Cornell Mac Neil

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Cornell Mac Neil

Messaggioda vitus » sab 27 giu 2009, 19:03

ciao, propongo un thread su questo grande baritono nella speranza di scambiare con voi qualche opinione sulla sua arte. Per me si tratta di uno dei massimi baritoni verdiani del novecento. Per voce lo ritengo superiore ad altri baritoni americani come Milnes, Merrill ed anche al grande Warren (a livello interpretativo il confronto con quest'ultimo invece è tutto da fare). Una sfida più dura è con Tibbett. Nel suo periodo migliore, Mac neil ha sfoggiato una voce scura, ampia, con acuti potenti ed un'estensione ragguardevole, almeno pari a quella del nostro Cappuccilli. Gli anni settanta e ancora di più negli ottanta lo vedono ancora inteprete efficace ma con voce declinante. Il cantante presenta un colore che sembra essersi schiarito e un controllo del registro superiore inefficace, dovuto ad un'eccessiva apertura del suono. Ogni interpretazione verdiana è per me un riferimento: Amonasro, Don Carlos (si ascolti il fortunoso live con Labò), Simone, Carlo V, Germont. In campo verista citerò uno Scarpia impressionante, sebbene sulla scena il nostro Tito Gobbi abbia messo una pesante ipoteca sul ruolo.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda MatMarazzi » sab 27 giu 2009, 19:15

Caro Vitus,
premetto che mi piace moltissimo McNeal e sottoscrivo alla lettera tutto quel che hai scritto.
Più ancora nettamente di te, però, io credo nella superiorità dei suoi "maestri" da te giustamente citati: Tibbett e Warren.
A me pare che la linea Tibbett-Warren-McNeal (comunque a livelli altissimi) descriva un'impercettibile parabola discendente.
Tibbett è a mio parere un semplice genio. Uomo semplice, ruspante, facile all'esteriorità, ma con una forza di intuito drammaturgico e musicale semplicemente definitiva.
Warren mi ha sempre dato l'idea di voler assecondare il modello (almeno vocalmente e tecnicamente) ma senza disporre di una personalità ugaulmente vulcanica, anzi sobria, cauta e "borghese" (e questa era paradossalmente la sua grandezza: il cinismo, la mollezza e l'antieroismo delle sue migliori incarnazioni).
McNeal infine mi appare come un guerriero che dispone di tutte le armi possibili: la tecnica, la dinamica, l'estensione, l'espressività, la fisicità, l'impeto.
Solo che le sue battaglie non hanno qualcosa di davvero orignale: è come se mancasse l'intuito del grande stratega, una visione innovativa e inconfondibile.
Mi sembra uno di quei cantanti per cui "per far bene si fa così: e io lo faccio".
In Tibbett e Warren mi pare di riscontrare una ben diversa verità...

Insomma, mi piacerebbe che approfondissimo il rapporto fra questi tre grandissimi artisti.
Salutoni,
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Tucidide » sab 27 giu 2009, 20:04

Anch'io amo molto Cornell MacNeil, e vorrei ricordare il suo Rigoletto, a mio avviso uno dei migliori della discografia.

Nella linea d'evoluzione dei baritoni americani, dopo Tibbett, Warren e MacNeil si possono mettere prima Milnes e poi Hampson. Una bella scuola, indubbiamente.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda MatMarazzi » sab 27 giu 2009, 21:26

Tucidide ha scritto:Anch'io amo molto Cornell MacNeil, e vorrei ricordare il suo Rigoletto, a mio avviso uno dei migliori della discografia.

Nella linea d'evoluzione dei baritoni americani, dopo Tibbett, Warren e MacNeil si possono mettere prima Milnes e poi Hampson. Una bella scuola, indubbiamente.


Milnes sì, ma Hamspon no. E' un altro universo.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Tucidide » dom 28 giu 2009, 12:14

MatMarazzi ha scritto:
Tucidide ha scritto:Anch'io amo molto Cornell MacNeil, e vorrei ricordare il suo Rigoletto, a mio avviso uno dei migliori della discografia.

Nella linea d'evoluzione dei baritoni americani, dopo Tibbett, Warren e MacNeil si possono mettere prima Milnes e poi Hampson. Una bella scuola, indubbiamente.


Milnes sì, ma Hamspon no. E' un altro universo.

