DottorMalatesta ha scritto:1. Riproporre, in occasione dell´Expo, per l´ennesima volta la Boheme di Zeffirelli è la dimostrazione evidente che da trent´anni a questa parte si è quasi programmaticamente rifiutato di lavorare per creare una "identità-Scala" ben definita, riconoscibile, ed "esportabile"...
Vedo che anche tu - come Pietro e come altri - te la prendi con la "famigerata"
Boheme di Zeffirelli, come se fosse questo spettacolo il problema della Scala o come se fosse l'emblema dell'immobilismo di quel teatro. Secondo me non è così: non è quello il punto. E anzi, nella costruzione di una identità riconoscibile, definita ed esportabile, la
Boheme di Zeffirelli DEVE esserci, come uno dei più importanti risultati artistici della storia dell'ultimo secolo del teatro milanese, così come il
Barbiere di Siviglia di Ponnelle...esattamente come l'
Arlecchino servitore di due padroni di Strehler - che risale addirittura al 1947 - è parte del DNA del Piccolo. E' un simbolo: identificato, esportato, amato. Rappresenta un punto ferma nella tradizione e nella storia di un teatro che non può essere spazzata via o sacrificata sull'altare della moda o della modernità. E' la
Boheme di Karajan, di Kleiber, del giovane Pavarotti: è un pezzo di Scala che sarebbe un delitto buttare in pattumiera (come purtroppo è accaduto con molti vecchi allestimenti: penso all'
Otello dello stesso Zeffirelli). Se mai i problemi sono di altra natura: la qualità delle riprese e affiancare spettacoli storici (irrinunciabili) a nuove proposte. Così da lasciare una scelta saggia tra godere di un allestimento meraviglioso (anche se conosciuto a memoria) o vedere qualcosa di diverso: legittimamente ognuno farà le sue scelte, ma così come ogni anno vado al Piccolo per calarmi nel puro teatro dell'Arlecchino di Strehler così, anche quest'anno - biglietti permettendo - tornerò per godermi Zeffirelli prima che qualche scriteriato o invasato decida di buttare tutto alle ortiche per impormi tossici, battone e crudeltà mentali. Il problema di questa stagione - e della recente storia scaligera - non sono i simboli, né la sua storia, ma la totale mancanza di idee: si ricicla, si prende in prestito, si compra all'estero, ma non si produce nulla di nuovo (o quando lo si fa, si generano orrori come il Ring).
Dici "versante registico nulla"...sì, hai ragione, ma la cosa più grave è il nulla artistico complessivo (e che arte puoi fare con Santi, Maazel, Cura, Nucci, Rizzi, Ranzani, Zanetti, l'italian tenor Grigolo - sempre più cafone - Villazon, Alagna redivivo, Jose Carreras etc...). Un vuoto pneumatico che rincorre sé stesso ad uso turistico e per spettatori beoti: in Italia intendono così l'EXPO, non una vetrina di eccellenza, ma una bancarella del mercato...
Lissner o Pereira o Pisapia o chi vuoi tu...è un concorso di colpa. Dal post Muti manca una vera programmazione e una politica culturale e artistica: si naviga a braccio e ci si arena dove si può (o dove costa meno).
Ps: la Bartoli canterà in uno dei suoi consueti concertini....dedicato a Vivaldi con Fasolis (Sardelli probabilmente neppure sanno chi è...come del resto non sanno chi è Zimerman - il più grande pianista vivente - che è appena stato al Conservatorio per suonare le ultime tre sonate per piano di Beethoven, davanti a una sala con posti vuoti...alla Scala invece suonano solo il mediocre Barenboim e il solito e ormai sterile Pollini).