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Sergiu Celibidache
Inviato:
mar 13 nov 2007, 23:08
da tatiana
Secondo voi perchè Celibidache non ha mai diretto un'opera lirica? Vorrei sentire cosa ne pensate voi. Io una piccola idea ce l'avrei.
Aspetto le vostre opinioni, mi interessano molto
Tatiana
Inviato:
mer 14 nov 2007, 1:13
da teo.emme
Celibidache non ha mai diretto opere per la sua incomprensione del rapporto parola/musica. Nella sua personale visione estetica egli poneva il suono come linguaggio universale, unico, immediato, astratto. E su questo lavorava, sulla dilatazione dello stesso, sulla enucleazione o la sottolineatura delle costruzioni. Ma questo era possibile unicamente perchè il suono è uno solo, e un RE è un RE oggettivamente. La parola invece è intercambiabile, basta mantenere la metrica, e può essere sostituita. Così almeno pensava Celibidache, che riteneva in connubio parola/musica come incoerente, non univoco. Mentre la musica è universale e unica, la parola è simbolico, scambiabile. Ecco perchè si avvicinò al massimo alla musica sacra, perchè lì la parola diviene formula, non ha più un "significato" da comunicare alla coscienza dell'ascoltatore, che può essere così recepito in mille modi differenti, diviene "rito" che trascende dal testo, si svuota, diviene appunto suono, mero suono. Celibidache infatti tratta le voci, in questi casi, come strumenti, incurante delle prescrizioni autoriali e del significato che esse hanno, laddove egli, invece, ricerchi altri effetti.
Io personalmente, che pure adoro Celibidache, ritengo che parta in questo caso, da premesse sbagliate.
E' un peccato però, sarebbe stato interessantissimo ascoltare un'opera diretta da lui.
Inviato:
mer 14 nov 2007, 1:40
da walpurgys
Se non sbaglio l'unica cosa lontanamente ''operistica'' che abbia diretto è stata la Messa da Requiem di Verdi Filipova, Runkel, Dvorsky, Rydl...che a quanto ho letto non ha acceso l'entusiasmo della critica...
Inviato:
mer 14 nov 2007, 9:44
da Luca
Se non sbaglio l'unica cosa lontanamente ''operistica'' che abbia diretto è stata la Messa da Requiem di Verdi Filipova, Runkel, Dvorsky, Rydl...che a quanto ho letto non ha acceso l'entusiasmo della critica...
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Anche il Requiem e la Messa K 427 in Do min. di Mozart di cui esistono incisioni.
Saluti, Luca.
Inviato:
mer 14 nov 2007, 14:33
da teo.emme
Ha inciso anche il Requiem di Faurè, il Deutsche Requiem di Brahms, il Te Deum e la Messa in Fa minore di Bruckner, la Sinfonia di Salmi di Stravinsky, la Messa in Si Minore di Bach... Oltre al Requiem di Mozart e a quello di Verdi. A proposito di quest'ultimo devo dire che la critica ha avuto ragione: è un Requiem francamente brutto, totalmente frainteso da parte di Celibidache che, probabilmente, è lontano anni luce dall'estetica verdiana. Particolarmente censurabile, oltre la generale impostazione (seppur con momenti suggestivi), la scelta delle voci. Pessime e pessimamente dirette. Inascoltabile il tenore, Dvorsky, che segna, forse, una delle peggiori interpretazioni del ruolo nella storia del disco (la palma della peggiore secondo me se la giocano lui, Botha e Domingo).
Inviato:
mer 14 nov 2007, 19:16
da PQYD
Approfitto del 3d per chiedere: esistono registrazioni di Celibidache che dirige sinfonie di Rossini? Ho sentito quella della Gazza ladra e l'ho trovata di un fuoco e di un'esattezza difficili da eguagliare.
Inviato:
mer 14 nov 2007, 20:12
da teo.emme
Esiste un bel cd della EMI che contiene alcune sinfonie di opere: Guglielmo Tell, La Scala di Seta, Semiramide, La Gazza Ladra, La Forza del Destino e Don Giovanni.
Inviato:
mer 14 nov 2007, 22:39
da tatiana
teo.emme ha scritto:Esiste un bel cd della EMI che contiene alcune sinfonie di opere: Guglielmo Tell, La Scala di Seta, Semiramide, La Gazza Ladra, La Forza del Destino e Don Giovanni.
