Premetto, Triboulet, che il fatto che io abbia su Boehm un'opinione più alta di te non rende le tue idee meno giuste e condivisibili. Stiamo solo confrontando opinioni personali!
E alla sfera delle opinioni personale attiene non solo il nostro giudizio su Boehm, ma anche ciò che ci aspettiamo da Strauss (o da Mozart, altro autore per cui Boehm ha scritto una pagina a sua modo rivoluzionaria).
Personalmente credo che il mio rapporto con Strauss (da ascoltatore) sia molto vicino a quello di Boehm (come interprete).
Anche io mi sono avvicinato a lui prestissimo, prima che ad altri autori. Avevo 14 anni quando (nel 1984) comprai la mia prima Elektra (Salisburgo 1957). Pochi mesi dopo comprai la mia prima Frau (Boehm), la mia prima Salome (Leinsdorf) e la mia prima Arabella (Solti). Mi registravo le cassette e me le portavo al liceo, in pullman!
Ci ho messo poco tempo a uscire dalla fase - per la quale tutti passiamo - di entusiasmo per gli splendori dell'orchestrazione e della scrittura; e con questa fase terminò anche quella (a sua volta abbastanza tipica) di soddisfazione elitaristica che si prova quando si ha la sensazione di essere usciti vittoriosi da un compositore tanto "difficile" (?).
Da allora in poi il mio amore per Strauss non è venuto meno, ma ha dovuto convivere col fastidio che sempre più apertamente provavo per quel qualcosa di sovrabbondante, retorico, compiaciuto, chiassoso che è nelle sue opere (e che infastidiva lo stesso Hofmannsthal) e che molti interpreti esasperano invece di oltrepassare.
Certe esecuzioni, che prima mi piacevano, cominciavano a darmi la sensazione che direttore e interpreti fossero rimasti ...alle fasi precedenti: quelle dell'eccitazione edonistica e del culto bacchico dell'apparente complessità, o, per lo meno, che si rivolgessero a un pubblico ancora fermo lì.
E così la mia iniziale ammirazione per il Solti straussiano (Elektra e Salome) si è trasformata in dispetto; contemporaneamente mi avvicinavo a Boehm, le cui incisioni sono diventate per me un oggetto di culto (tranne la Salome, strana, poco decifrabile...).
La sensazione che avevo è che anche a Boehm, come a me, non facesse più alcun effetto il "magma" straussiano, la stratificazione sonora, il chiasso geniale, l'erompere melodico... Era come se anche lui ormai lo desse per scontato e si mettesse alla ricerca di altre cose. La sua ossessione di "mettere ordine" in tutta quella ridondanza, di trasformare il magma in cristalleria, di seguire l'andamento narrativo senza mai scomporsi, equivaleva al mio stesso bisogno di andare oltre a quella superficie al "mascarpone", di non fidarsene, di provare che la grandezza di Strauss era oltre... più profoda, più sottile.
Non per questo ho abbandonato Karajan (la cui Elektra dal vivo a Salisburgo è sorprendente per sottigliezza e tensione; non parliamo della sua Salome EMI), né Mitropoulos, anche se la sua Salome è talmente caotica da stufarmi.
Ma la cifra di Boehm, quella sua minuziosità analitica che scava nell'emozione, resta per me l'ideale.
Un professore della quadratura? Già, ma non solo questo: ne è prova la pluridecennale intesa con la sua "cantante del cuore", quella Leonie Rysanek che invece, sulla quadratura, era spesso molto personale. Secondo me la scomposizione della forma non era in Boehm fine a se stessa (come non lo era in Wagner): Er Professor sapeva che fidandosi troppo della superficie (come fa Solti) si occulta ancora di più ciò che sta sotto e che in Strauss conta davvero.
A Enrico rispondo che anche io, come Maugham, non sono molto persuaso dall'esempio postato, a proposito dell'Elektra Unitel. Per quanto potesse agitarsi, quel vecchietto, a forzare un'orchestra recalcitrante (amante dello Strauss al mascarpone), non trovo il "mio" Boehm in quell'incisione: se si eccettua il colloquio tra Elektra e Clitennestra (che è un momento magico, per il direttore ma soprattutto per le grandissime Varnay e Rysanek), nel resto io sento eccesso di slanci e di abbandoni: un compiacersi di "suononi" un po' troppo cinematografici.
Ti sono comunque gratissimo degli spezzoni postati da Youtube: in particolare l'imitazione fatta da Berry è irresistibile...
Sono ancora qui che rido a pensare a Boehm furioso che continua per tutta la prova a ripetere agli orchestrali, mentre li sta dirigendo, che "quello vuole insegnarmi a dirigere".
Ok, lo so che siamo ancora nella fase delle "genericità"; forse si potrebbe scendere a esempi più specifici.
Magari proponendo qualche frammento da Youtube di opere con diversi interpreti, fra cui Boehm.
salutoni,
Mat