Ce n'è proprio per tutti i gusti!
E' interessante notare come il mercato discografico attuale sia dominato - si fa per dire, ovviamente - da due dischi: uno è il recital di Grigolo che canta un helzapoppin di arie italiane di vario genere (dal lamento di Federico a "Arrivederci Roma" di Renato Rascel); l'altro è il raffinatissimo - e talvolta un filo noioso, ma lo dico sommessamente - recital di arie spagnole di Patrica Pétibon.
Ci sarebbe poi quello di Villazon che interpreta brani di colonne sonore di film, ma lo lascerei stare perché non l'ho sentito e perché mi sembra particolarmente trash; mi concentrerei pertanto sui primi due.
La Pétibon, iniziata come stellina del barocco, ha ormai una sua precisa personalità di interprete che l'ha portata a essere una delle più importanti Lulu del nostro tempo; il suo disco - estetizzante, approfondito, vissutissimo - ha il solo limite di essere un po' troppo lungo per un repertorio (di cui lei è appassionata) che appare lontano dal nostro gusto.
Il caso di Grigolo è, se possibile, ancora più singolare. L'accostamento dei brani - Amor ti vieta, Core 'ngrato, Torna a Surriento, Caruso, M'apparì e altri ancora - fa pensare.
La sensazione che ho io è che Pavarotti abbia lasciato il vuoto istituzionale del "tenore italiano" di buona memoria, erede dei vari Caruso, Schipa, Gigli e compagnia variamente cantante, e che Grigolo abbia la sensazione di essere predestinato a colmare quel vuoto.
Il programma è da brivido, in tal senso: provare per credere!
I brani sono cantati bene, benissimo; ma a chi serve? Or non è più quel tempo e quell'età.
Sono perplesso