FRITZ KOBUS ha scritto:Purtroppo l'opera non è che uno spettacolo del passato e sta cambiando diventando un'altra cosa, in linea con i nostri tempi snaturati e ciechi.
Caro Fritz, ho quotato questa affermazione - presa dal thread dell'amplificazione- perchè significativa del tuo, più che legittimo, modo di ragionare sull'opera.
L'ho messa in apertura per evitare derive nella discussione.
Poichè io parto da presupposti radicalmente diversi dai tuoi necessariamente le conclusioni saranno radicalmente diverse.
A differenza tua sono convinto -e se hai avuto la pazienza di leggermi te ne sarai accorto- che attualmente l'opera stia vivendo un momento di grande vitalità ed esuberanza. E quello che tu indichi come limite (sta diventando un'altra cosa) per me è invece un forte segnale di cambiamento in grado di farla uscire dalla secche in cui si era impantanata. Detto semplicemente, l'Opera stava diventando un gelido monumento fine a stesso, incapace di dialogare con il presente, misurata da specialisti e da dilettanti esclusivamente con il metro dei valori vocali e musicali.
Valori che, beninteso, ci sono, sono importantissimi e vanno salvaguardati. Ma che si giustificano, per come la vedo io, esclusivamente se indirizzati al fine di fare teatro in musica, a prescindere da qualsiasi autore o da qualsiasi repertorio.
Per sopravvivere nega tragicamente se stessa.
Invece, secondo me l'opera negava se stessa proprio quando si esauriva in un'esibizione più o meno pregevole, a seconda dei casi, di valori vocali e musicali. E lì si fermava. In pratica confondeva il mezzo con il fine.
L'opera è fatta di codici e di segni drammaturgici. Tramite questi esprime un contenuto teatrale. La musica e il canto sono mezzi per esprimere questi contenuti. Per quanto pregevoli ed entusiasmanti non bastano da soli.
Semplifico e forse banalizzo: l'Opera è teatro in musica e non viceversa.
Detto questo mi lego alla seconda frase.
Non credo che la verità sia di questa terra, ma non posso fare a meno di ricercarla.
Sono del parere che la "ricerca di una verità" nell'opera, ma anche nel teatro o nel cinema o nella musica strumentale sia un esercizio sterile. Semplicemente perchè non esiste un canone estetico-filosofico-drammaturgico a cui rifarsi che ci permetta di stabilire serenamente "ecco, l'opera è quella cosa lì" oppure "ecco, quello è il vero Rigoletto". E aggiungo che sono molto contento che non ci sia; perchè altrimenti parleremmo di un genere già morto perchè privo di qualunque possibilità di sviluppo. L'Opera è una faccenda mobile, che si muove nel tempo, cambia, si rigenera.
Per vivere, come qualsiasi forma di spettacolo, deve parlare alla contemporaneità. E per farlo, musicalmente, teatralmente, vocalmente, deve reinventarsi.
Il disco non è un falso. E' solo un mezzo diverso di "sentire" l'Opera. Un mezzo limitato, ne convengo, un mezzo che ha contribuito negli anni alla trasformazione dell'opera in un fatto quasi esclusivamente musicale per non dire vocale, ma non è un falso.
Peansate a cosa significa in termini di disabitudine o inibizione ad un ascolto ponderato, la cosiddetta musica di sottofondo da cui nessuno si salva più, presente nei negozi, nei supermercati, nei distributori, fuori dai bar, ecc...
Per quel che mi riguarda la disabitudine a un ascolto ponderato deriva da altre cose. Quando ero ragazzino, con pochi soldi, compravo quattro o cinque opere all'anno (che costavano infinitamente più di adesso con buona pace di chi si lamenta) ed ero capace di ascoltare anche per un mese lo stesso titolo. Ricordo che quando mi regalarono il mio primo Ring (Karajan, 19 LP, peso 9 chili e rotti) ascoltai quello per un anno intero. Era il 1976.
Adesso ho più soldi ma meno tempo. Dedico risicati quarti d'ora all'ascolto tra telefonate e impegni vari. Rimpiango la concentrazione di quegli ascolti.
Caro Fritz, ti ringrazio per gli spunti
WSM