Ho ascoltato varie volte il suo Germont, ma non so... non riesce a convincermi.
A proposito del Bruscantini buffo e del "pregiudizio" di cui sarebbe stato vittima, io credo che in effetti egli fosse un baritono serio di vocazione, che si trovò a cantare i ruoli da buffo perché i pubblici dell'epoca preferivano la "canna" rispetto alla sottigliezza di fraseggio. Penso che questa vocazione si noti nel suo approccio al repertorio buffo. Mai un lazzo, ma una gigionata, sempre tutto tirato a lucido. Bruscantini risolveva tutte le sue interpretazioni solo ed esclusivamente con l'accento analitico, calibrato sulla parola, sulla sillaba, quasi miniato, poiché rifuggiva ogni suono, ogni inflessione, ogni espediente che non rientrasse nel
bon ton vocale.
Io, che sono notoriamente un perverso vocale
, non disdegno i "buffoni" alla Corena (che in certi personaggi mi fa spanciare dalle risate, e poco mi importa se il canto è un po'... così
), ma resto indubbiamente affascinato dal diverso approccio di Bruscantini.
Quando Bruscantini affrontò il repertorio serio, traspose questa sua abilità nel colorire le sillabe, acquisita con la frequantazione del repertorio comico, anche in questi personaggi: ciò è proprio tipico di quei cantanti seri di vocazione, che affrontano il repertorio comico e poi tornano al serio.
Quest'estate a Pesaro ho sentito nel Maometto di Michele Pertusi un'analoga capacità di colorire e miniare le parole, le sillabe e le inflessioni nei recitativi come nei cantabili. E in effetti anch'egli ha nel curriculum diversi personaggi comici.
Forse, dico forse, il rischio di tali approcci è di cadere talvolta nel calligrafismo. Che è quello che a mio parere succede nel Germont di Bruscantini.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...