Sicuramente, anche se il repertorio di Hampson, partito come mozartiano, ha via via acquisito anche qualche personaggio verdiano, come Macbeth e Germont padre.
Che poi i modi espressivi e anche tecnici di Hampson siano diversi dagli altri, è verissimo. :D
Mi stavo chiedendo: adesso c'è qualche baritono, americano o no, inserito nella scia Tibbett - Warren eccetera?
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Maugham » dom 28 giu 2009, 12:18

Tucidide ha scritto:Mi stavo chiedendo: adesso c'è qualche baritono, americano o no, inserito nella scia Tibbett - Warren eccetera?


Sulla scia di Warren non so.
Su quella di MacNeil senza dubbio Lucic.

Comunque ritengo che MacNeil più che nella scia di Warren, sia ascrivibile più in quella di Merrill di cui raccolse, dalla fine degli anni Cinquanta in poi l'eredità al Met diventando un po' una chiave per tutte le toppe.
Con Warren ci vedo poche cose in comune se non il repertorio.
Culshaw racconta che Karajan lo accettò obtorto collo nella sua Aida viennese Decca. Voleva Bastianini. Rosengarten in un certo senso glielo impose perchè avrebbe aperto il mercato americano che, su questo titolo, vedeva trionfare la RCA.
Karajan abbozzò e, come contropartita, per tutte le prove non gli rivolse quasi mai la parola (parlava con lui per interposta persona) e lo chiamava sprezzantemente "quel cow-boy".
Sta di fatto che, mi sembra, non lavorarono più insieme ma Macneil -Karajan o non Karajan- diventò una stella del catalogo DECCA.
Il suo Jack Rance per me è insuperato. In disco.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Luca » dom 28 giu 2009, 15:39

Il suo Jack Rance per me è insuperato. In disco.
======================================================
Concordo con quanto dice Maugham in linea generale ed aggiungo qualcosa su questo baritono da me molto gradito: nonostante la presenza di Milnes nella discografia dell'opera pucciniana, Mc Neil è il migliore sceriffo delle incisioni di Fanciulla; personalmente lo preferisco a Milnes che negli acuti non è che sia una folgore per quel suo 'andare indietro', mentre Mc Neil era molto meglio (cf. Rigoletto live di Buenos Aires con la Gencer e Raimondi diretto da Quadri del '61). Inoltre il fatto che Mc Neil sia molto presente in casa Decca (ed è vero) non esclude che, nell'epoca tra la fine anni '50 ed fine anni '70, egli - mio avviso - non è stato ancor più valorizzato da quella casa in personaggi che solo successivamente ha cantato e dei quali c'è qualche 'live'. Ad esempio: Giorgio Germont (ed. con Sutherland/Bergonzi c'è Merril che l'aveva già cantata con Toscanini), Carmen (ed. con Resnik/Del Monaco diretta da Schippers c'è Krause, ma Mc Neil poteva riuscire senz'altro meglio, eliminando anche Del Monaco e sostituirlo con Vickers), Scarpia (nell'edizione con Tebaldi/Del Monaco c'è London, oppure in quella con Nilsson/Corelli c'è Fischer Dieskau bisognerà attendere qualche anno per ascoltare lo Scarpia di Mc Neil), Barnaba (nell'edizione con la Tebaldi/Bergonzi/Horne c'è ancora Merrill), ma anche lo stesso Don Carlo (inciso qualche anno prima con lo stesso cast avrebbe giovato alla Tebaldi e avrebbe avuto in Mc Neil un Posa forse non dialetticamente analitico come Fischer Dieskau, ma forse superiore nella pura vocalità) e forse qualche altro titolo che ora non mi sovviene immediatamente. Riprendendo la frase di Maugham: una stella del catalogo DECCA, ma forse alla quale non è stata data occasione di splendere come doveva.

Che ne pensate ?
Saluti, Luca.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Rodrigo » dom 28 giu 2009, 16:39

Luca ha scritto:(cf. Rigoletto live di Buenos Aires con la Gencer e Raimondi diretto da Quadri del '61)

Un vetusto LP con una selezione di quel Rigoletto è stato il mio primo incontro con l'opera verdiana e uno dei primissimi con il melodramma in assoluto! (avevo suppergiù sui 12 anni :D :oops: )
La ricordo come una registrazione molto ruspante: tenore e baritono in vena di puntature e cadenze ad ogni piè sospinto; direzione garibaldina e tifo da stadio da parte del pubblico argentino.
Oggi probabilmente mi lascerebbe un po' freddino, ma all'epoca era un'incisione che mi esaltava ad ogni ascolto.
Beata gioventù!
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Maugham » dom 28 giu 2009, 16:48

