Vi anticipo un possibile prossimo topic del ciclo di articoli dedicati a Wagner: Marek Janowski.
E' un direttore molto, molto interessante per la cura maniacale del suono, per l'attenzione ai dettagli, per la pulizia formale e anche per una certa speditezza che non guasta mai affrontando questi colossali drammoni.
Come forse a voi tutti noto, la Pentatone sta distribuendo poco per volta le registrazioni che Janowski ha fatto di tutte le 10 opere del Canone fra il 2010 e il 2011. I cast sono molto interessanti. Io sinora ho ascoltato i Meistersinger - davvero eccellenti - e, in parte, un interessantissimo Parsifal; l'orchestra è quella Sinfonica dei Rundfunks di Berlino.
Francamente non condivido l'approccio di base, della rappresentazione live in forma di concerto.
Il teatro wagneriano è stato - negli ultimi sessant'anni - oggetto di una ricerca sfrenata in campo registico, con risultati magari non sempre all'altezza, ma che hanno sicuramente influenzato in modo rilevante anche l'evoluzione del linguaggio wagneriano.
Detto questo, ci sta che un vecchio Kapellmeister - quale Janowski in fondo è - possa desiderare di puntualizzare un po' la materia frenandone le derive eccessive; specie se detto KApellmeister ha fra le mani il progetto discografico più intrigante nell'imminenza dell'anniversario wagneriano. Come dire: mi hanno dato l'incarico di Farlo Giusto, e io vi do gli strumenti per avere un vero e proprio riferimento. L'ultima integrale - se così si può definire - era stata quella di Barenboim, per cui va benissimo averne una nuova.
E' curioso che sia stato chiamato un Janowski anziché, per dire, un Salonen, o un Rattle, che forse avrebbero offerto letture più stimolanti; o, al limite, un Pappano, anche per rinverdire il "Wagner internazionale" un po' languente. E' un ottimo direttore, Janowski, la materia la conosce benissimo, la dirige ottimamente, ma sta a questo repertorio come ci starebbe un Horst Stein, oppure un Peter Schneider; oppure, se si vuole, Klobucar, Suitner o Fischer: tutti ottimi professionisti, che conoscono della materia trappole e rifugi, ma che difficilmente arrivano a dare la lettura illuminante, quella illuminata dal lampo del genio e che squaderna nuove prospettive. E' la stessa sensazione che aveva evocato il primo Ring inciso da Janowski: ottima resa complessiva, ottimo e solido professionismo, ottimi suoni; mancava solo il genio...
E' già meno curiosa la scelta dei cantanti, ottimo parterre maturato alle pendici del Colle: giganteggia Dohmen, veramente impressionante, ma devo dire che anche il resto non è male.
E la scelta del solo audio?
Mah.
Siamo in un'epoca di grandi produzioni teatrali; si sarebbe forse potuto fare uno sforzo per coinvolgere nel progetto i più grandi registi contemporanei, ma l'intenzione espressa apertis verbis è quella di far sì che il fruitore possa concentrarsi solo sulla musica
Comunque, per quello che si sente, la produzione non è davvero niente male: Marek Janowski ha davvero frecce al proprio arco!