelata, anzi. Manco a dirlo i do e do diesis scattano come saette anche qui.

Tu Matteo pensi che la Nilsson non sia una gran declamatrice e che appunto fatichi in quei punti dell'Elektra che questa dote maggiormente richiederebbero.

Qui il discorso andrebbe approfondito. Con declamazione che cosa dobbiamo intendere?
Penso che per la maggior parte degli appassionati il concetto di "declamazione" sia in sostanza la capacità di proiettare con la tecnica il testo letterario e musicale oltre il muro dell'orchestra. Ma c'è una forte connessione con la parola.
Certo una cantante come la Mödl rientra in questi parametri; come scolpiva lei il testo non l'ha forse più saputo fare nessuno.

Però...però gran declamatrice riteniamo anche la tua cara Silja che, a mio avviso, ha sempre (e per alcuni potrà sembrare un paradosso) privilegiato l'aspetto musicale, sonoro del canto. Le parole nel suo declamato non sono facilmente decifrabili.
"Musik ist alles" dice lei stessa. Il senso di un brano si afferra anche solo dal suo suono, dalla musica.

In questo vedo qualche analogia col canto di Nilsson o Sutherland; un canto basato sulle vocale più che sulle consonanti. Non so se mi spiego.
Eppure ci guardiamo bene dal ritenere l'australiana una declamatrice; anzi.

Tra le tre in ogni caso, quella più propensa all'evidenza del testo mi sembra essere la Nilsson (e lo si nota appunto anche nel Verdi di cui dicevo).

Che cos'è dunque il declamato?
Quello della Silja e quello della Mödl non sono certo la stessa cosa, questo è sicuro.

Attendo opinioni :wink:

Riccardo
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Messaggioda MatMarazzi » mar 09 ott 2007, 0:27

Riccardo ha scritto:Però non è vero che la fonazione è di fatto la sostanza di una cantante?


Esatto!
E' proprio quel che ho sostenuto in una lunga serie di post in passato (suscitando le ire di Fabrizio!) :)
Il fatto è che io ritengo proprio che un cantante, se ha personalità e non è lo studentello-pappagallo, finisce per dotarsi proprio degli strumenti tecnici che valorizzano il suo "io".

Penso che per la maggior parte degli appassionati il concetto di "declamazione" sia in sostanza la capacità di proiettare con la tecnica il testo letterario e musicale oltre il muro dell'orchestra. Ma c'è una forte connessione con la parola.

Non solo proiettarlo: anche valorizzarlo, conferirgli un senso "sonoro".
Questo può essere fatto in tanti modi diversi.
La Moedl, che tu citi come esempio estremo di declamazione, fece la scelta radicale e faticosa di "aprire" i suoni, svincolarli dalla maschera e proiettarli con tutte le implicazioni "vocaliche".
Un altro che faceva esattamente come lei era Vickers.

All'estremo opposto si collocano i declamatori che non intendono, o non possono intraprendere il cammino del "colore" fino a rinunciare all'amplificazione facciale.
Costoro hanno appreso a mascherare i suoni e coprirli per poterli proiettare, con straordinaria pressione di fiato, come giavellotti.
Il loro declamato risulta più potente e "piacevole", ma anche più monotono e uniforme (il ché con quattro ore di chiacchiere in Tristano non è un problema da poco) e porrà maggiori problemi di "comprensione" del testo; in questo caso una buona risorsa sono le consonanti, su cui queste declamatrici si appoggiano con particolare determinazione (anche la Nilsson).

Occorre a questo punto fare alcune precisazioni.
La prima è che questi tue modelli "estremi" e contrapposti di declamazione (colorista e monocromatica, ben identificati da Moedl e Nilsson: interessante sentirle insieme nel Goetterdaemmerung) non esauriscono le possibilità storiche del declamato.
La Borkh ad esempio copriva moltissimo al centro (traendone quei suoni misticheggianti, lontani, inconfondibili).
La Varnay era una che alternava le diverse emissioni producendo le millimetriche rifrazioni che l'hanno resa celebre.
Come dichiaravi anche tu a proposito delle Clitennestre, esistono tante formule tecniche diverse e infinite gradazioni fra i due estremi.