Luca ha scritto:, Carmen (ed. con Resnik/Del Monaco diretta da Schippers c'è Krause, ma Mc Neil poteva riuscire senz'altro meglio, eliminando anche Del Monaco e sostituirlo con Vickers),


Pensa che in quella Carmen doveva esserci Di Stefano. Poi, i coniugi Del Monaco assediarono Rosengarten perchè operasse il cambiamento nel cast. La Decca dovette cedere e lo fece a malincuore perchè Del Monaco, negli USA, dove stava stravendendo la Carmen di Karajan RCA, questo tenore era considerato a fine corsa mentre Di Stefano no. :shock:
In più glielo dovevano perche Del Monaco non aveva ancora digerito il fatto che Karajan gli avesse anteposto Bergonzi nell'Aida di pochi anni prima.


una stella del catalogo DECCA, ma forse alla quale non è stata data occasione di splendere come doveva.


Be' in soli nove anni registrare Fanciulla, Cavalleria e Pagliacci, due Rigoletti, Ballo, Aida e Luisa Miller non è un brutto andare... no? :)
Ciao
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Tucidide » dom 28 giu 2009, 17:39

Maugham ha scritto:Comunque ritengo che MacNeil più che nella scia di Warren, sia ascrivibile più in quella di Merrill di cui raccolse, dalla fine degli anni Cinquanta in poi l'eredità al Met diventando un po' una chiave per tutte le toppe.
Con Warren ci vedo poche cose in comune se non il repertorio.

Io però trovo che Merrill fosse assai più esteriore e muscolare di MacNeil. Un confronto fra le loro interpretazioni di Rigoletto è abbastanza indicativo. Anche il suo Scarpia dal vivo con Corelli e la Price è uno dei più contenuti della discografia, e nonostante nel secondo atto la foga di Adler e della Price sia in certi punti parossistica, MacNeil non cede mai ad effettacci.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Maugham » dom 28 giu 2009, 19:51

Tucidide ha scritto:Io però trovo che Merrill fosse assai più esteriore e muscolare di MacNeil. Un confronto fra le loro interpretazioni di Rigoletto è abbastanza indicativo. Anche il suo Scarpia dal vivo con Corelli e la Price è uno dei più contenuti della discografia, e nonostante nel secondo atto la foga di Adler e della Price sia in certi punti parossistica, MacNeil non cede mai ad effettacci.


Ne parlavo anche prima con Mat. Avvicinando Macneil a Merrill piuttosto che a Warren mi proponevo di identificare le affinità proprie di ambedue ad un approccio piuttosto diretto, esteriore, solare ai personaggi. Senza dubbio MacNeil aveva finezze rare per l'epoca (non a caso Celletti lo tratta sempre piuttosto bene), ciò non toglie che, per me, Warren si trovi su un altro piano.

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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Tucidide » dom 28 giu 2009, 20:58

Maugham ha scritto:Ne parlavo anche prima con Mat. Avvicinando Macneil a Merrill piuttosto che a Warren mi proponevo di identificare le affinità proprie di ambedue ad un approccio piuttosto diretto, esteriore, solare ai personaggi. Senza dubbio MacNeil aveva finezze rare per l'epoca (non a caso Celletti lo tratta sempre piuttosto bene), ciò non toglie che, per me, Warren si trovi su un altro piano.

A mio avviso MacNeil non aveva la malinconia di Warren e del suo emulo Milnes, che in questi era suggerita anche dalle caratteristiche timbriche. MacNeil aveva una franchezza virile e spavalda nella voce che lo può senz'altro avvicinare a Merrill. Però secondo me rispetto a Merrill c'è un abisso.
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Maugham » dom 28 giu 2009, 21:17

Tucidide ha scritto:
Maugham ha scritto:Ne parlavo anche prima con Mat. Avvicinando Macneil a Merrill piuttosto che a Warren mi proponevo di identificare le affinità proprie di ambedue ad un approccio piuttosto diretto, esteriore, solare ai personaggi. Senza dubbio MacNeil aveva finezze rare per l'epoca (non a caso Celletti lo tratta sempre piuttosto bene), ciò non toglie che, per me, Warren si trovi su un altro piano.

