Caro Somerset,
hai proprio ragione a sottolineare tutte quelle difficoltà.
Siamo dunque d'accordo che il personaggio femminile che dà il nome all'opera implica una complessità interpretativa non indifferente.
E' stato detto anche che quest'opera si basa sulla lotta degli opposti: l'odio e l'amore, la libertà ( Carmen) e il desiderio di un legame(Don Josè), il libero arbitrio egoista che crede di poter fare tutto da sè e il bisogno di affidarsi all'altro (Don Josè che non riesce a prospettare una vita sine Carmen; ci dice per l'appunto«Ah! laisse-moi te sauver, et me sauver avec toi!» ) ecc ecc...
Passando alla protagonista, Carmen non è solo istinto, delirio alla Bumbry, è anche consapevole accettazione del destino: lei legge le carte e in queste vi trova l'inesorabile presagio della morte; eppure a questa va incontro a testa alta, almeno io credo che l'accetti così...In quest'ultimo senso potrei essere per un momento pure portato a credere addirittura che la Berganza intellettuale abbia in verità azzeccato il personaggio...Eppure NO, lei non è la vera Carmen, seppur a me piaccia e piaccia anche il taglio abbiadiano,come pure sottolineava Stecca...
Rimango dell'idea che soltanto Maria Callas sia riuscita a comprendere tutte le sfaccettature del personaggio, lei donna piena di ardore, di slancio vitale, ma che nella vita ha sofferto, e che dall'amore è stata violentata nell'intimo, lei, donna che aveva negli occhi la luce della seduzione, che di esso aveva una visione forse istintuale e per questo molto ingenua, un pò fanciullesca, come ha dimostrato alla fine verso l'impossibile Pasolini. La Maria Callas delle contraddizioni della propia vita privata ci ha dato quello che nessun altra ha più potuto...
Quid facere oggi con il personaggio? Beh io mi "accontenterei",meglio, vorrei, se dovessi dirigere l'opera, una cantante che cercasse di far emergere il più possibile lo spirito accattivante, di zingara "che non obbedisce a leggi"...Vorrei una Carmen che ogni volta che guarda il pubblico sembrasse dire con gli occhi "l'amoru est un oiseau rebelle"... So che ciò lo pensano in molti ma perchè anch'io?
Perchè pure io rinuncerei ad addentrarmi con letture eccessivamente personali, con un taglio, ad esempio, intimista. Il senso dell'opera e delle ambiguità credo debbano emergere su un piano oggettivo, senza bisogno di chiavi di lettura specifiche. Ecco perchè un Solti qui è perfetto: egli elabora spesso un sistema e un impianto di esposizione dell'opera che può apparire, come mi pareva dicesse Alberich, soprattutto "accattivante" (e a sua volta un pochino superficiale). Eppure, tra una nota e l'altra, i personaggi iniziano a delinearsi da sè, a venire fuori: da Carmen ai meno delineati e meno importanti che ovviamente godoni di minor spazio. E il tutto senza che poi spunti una Berganza che dopo aver ballato con gli zingari per placare gli ardori della passione si siede a sosrseggiare un tè con Abbado discutendo di Sartre o di esistenzialismo(
eh eh eh, però non sarebbe così male anche questo)...
Salutoni
«Fortunato l’uom che prende / ogni cosa pel buon verso, / e tra i casi e le vicende / da ragion guidar si fa»