Quello che non bisogna fare, ovviamente, è scambiare il declamato (sia pure amplificato e monocromatico) di una Nilsson per "vocalismo".
Non lo è...
La Nilsson è una declamatrice, non nel senso di una Moedl, bensì di una Flagstad.
Non è mai stata una vocalista!
Tu la citi nel disco verdiano, e fai bene ad ammirarla.
Ma ti sarai accorto come la cabaletta di Abigaille (do a parte) la mette in una situazione di disagio tale che fra le cantanti di questo repertorio sarebbe giudicato inaccettabile...
Ti sarai accorto che in Aida e Amelia (ruoli abbastanza comodi per il suo tipo di declamato) la Nilsson accusa qua e là durezze teutoniche che non troverai in cantanti di formazione più schiettamente italiana.
Non parliamo poi dei disagi terrificanti dimostrati dalla Nilsson in Mozart (Elettra e donna Anna).
E ringraziamo le sfere celesti che a nessuno sia mai venuto in mente di scritturarla in Norma!!

E ora veniamo alla Silja.
Come avevo detto a proposito delle Jenufa (ricorderai certamente il thread) la Silja è a sua volta una declamatrice, ma non rientra fra i grandi coloristi.
Il suo problema fu sempre quello di muoversi in tessiture troppo gravi per la sua vocalità. Senza un poderoso processo di amplificazione del suono, sostenuto da portentosi flussi di fiato, non la si sarebbe sentita.
Se si fosse messa a imitare gli effetti della Moedl... sarebbe stata rovinosa.
Il suo declamato è quindi particolare: fendente, penetrante, a tratti grandioso, sempre luminoso, ma francamente povero di colori.

"Musik ist alles" dice lei stessa. Il senso di un brano si afferra anche solo dal suo suono, dalla musica.


Calma! Qui fraintendi il senso del suo discorso.
Lei sta rispondendo a chi, per decenni, le ha chiesto anche di recitare nel teatro di prosa e al cinema (in realtà ha fatto un film, di cui ancora non sono venuto in possesso).
Lei risponde di non poter recitare "senza musica" in quanto la sua recitazione è grande solo perchè è funzionale alla musica, ai suoi ritmi, alle sue atmosfere. Non sarebbe ugualmente efficace senza la musica.
Credimi, Ric.
Con tutto il bene che io voglio alla Silja, non è proprio possibile affermare che per lei il suono sia tutto! :)

In questo vedo qualche analogia col canto di Nilsson o Sutherland; un canto basato sulle vocale più che sulle consonanti. Non so se mi spiego.
Eppure ci guardiamo bene dal ritenere l'australiana una declamatrice; anzi.


Dobbiamo intenderci cosa intendiamo per "canto basato sulle vocali".
Personalmente è una definizione che non trovo per nulla adattabile nè alla Sutherland, nè alla Nilsson.

Il vocalismo è una tecnica che esalta le potenzialità strumentali del canto, ma proprio a scapito degli specifici "colori" delle vocali.
La Sutherland era una vocalista, su questo penso che non ci sia discussione. Anzi, era l'emblema stesso di un vocalismo portato alle più estreme conseguenze. Tante vocaliste brave quanto lei (a partire dalla Callas) non si sarebbero mai spinte a una simile copertura del suono.
Eppure (vedendo le cose dal punto di vista di un declamatore) nulla la Joan martoriava di più che le vocali stesse, che finivano per assumere un unico colore, addirittura un unico suono.