A mio avviso MacNeil non aveva la malinconia di Warren e del suo emulo Milnes, che in questi era suggerita anche dalle caratteristiche timbriche. MacNeil aveva una franchezza virile e spavalda nella voce che lo può senz'altro avvicinare a Merrill. Però secondo me rispetto a Merrill c'è un abisso.


Ok Tuc, allora mettiamola così. Forse sarò più chiaro.
Merrill era una baritonazzo da Hollywood Bowl. Volume, ammicco facile, spavalderia.
MacNeil era senza dubbio più raffinato.
Ma tutti e due avevano una radice comune che, all'epoca, era definita anche con sprezzo "americana".
Ovvero salvaguardare in primo luogo le regole dell'intrattenimento.
Ascoltare Warren invece mi fa altra impressione. Mi sembra sempre più elegante, scavato nel fraseggio, chiaroscurato e molto meno esteriore
Milnes invece non lo collego proprio a Warren. Sarà che me lo sono trovato in tutte le salse discografiche, ma l'unica cosa che davvero apprezzavo del buon Sherrill erano, guardacaso, proprio i fulminanti acuti quasi tenorili. Forse l'ho ascoltato in ruoli sbagliati
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda MatMarazzi » dom 28 giu 2009, 22:22

Caro Maugham,
questa volta sono dalla parte di Tucidide. :)
Quando si fanno le genealogie dei cantanti (secondo me, ovviamente) e le loro parentele, non ci si deve lasciar sviare da questioni di "giudizio".
Si deve prescindere dall'efficacia drammatica e musicale e limitarsi alla tipologia tecnico-vocale.
In base a questa è vero che Tibbett definì un modello di "baritono americano" rivoluzionario, fondato su un uso spettacolare (tecnicamente) della dinamica, sul contrasto fra sonorità maschie e scure nei centri e sventagliate tenorili in alto.
il suo canto, più ancora che la sua vocazione drammatica, ebbe molti continuatori: i baritoni verdiani alla Tibbett.
Non erano tradizionali Grand-Seigneur, perché amavano la retorica eroica e mattadora; ma il loro non era nemmeno un canto alla "verista" (passami questo termine sciocco, per definire la linea Ruffo-Bechi-Gobbi), in quanto il loro fiore all'occhiello era la sontuosità della linea, fiera delle proprie risonanze in maschera, dei fraseggi lunghi e violoncellistici e delle memorie "belcantistiche".
Se osserviamo queste caratteristiche (e il repertorio conquistato) allora è mi sembra giusto affermare che Warren-McNeal-Milnes afferiscano al modello fissato da Tibbet, pur con risultati e sensibilità diversa, e ne furono i più significativi campioni.
Il loro è un canto forte e sgargiante, molto cappa e spada, ok, ma da sovrani vocalisti.

Con Milnes questa tipologia è tramontata. In fondo è giusto così: nata negli anni 30, negli anni '80 risultava già logora.
Ed è qui che è arrivata la rivoluzione colorista di Thomas Hampson.
Tutto questo ovviamente per me.

Matteo
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Re: Cornell Mac Neil

Messaggioda Luca » lun 29 giu 2009, 7:30

Come sempre stimolante, caro Maugham, il tuo testo dal quale traggo qualche spunto per un commento ulteriore:

1. Pensa che in quella Carmen doveva esserci Di Stefano.

Risposta: figuriamoci ! Dalle stalle alle stalle !!! Peccato non hanno pensato a Bergonzi almeno si cavavano dalla figuraccia del duetto Micaela Don José del I atto (che è veramente brutto in quell'edizione!) !

2. Del Monaco non aveva ancora digerito il fatto che Karajan gli avesse anteposto Bergonzi nell'Aida di pochi anni prima.
Commento: ... e meno male che ha fatto quella scelta !!!!

3. Be' in soli nove anni registrare Fanciulla, Cavalleria e Pagliacci, due Rigoletti, Ballo, Aida e Luisa Miller non è un brutto andare... no?
Risposta: Ti dò atto, però a parte che la Luisa Miller è stata incisa con la RCA (ed esistono anche i 'lives' palermitano del '63 con la Stella e quello fiorentino con la Suliotis del '65), ma altri titoli frequenti in casa DECCA (penso a Trovatore, Nabucco, Otello, Andrea Chenier oltre quelli che ti ho citato e anche qualche altro...) lo hanno un pò snobbato.

Saluti, Luca.
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