mattioli ha scritto:Bisognerebbe ragionare sul fatto che alcuni critici italiani (uno in particolare) che stroncarono il Ring del '76 siano ancora in circolazione, raglianti e pontificanti come se niente fosse...
Invece questi non ci azzeccano mai, prendono cantonate ogni volta che scrivono, eppure sono sempre lì a distribuire stronzate.
Senza che mai una pernacchia li seppellisca.
Mah...
Ti sento particolarmente amaro, Alberto.
Siamo d'accordo: il momento è particolarmente triste perché abbiamo perso uno dei Grandi Interpreti dei nostri tempi, ma non capisco le ragione dell'amarezza.
Ne parlavo l'altro giorno con il Grasso Messere che era particolarmente triste dopo aver partecipato, in guisa di relatore, a una conferenza sulle regie del teatro d'opera, ed esservisi avvilito di fronte al pressapochismo e all'arretratezza culturale ivi regnanti.
Il problema vero è che si tratta di un argomento difficile per un paese (la minuscola è obbligatoria) come il nostro che vive ancora sulla rappresentazione didascalica come unico obbiettivo ambibile; il GM ha costruito la propria fama personale su questo argomento specifico, e quindi mi posso solo immaginare come e quanto si sia intristito nel vedere il "suo" argomento svilito e martirizzato da una mandria di personaggi che - per lo più - nemmeno sanno di cosa si stia parlando...
Ma questa è la situazione in Italia.
Al di fuori di una ridotta cerchia, nessuno in questo porco paese sa chi sia stato Patrice Chéreau; e alcuni dei tuoi colleghi critici si adeguano a questo andazzo, senza sapere di cosa stanno parlando, ma parlandone tuttavia.
Tanto per darti il polso del progresso che avanza, ti segnalo che giusto l'altro giorno sul gruppo "La lirica su Facebook", ci si è accapigliati per oltre 200 post sai su chi?...
Tienti forte: non ci arriverai mai!
Rodolfo Celletti!
Siamo nel 2013 e, in Italia, il paese che tu contempli dall'eletto
buen retiro dove ti trovi, ci si accapiglia ancora su Rodolfo Celletti, tutti serrati intorno a un sedicente
maitre à penser che tutti venerano come fosse la buonanima recidiva del critico, a massacrare le gonadi (proprie ma soprattutto altrui) sulla voce che galleggia sul fiato e altre amenità di questo genere. E passi se si trattasse solo di opinioni: guai a contraddire! Giù insulti!
E la cosa che più mi ha meravigliato in questo campionario di variegata umanità è stato notare che i più scatenati, i più violenti nell'insulto fossero quelli più giovani: quelli cioè che teoricamente dovrebbero essere più aperti.
In questo desolante panorama di arretratezza culturale quasi esclusivamente italiano (dico quasi esclusivamente perché il Divino, giustamente, poneva l'accento sul fatto che a Vienna abbiano scritturato come Rance il peggior esponente dell'arte baritonale degli ultimi centocinquant'anni, vale a dire Tomasz Konieczny, uno che quando entra a teatro dovrebbe pagare il biglietto), ti sembra possibile fare una riflessione seria sul contributo portato da Patrice Chéreau (e Richard Peduzzi, ovviamente) nell'arte della rappresentazione?
Ti sembra che in un'Italietta che ancora pratica atti impuri pensando a Celletti, agli
acuti presi sul sorriso, al
passaggio superiore e alla
voce che galleggia sul fiato, sia possibile cominciare a disquisire in modo costruttivo di regie, qui viste come un alibi del malcanto?
Non voglio dire che un argomento dipenda da un altro; mi sembra però che spesso le tematiche vadano congiunte.
Parli di regia? Vuol dire che non capisci un cazzo di canto.
No, Alberto.
Mi spiace che il mio Adorabile Grassone non scriva più su queste pagine, perché mi farebbe piacere raccogliere anche il suo lamento, ma questa è la verità: oggi è morto Chéreau, ma noi continuiamo a prenderli... sul sorriso.
Gli acuti, ovviamente