La Nilsson come dicevamo non era una vocalista: quindi tecnicamente il paragone con la Sutherland è impossibile.
Era però una di quelle declamatrici che amplificano il suono nelle cavità facciali, lo proiettano e ...non lo colorano.
Quindi anche lei non rendeva un buon servizio alle vocali (niente di paragonabile alla Sutherland, però).
E questo è precisamente il suo limite con Strauss, dove le coloriste hanno facilissimamente il sopravvento.

Personalmente non sono tanti i ruoli in cui amo la Nilsson (posto che a me non basta un bel piano o un bel do sopracuto per esaltarmi... sono strano ma è così Forse perché ascolto Strauss tantissimo...).
E' vero altresì che in certi (pochi) personaggi la Nilsson mi piace da impazzire: sono i personaggi in cui ha saputo, con la sua personalità, "forzare" (è detto positivamente) la natura del ruolo verso ciò in cui quel canto sovraumano (o anti-umano) poteva funzionare: nella diabolica, sprezzante, colossale monumentalità.
Non c'è nulla di umano nella sua Turandot ed è fantastica per questo.
Lo stesso dicasi per la sua Elektra.

In questo (e solo in questo) mi pare lecito il confronto con la Sutherland.
Anche lei, stante la povertà di colori, ha attirato alcuni dei suoi migliori personaggi in una dimensione che andava oltre il sentimento e la passione umana: li ha attirati fra le costellazioni del Mito, le astrazioni del sublime.
Altro che "puro suono"... belle balle!
La grandezza della Sutherland in questi ruoli "intangibili" e in queste sublimazioni platoniche va MOLTO al di là del bel suono.
E se è riuscita a convincerci persino con Norma e con Semiramide... vuol proprio dire che aveva forza persuasiva da vendere! :)
E' quello che vado ripetendo da anni alle tue accuse contro Dame Joan! :)

Salutoni
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Messaggioda Riccardo » mar 09 ott 2007, 11:31

MatMarazzi ha scritto:
Riccardo ha scritto:Però non è vero che la fonazione è di fatto la sostanza di una cantante?


Esatto!
E' proprio quel che ho sostenuto in una lunga serie di post in passato (suscitando le ire di Fabrizio!) :)
Il fatto è che io ritengo proprio che un cantante, se ha personalità e non è lo studentello-pappagallo, finisce per dotarsi proprio degli strumenti tecnici che valorizzano il suo "io".

Ma allora perché ritieni la Nilsson gelida solo in apparenza, per via della fonazione, ma non nella sostanza?

Quello che non bisogna fare, ovviamente, è scambiare il declamato (sia pure amplificato e monocromatico) di una Nilsson per "vocalismo".
Non lo è...
La Nilsson è una declamatrice, non nel senso di una Moedl, bensì di una Flagstad.
Non è mai stata una vocalista!
Tu la citi nel disco verdiano, e fai bene ad ammirarla.
Ma ti sarai accorto come la cabaletta di Abigaille (do a parte) la mette in una situazione di disagio tale che fra le cantanti di questo repertorio sarebbe giudicato inaccettabile...

Questo è esattamente quello che credevo prima di sentirla in quel pezzo.
Dopodiché mi sono stupito, perché non mi pare così pesce fuor d'acqua. Ha pure delle discrete agilità! Certo, il fraseggio è un po' teutonico, ma non meno di quanto la Sutherland ci abbia abituati al suo, anglofono a denti stretti fino all'estremo.

Non credo l'abbia mai incisa, ma pensi che la Sutherland l'avrebbe fatta tanto diversa questa cabaletta?
Certo con bel altri trilli e agilità, ma nella sostanza...

Ho idea che queste due cantanti siano partite da un terreno vocale e di personalità abbastanza accostabili. Semplicemente una si è poi orientata, sotto pressione di Bonynge, vero le ragioni del belcanto; l'altra su tutt'altro repertorio.

