gustav ha scritto:Ecco che la voce della Verrett è il caso di dire che è un pò deteriorata, ma il timbro e la classe...beh qua...c'è poco da dire...Se poi aggiungiamo che Azucena è una zingara che può avere anche una certa età...Vediamo infine che il personaggio poi non le è così stretto. Io credo che talvolta siano proprio il carico emotivo, la passione che ci mette ad appesantire, ad affaticare un pochino la voce...
Caro Gustav,
mi trovi totalmente consenziente, in teoria, su tutto quello che dici.
Sul fatto che la bellezza o la gioventù del timbro sono valori "relativi" e non assoluti, nel giudicare un cantante.
Sul fatto che Azucena si presti (anzi reclami) personalità mature.
Sul fatto che la classe e l'autorevolezza sono doti necessarie per i personaggi "grandi" (e Azucena è senz'altro un personaggio grande).
Su tutto questo sono totalmente con te.
Ma nello specifico io avanzo dubbi proprio sulla Verrett: non mi interessano le condizioni vocali, ma l'intrinseca "bravura".
Io l'ho vista in scena più volte a teatro (ricordo bene la sua Medea, persino la sua Tosca all'Arena di Verona nel '84).
Molti anni dopo l'ho anche conosciuta di persona: quando venne a Siena per un corso di canto; io passavo di là e io mi recai timidamente a salutarla dopo una lezione (nella quale aveva lanciato acuti e prodotto mezze voci impensabili per una che si era già ritirata dalle scene da diversi anni).
Si restava letteralmente folgorati dal suo fascino.
Grande, bella, con gli occhi mobili e saettanti, la battuta sempre pronta (con bel piglio americano), il fascino di quel timbro obbiettivamente così intensamente "colorato".
Però... fatta la tara di tutto questo fascino, a me come ascoltatore lasciava poco (e mi riferisco anche alla Verrett degli anni d'oro).
Il fascino (anzi il carisma... quello che a teatro ti inchioda alla sedia) era il suo segreto. Lo so anche io che la Verrett, in termini di carisma e magnetismo, è stata una privilegiata!
Però se si vanno ad analizzare i suoni, gli effetti, le possibilità tecniche, i giochi ritmici, le intenzioni espressive e tutto il resto, allora bisogna essere onesti: la Verrett non era affatto paragonabile alle vere "grandi" della storia del'opera.
Basta confrontarla alle sue colleghe; prendi la sua Africana e confrontala a quella della Normann, della Bumbry... ai brani scelti della Russ e della Ponselle, persino al più modesto live di Antonietta Stella.
La Verrett vince tutte (o quasi) sul piano del fascino a fior di pelle, ma resta indietro persino alla Stella sul fronte dell'elaborazione della frase musicale, sulla tensione del ritmo, sulla brillantezza delle agilità, sulla perentorietà della declamazione, sull'umanità della psicologia, sulla definizione del personaggio.
Prendi la sua celebrata Lady Macbeth: è uniforme, monocorde, in varie difficoltà con gli acuti, titubantissima nelle pagine fiorite, impresentabile nella lettura della lettera, prevedibile e legnosa anche scenicamente.
Persino la voce (impressionante, ne convengo) non era esente da durezze, suoni artificiosi nel misto, asperità e stridori (aggravatisi con gli anni) nel registro di petto.
Ma soprattutto è l'interprete e la musicista che ti lascia con la tua fame!
Bastano due note della Gencer, della Callas, della Scotto per capire chi o cosa dovrebbe essere Lady Macbeth.
Almeno per me!
Ma è anche vero che, quando a teatro ti appariva davanti questa negra imperiale e fantastica, con gli occhi balenanti, con un mare di voce, bella e maestosa come una regina... restavi stregato.
E (come ti dico) si rischiava di confondere tutto questo per profondità o grandezza interpretativa... che secondo me non c'era.
Anche Azucena...
e' parte immensa, problematica, innovativa, con ambiguità sconcertanti a livello morale e psicologico. E' la voce dell'inconfessabile.
Per questo ti ho consigliato la Klose, sia pure in tedesco.
La Klose sussurra tutto, non strilla mai... non c'è una note che non varchi il mezzoforte.
Ma proprio per questo i suoi tormenti li lascia fiorire dal velluto morboso del suo canto e dalla dinamica cullante, psichedelica, come la nenia di una beghina che si tiene dentro i suoi orrori.
Quell' "ai nostri monti" con la caduta ritmica, che ti blocca il fiato, prima di ogni ripresa della frase (..."ài nostri monti.........rìtorneremo"), ti dà il mal di testa.
La Verrett, scusami, ma è un'altra cosa, almeno per me.
Sai cosa faccio? Vedo di mettere on-line nella sezione audio i tre brani di Trovatore incisi dalla Klose.
E poi mi dici, onestamente, se pensi che la Verrett abbia qualcosa in comune.
Comunque, ribadisco, nella visione generale - se non nello specifico del caso Verrett - siamo d'accordo!
Salutoni
Mat