Samuel Ramey
Inviato: ven 07 mar 2008, 22:20
A proposito di Carlo Colombara, ho detto che in generale la voce di basso non è fra le mie favorite: chi mi conosce sa che la mia corda preferita è senza dubbio il soprano.
Tuttavia ho sempre fatto un'eccezione fra i bassi, trovando magnifica, davvero, la voce di Samuel Ramey.
Come si sa, non si trattava di un cantante tonitruante: la voce, pur essendo timbratissima e squillante (davvero tanto, trattandosi di un basso), non possedeva il volume di certi mostri sacri del passato, né pareva possedere l'autorevolezza di cavata.
Tuttavia, l'ho sempre trovato magnifico per due motivi. La prima è la straordinaria capacità tecnica, in grado di portare a nuova vita ruoli che fino a pochi anni prima non sarebbero stati nemmeno ipotizzabili, come Maometto II, Assur, lo stesso Mustafà nell'Italiana.
La seconda è quella che maggiormente vorrei discutere con voi, e parlo della sua personalità di interprete. Da Celletti in poi, questo basso è stato considerato bifronte: alla grande capacità vocalistica si contrapponeva, a detta della critica togata, una certa freddezza di interprete, una vera e propria mancanza di coinvolgimento emotivo.
Io devo dire che non mi sono mai trovato d'accordo con questa visione: cercherò di spiegare perché.
Ritengo che a fare di Sam Ramey un grande interprete (ma attenzione, solo di alcuni ruoli), concorrano in maniera decisiva due fattori. La leggerezza (relativa, si intende) della voce, e la sfrontata sicurezza dell'emissione. Tutto ciò lo rende a mio avviso irresistibile in certi ruoli, quelli da condottiero sicuro di sé, oppure da cattivo tenebroso, oppure da personaggio "sburone" (perdonate il romagnolismo - le mie origini si sentono ).
Un ruolo come, ad esempio, Escamillo, in bocca a Ramey diventa un vero torero macho, sicurissimo di sé e del suo appeal, dove la sfrontatezza degli acuti nella canzone del Toreador si traduce in fattore espressivo.
Oppure, prendiamo le 4 incarnazioni demoniache dei Racconti di Hoffmann. Non sono ruoli da vero principe delle tenebre, ma il carattere quasi operettistico dell'opera li rende poco più che bulli da salotto: Ramey è perfetto, e non solo nei momenti solistici, ma anche nei parlati.
Maometto II: un vero condottiero, altero, in cui la magnifica coloratura e la fluidità dell'emissione diventano fattore espressivo: viene da dire: uno che canta così bene, conquista altro che Costantinopoli!
Attila: in Verdi Sam non mi sembra sempre a suo agio, ma la scrittura di Attila è ancora molto legata a certo Donizetti, e quindi siamo ancora in paesaggio belcantista: Ramey è magnifico, e come per Maometto, la facilità di canto diventa cifra espressiva.
Meno bene vanno le cose per i personaggi di diverso tipo: Filippo II è un personaggio troppo tormentato e pieno di contrasti, e Ramey lo rende troppo volitivo e sicuro di sé: non è credibile - e poi qui la mancanza di una spontanea autorità vocale e timbrica si fa sentire.
Anche per Zaccaria non ci siamo: l'allure sacerdotale latita, e la serena "sicurezza" del profeta, che gli viene da Dio, è ben altra cosa rispetto alla sicurezza di cui fa mostra Escamillo - dovuta al successo in campo amoroso.
Dunque, forse non un cantante in grado di giocare al camaleonte, trovando pesi sonori ed alchimie vocali sempre nuove, ma di certo un cantante di livello storico, in grado di cantare ma anche interpretare molti personaggi (quelli a lui congeniali) in maniera convincente.
Voi che ne pensate?
Salutoni
Tuttavia ho sempre fatto un'eccezione fra i bassi, trovando magnifica, davvero, la voce di Samuel Ramey.
Come si sa, non si trattava di un cantante tonitruante: la voce, pur essendo timbratissima e squillante (davvero tanto, trattandosi di un basso), non possedeva il volume di certi mostri sacri del passato, né pareva possedere l'autorevolezza di cavata.
Tuttavia, l'ho sempre trovato magnifico per due motivi. La prima è la straordinaria capacità tecnica, in grado di portare a nuova vita ruoli che fino a pochi anni prima non sarebbero stati nemmeno ipotizzabili, come Maometto II, Assur, lo stesso Mustafà nell'Italiana.
La seconda è quella che maggiormente vorrei discutere con voi, e parlo della sua personalità di interprete. Da Celletti in poi, questo basso è stato considerato bifronte: alla grande capacità vocalistica si contrapponeva, a detta della critica togata, una certa freddezza di interprete, una vera e propria mancanza di coinvolgimento emotivo.
Io devo dire che non mi sono mai trovato d'accordo con questa visione: cercherò di spiegare perché.
Ritengo che a fare di Sam Ramey un grande interprete (ma attenzione, solo di alcuni ruoli), concorrano in maniera decisiva due fattori. La leggerezza (relativa, si intende) della voce, e la sfrontata sicurezza dell'emissione. Tutto ciò lo rende a mio avviso irresistibile in certi ruoli, quelli da condottiero sicuro di sé, oppure da cattivo tenebroso, oppure da personaggio "sburone" (perdonate il romagnolismo - le mie origini si sentono ).
Un ruolo come, ad esempio, Escamillo, in bocca a Ramey diventa un vero torero macho, sicurissimo di sé e del suo appeal, dove la sfrontatezza degli acuti nella canzone del Toreador si traduce in fattore espressivo.
Oppure, prendiamo le 4 incarnazioni demoniache dei Racconti di Hoffmann. Non sono ruoli da vero principe delle tenebre, ma il carattere quasi operettistico dell'opera li rende poco più che bulli da salotto: Ramey è perfetto, e non solo nei momenti solistici, ma anche nei parlati.
Maometto II: un vero condottiero, altero, in cui la magnifica coloratura e la fluidità dell'emissione diventano fattore espressivo: viene da dire: uno che canta così bene, conquista altro che Costantinopoli!
Attila: in Verdi Sam non mi sembra sempre a suo agio, ma la scrittura di Attila è ancora molto legata a certo Donizetti, e quindi siamo ancora in paesaggio belcantista: Ramey è magnifico, e come per Maometto, la facilità di canto diventa cifra espressiva.
Meno bene vanno le cose per i personaggi di diverso tipo: Filippo II è un personaggio troppo tormentato e pieno di contrasti, e Ramey lo rende troppo volitivo e sicuro di sé: non è credibile - e poi qui la mancanza di una spontanea autorità vocale e timbrica si fa sentire.
Anche per Zaccaria non ci siamo: l'allure sacerdotale latita, e la serena "sicurezza" del profeta, che gli viene da Dio, è ben altra cosa rispetto alla sicurezza di cui fa mostra Escamillo - dovuta al successo in campo amoroso.
Dunque, forse non un cantante in grado di giocare al camaleonte, trovando pesi sonori ed alchimie vocali sempre nuove, ma di certo un cantante di livello storico, in grado di cantare ma anche interpretare molti personaggi (quelli a lui congeniali) in maniera convincente.
Voi che ne pensate?
Salutoni