MatMarazzi ha scritto:Forse invece che alla qualifica di "storico" dovremmo limitarci a quello di "artisticamente grande".
E allora in questo caso diventa facile distinguere fra la Gioconda (favolosa) della Scotto e l'imbarazzante Enzo Grimaldo (inguardabile e inascoltabile, ma molto più "mito" di lei) che si ritrovò al suo fianco a San Francisco.
Il problema però è sempre lo stesso. Mancando parametri oggettivi, o meglio, mancando un consenso su di essi, è difficile stabilire con questi criteri la grandezza artistica.
Il dato oggettivo è sempre o quasi numerico. E' arido, meccanico, ma da lì non si scappa. La popolarità è un dato oggettivo. Si può fare una statistica, valutare il numero di dischi venduti, il numero di recite in questo o quel teatro, il numero di ruoli cantati e di recite per ciascuno di essi, persino la frequenza di articoli su riviste, giornali, siti internet.
Basta questo per definire un cantante grande? Certamente no. Ma non si può prescindere da ciò, così come non si può, specialmente adesso, prescindere dalle vendite di un libro o dagli incassi ai botteghini per un film. Poi, c'è anche altro. Ma quello è importante. Diversamente, si ottiene una critica distaccata dalla realtà.
Personalmente, ritengo che un metodo coerente per valutare un cantante sia misurarne la fortuna, il cosiddetto Fortleben. Non è nemmeno detto che occorra molto tempo per valutare su questa base. Di un cantante mitico e mitizzato come Pavarotti, ferma restando la sua fama planetaria, non si ricordano molti dei tanti ruoli che ha affrontato: si cita sempre il suo Rodolfo con Karajan, il suo Duca, il suo Riccardo e il suo Fernando, il suo Edgardo. Su molto altro, ivi compreso Enzo Grimaldo, si sollevano dubbi e mugugni anche dai pavarottiani.
La Gencer non ha inciso nemmeno un disco, la Olivero un pugno. Ma di loro si ricordano tante cose, storicamente importanti, documentate o meno dal disco.
Di Blake e Merritt sono rimaste nella storia le imprese rossiniane, seppure non immortalate dal disco ufficiale.
Della Ricciarelli sopravvivono diversi fan, attratti non solo dal ricordo della sua splendida voce (che splendida lo era davvero), ma anche dal suo personaggio e dal suo essere diva ruspante e televisionara. Ma il suo lascito discografico non è oggetto di culto come un'incisione pirata della Sultana.
Torno un secondo a parlare di Karajan.
Io non sono convinto che, nello scegliere la Freni per Desdemona, Elisabetta e Aida, HvK avesse in mente una liricizzazione del personaggio. Secondo me, Karajan era convinto, stante il suo ego piccolissimo
di poter far cantare tutto a tutti: "tanto, ci sono io sotto! Voi cantate, e non preoccupatevi. Ci penso io a dosare l'orchestra, i pesi sonori e i colori strumentali!"
Potenzialmente, avrebbe potuto far cantare Aida alla Varady come alla Tomowa Sintow, alla Behrens come alla Bumbry. Scelse la Freni perché allora per lui la Freni era il massimo. Se ne era innamorato artisticamente. La Freni era comunque una musicista di ottimo livello, non faceva ammattire alle prove e la voce, beh, bella era bella! Si racconta che durante le prove di una Carmen in cui la Mirella era Micaela, Karajan depose la bacchetta durante la sua aria e si mise ad ascoltarla. Se è vero, è un episodio che dice molto. Non credo che Karajan volesse liricizzare Aida.
Semplicemente, era convinto che bastasse essere buoni musicisti e cantar bene per risolvere qualunque ruolo, purché.. ci fosse lui sul podio!
Diciamo, quasi una scommessa. "Scommettiamo che, con me sotto, anche la Freni può fare Aida?" Un po' come Sacchi, che diceva che in una squadra ben guidata e allenata non occorrono i fuoriclasse, bastano 11 giocatori applicati e concentrati, anche di medio livello. Poi, i trionfi li ottenne con i tre olandesi e Baresi, ma passi... sono dettagli!
Anche la Baltsa, usata un po' per tutto, da Octavian ad Amneris, da Carmen a Eboli, era un'artista favorita. Non penso che pensasse a lei perché volesse ricoluzionare il "suono" di Carmen, strappando la sigaraia ai vocioni sensuali. La Baltsa gli piaceva, e quindi la usava più che poteva.
Con i tenori, eccetto Vickers, cui comunque non chiese ruoli inauditi per la sua vocalità, non ebbe altrettanto affiatamento. Pavarotti deve a lui la sua prova artistica migliore in assoluto, quel Requiem alla Scala del '67, oltre che il Rodolfo discografico. Ma non si può dire che HvK stravedesse per lui. Carreras gli serviva più in assortimento con le voci femminili che aveva scelto che per reale merito musicale.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...