Questo cd mi mancava!!! Devo procurarmelo subito.
Tatiana
Inviato:
gio 15 nov 2007, 11:49
da beckmesser
teo.emme ha scritto:Celibidache non ha mai diretto opere per la sua incomprensione del rapporto parola/musica. Nella sua personale visione estetica egli poneva il suono come linguaggio universale, unico, immediato, astratto. E su questo lavorava, sulla dilatazione dello stesso, sulla enucleazione o la sottolineatura delle costruzioni. Ma questo era possibile unicamente perchè il suono è uno solo, e un RE è un RE oggettivamente. La parola invece è intercambiabile, basta mantenere la metrica, e può essere sostituita. Così almeno pensava Celibidache, che riteneva in connubio parola/musica come incoerente, non univoco. Mentre la musica è universale e unica, la parola è simbolico, scambiabile. Ecco perchè si avvicinò al massimo alla musica sacra, perchè lì la parola diviene formula, non ha più un "significato" da comunicare alla coscienza dell'ascoltatore, che può essere così recepito in mille modi differenti, diviene "rito" che trascende dal testo, si svuota, diviene appunto suono, mero suono. Celibidache infatti tratta le voci, in questi casi, come strumenti, incurante delle prescrizioni autoriali e del significato che esse hanno, laddove egli, invece, ricerchi altri effetti.
Io personalmente, che pure adoro Celibidache, ritengo che parta in questo caso, da premesse sbagliate.
E' un peccato però, sarebbe stato interessantissimo ascoltare un'opera diretta da lui.
In linea teorica sono assolutamente d’accordo con te, e anzi credo che il tuo discorso sia ricco di molti spunti che mi han dato da pensare, eppure… eppure resta il fatto che ogni volta che riascolto quel capolavoro che è la sua interpretazione italiana della Messa in do minore di Mozart non posso che restare di stucco per come Celibidache in realtà riesce a cogliere ed a rendere come nessun altro il carattere indiscutibilmente operistico di brani come il Laudamus o, soprattutto, l’incredibile terzetto del Quoniam. Voglio dire: l’abilità di “accompagnare” una voce integrandosi con essa, di valorizzare e rendere espressive agilità che con altri (anche grandi) nomi sembrano sempre posticce e scollate dal resto del discorso, di enfatizzare con senso “teatrale” strepitoso gli snodi fondamentali di ogni brano, a me sembrano quelli di un potenziale uomo di teatro di gran razza, e sono d’accordo che il mancato accostamento all’opera di Celibidache resta (insieme alla scarsezza del lascito di Kleiber figlio) uno dei rimpianti più cocenti che un ascoltatore d’opera possa provare.
In verità, credo che la ragione fosse prettamente pragmatica: l’opera richiede interazione con altre personalità, e Celibidache non era uomo da condividere il proprio lavoro con registi e prime donne. Avesse diretto opere, credo avrebbe scelto la via dell’ultimo Karajan, producendosi da solo anche le proprie (mediocri) messinscene…
Inviato:
gio 15 nov 2007, 16:36
da tatiana
beckmesser ha scritto:
In verità, credo che la ragione fosse prettamente pragmatica: l’opera richiede interazione con altre personalità, e Celibidache non era uomo da condividere il proprio lavoro con registi e prime donne. Avesse diretto opere, credo avrebbe scelto la via dell’ultimo Karajan, producendosi da solo anche le proprie (mediocri) messinscene…
Anche la mia idea è questa. Ma anche quello che ha scritto teo.emme lo trovo molto interessante e l'ho riletto molte volte.
La messa in Do minore di Mozart diretta da Celibidache è davvero un capolavoro interpretativo.
Il Requiem di Verdi diretto da lui invece lo trovo brutto come avete detto anche voi.
Re: Celibidache e il suo rifiuto per l'opera
Inviato:
sab 11 apr 2009, 18:39
da gustav
Riaprendo questo vecchio topic, ho trovato un'intervista di Celibidache in cui lui stesso parla del suo rifiuto di dirigere l'opera.
Queste le frasi che ci interessano:
"Il diniego all'opera: una questione di scelta anche questa?