Su un paio di ruoli almeno si sono incrociati: Donna Anna e, soprattutto, Turandot, dove temo che le analogie siano molte. Confermi Matteo? (Io chino il capo e confesso di non avere la Turandot della Nilsson :roll: )

Non bisogna dimenticare poi che la Sutherland, quando ancora non sapeva che pesci pigliare, aveva velleità wagneriane, che probabilmente sarebbero maggiormente andate in porto se non avesse incontrato Richard Bonynge.

E ringraziamo le sfere celesti che a nessuno sia mai venuto in mente di scritturarla in Norma!!

L'avrà tenuta lontana l'eccessiva scrittura di coloratura, altrimenti...

E ora veniamo alla Silja.
"Musik ist alles" dice lei stessa. Il senso di un brano si afferra anche solo dal suo suono, dalla musica.


Calma! Qui fraintendi il senso del suo discorso.[...]
Lei risponde di non poter recitare "senza musica" in quanto la sua recitazione è grande solo perchè è funzionale alla musica, ai suoi ritmi, alle sue atmosfere. Non sarebbe ugualmente efficace senza la musica.
Credimi, Ric.
Con tutto il bene che io voglio alla Silja, non è proprio possibile affermare che per lei il suono sia tutto! :)

Però lei afferma anche che la musica è tutto, perché è nelle frasi musicali di un personaggio che si nascondono tutta l'interiorità e la personalità di quel carattere. Lì sta tutto; il testo è servito a plasmare la musica, ma non è poi di per sé determinante nell'opera realizzata.

Qui tra l'altro secondo me c'è un bellissimo aggancio con quanto diceva Celibidache, ossia che nell'opera, a parità di musica, una frase rimane identica a sé stessa nella sostanza e nell'effetto, indipendentemente dalle parole che vi vengono inserite.

Io sono molto convinto di questo, e il canto della Silja me ne sembra una dismotrazione. È innegabile che il testo, nel canto della Silja, sia decisamente indecifrabile; questo proprio perché è un canto (declamatorio, non dico di no!) totalmente fondato sul suono, magistralmente controllato dal fiato. Le parole davvero contano poco.

E secondo me è proprio questo canto basato sul solo suono (brutto, screziato, ammorbidito, tagliente, secondo tutte le declinazioni che la grande artista sa offrire) causa dell'ostilità nei suoi confronti di parte del pubblico italiano. Pubblico che, di puro suono, fuori dalle pagine melodiche di gusto italiano, non se ne fa nulla: si trova smarrito, senza punti di riferimento, esattamente come un melomane incallito da loggione alle prese con una sinfonia di Bruckner.

Penso anche, sulla base di questo, che proprio la Baltsa - avversata e odiata in Italia tutte quelle volte che si è presentata in ruoli belcantistici, e agli antipodi per tecnica vocale coloristica rispetto alla Silja - passerà abbastanza indenne la prova di Firenze.

Altro che "puro suono"... belle balle!
La grandezza della Sutherland in questi ruoli "intangibili" e in queste sublimazioni platoniche va MOLTO al di là del bel suono.
E se è riuscita a convincerci persino con Norma e con Semiramide... vuol proprio dire che aveva forza persuasiva da vendere! :)
E' quello che vado ripetendo da anni alle tue accuse contro Dame Joan! :)

Le mie "accuse" nascevano semplicemente dal fatto che ho sempre provato maggior simpatia per i coloristi rispetto a coloro che mostrano una linea omogenea e appiattita.
Poi mi sono reso conto, anche grazie alla tua opera di convincimento, che nel loro adeguato contesto, fanno il loro gran effetto anche i secondi.

Ma appunto, vedo un grande spartiacque tra coloristi e non coloristi.
Vedo invece con molta meno nettezza quello tra declamatori e vocalisti.

Proprio per questo sento più veritieri accostamenti come Nilsson/Sutherland o Sills/Moedl rispetto a Nilsson/Moedl o Sutherland/Sills.

Salutoni!
Riccardo
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