Celibidache: "L'esecuzione operistica comporta troppe imprecisioni e compromessi. Già è difficile e mai perfetto l'equilibrio di un concerto. Così ho dovuto rinunciarvi. Ma conosco e amo moltissimo il repertorio lirico, così da quando sono a Monaco mi sono battuto per realizzare esecuzioni in forma d'oratorio. L'anno scorso ho diretto Così fan tutte, nella primavera dell'85, per l'inaugurazione del nuovo auditorium della Filarmonica, ho programmato nella stessa forma un'esecuzione del Wozzeck di Berg".
Il link dell'intervista completa:
http://heinrichvontrotta.blogspot.com/2 ... cia-e.htmlSalutoni a tutti!!!
Re: Celibidache e il suo rifiuto per l'opera
Inviato:
sab 11 apr 2009, 18:54
da pbagnoli
gustav ha scritto: Riaprendo questo vecchio topic, ho trovato un'intervista di Celibidache in cui lui stesso parla del suo rifiuto di dirigere l'opera.
Queste le frasi che ci interessano:
"Il diniego all'opera: una questione di scelta anche questa?
Celibidache: "L'esecuzione operistica comporta troppe imprecisioni e compromessi. Già è difficile e mai perfetto l'equilibrio di un concerto. Così ho dovuto rinunciarvi. Ma conosco e amo moltissimo il repertorio lirico, così da quando sono a Monaco mi sono battuto per realizzare esecuzioni in forma d'oratorio
Il Vecchio Leone non si discute: si accetta così com'è, con tutti i suoi pregi e anche con i suoi difettucci.
Avrei da discutere sull'equilibrio di un concerto; ci sono certe esecuzioni operistiche che mi sembrano molto più equilibrate di tanti concerti, e comunque non starò a ripetere quanto sia importante l'apporto di orchestra, canto, regia, ecc.
Penso che l'opera sia lo spettacolo per eccellenza, ma capisco il punto di vista di Celibidache che, quanto a questo, era in buona compagnia, se consideriamo l'atteggiamento tardivo di un Giulini.
Ciao!
Re: Celibidache e il suo rifiuto per l'opera
Inviato:
dom 12 apr 2009, 19:17
da gustav
Se non altro, Gelmetti, uno dei suoi discepoli, non mi sembra disprezzi affatto l'interpretazione di opere liriche.
Cmq il discorso per Giulini credo sia un pò diverso, meno "filosofico". Per quanto ne ho capito io mi sembrava più legato alla considerazione che la grande stagione della lirica, di cui era stato uno degli indiscussi protagonisti, stava declinando e lui si sentiva, piuttosto, legato a quello che era già stato, e, forse, aveva capito di aver detto, in quell'ambito, già tutto quello che poteva. Di Giulini dico solo questo perchè le sue ragioni le ho sempre trovate più dettate da un modo di sentire, da una reazione anche emotiva. Invece, dietro un Celibidache si celava qualcosa di diverso, anche dal punto di vista dell'origine culturale intesa proprio come provenienza di nascita.
E dei giudizi, talvota sprezzanti, che dava ai suoi colleghi direttori? (ahimè mi viene in mente cosa diceva del mio amato Abbado)...Al di là dell'aspetto anche triviale, in esse pensate ci siano delle regioni o siano state, spesso, il frutto di una personalità portata, talora, all'eccesso dei toni?
Re: Celibidache e il suo rifiuto per l'opera
Inviato:
dom 12 apr 2009, 19:23
da gustav
In aggiunta al messaggio precedente, se volete, date un'occhiata qua:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... leghi.htmlAltro che bacchetta ai suoi colleghi
Re: Celibidache e il suo rifiuto per l'opera
Inviato:
gio 16 apr 2009, 11:58
da Tucidide
Giudicare una persona ed il suo carattere da frasette estrapolate ad arte dai giornalisti è sempre pericoloso e forviante.
Pure, se sono vere anche in minima parte le affermazioni riferite dall'articolo, le trovo indecorose di un artista.
La peggiore è quella riferita a Karajan, paragonato alla Coca Cola, evidentemente per il grandissimo successo, fomite eterno di invidie e superciliosi commenti al vetriolo.
L'idea che "piacere a molti è male", come diceva Schiller poi ripreso da Klimt, è a mio avviso una colossale stupidata, scaturigine dell'intellettualoidismo d'accatto: ciò che più detesto nel mondo.