Rodrigo ha scritto:A mio avviso Pietro fa centro pieno quando rivendica - e veramente è un po' surreale doverlo fare al giorno d'oggi - pieno diritto di cittadinanza a tecniche di canto diverse.
Grazie, Rodrigo.
Questo aspetto è sempre stato fortemente caratterizzante il nostro sito, almeno in Italia.
All'estero, queste considerazioni sono considerate ovvietà, ma qui in Italia - ove, specie in pochi ambienti, vige l'idea della Tecnica Unica - tutto ciò che esula e che definiamo declamatorio, coloristico, eccetera, viene considerato solo malcanto.
Ripeto: per surreale e grottesco che possa apparire, in Italia, c'è un solo sito che parla di queste differenze, ed è Operadisc
Rodrigo ha scritto:Seguo meno Pietro, ma forse ho capito male io, quando pare giudicare in qualche modo declinante, obsoleta la scuola (chiamiamola cosi') vocalistica. Lo seguo meno perché, appunto, vi è una fetta del repertorio che ha disperato bisogno di cantatti vocalistici, per il semplice motivo che è il metodo di canto a cui pensava il compositore. Ciò non si significa affatto che non si possa in alcun modo tentere un approccio diverso, almeno per certi ruoli. Anzi talvolta un cantante "sbagliato" ha portato nuova linfa, ha esaltato dettagli espressivi e musicali inattesi. Perchè oltre alla tecnica, occorre la personalità, l'intuito espressivo, la sensibilità drammaturgica.
Di fatto, il canto aperto maturato prima in Germania negli Anni Trenta e poi trasferito in tutto il resto del mondo, ha aperto la strada al canto declamatorio e coloristico.
Perché ?
Semplice: perché piaceva.
Chi cantava aperto poteva vantare colori molto più suggestivi e proiettava il canto operistico in una dimensione molto più confidenziale. Anche questo è un discorso che su Operadisc avremo affrontato centinaia di volte.
Sentire cantanti immascheratissimi (che, per inciso, non è affatto vero che avessero maggiore longevità vocale rispetto a chi cantava aperto) produceva, da quel momento in avanti, una sensazione di antiquato che non piaceva più al pubblico cui, evidentemente, le rappresentazioni erano destinate.
E' stata - a mio modo di vedere - una sorta di adattamento all'ambiente di stampo darwiniano: i colori hanno prevalso sul disegno. I cantanti hanno profuso altre risorse. Poi, si capisce, non è che un colorista sia adatto a tutte le situazioni; in certi contesti continueremo a sentire la necessità di un vocalista
old style. Ma probabilmente i nostri desideri non saranno appagati perché o non ne avremo più, oppure avremo adattamenti: penso - per esempio - a cantanti nate per ben figurare in ruoli Pasta che, per il solo fatto di essere vocaliste, si appropriano di ruoli Ronzi de Begnis. Con risultati che andranno - quella che segue è una mia valutazione personale, lo dico a scanso di equivoci - dall'elettrizzante di una Sills o di una Gruberova dei bei tempi, al modesto di una Caballé, al pessimo di una Devia.
Ripeto: valutazioni mie personali!
Per tutto il resto, ovviamente, ci saranno altre tipologie vocali che si appropriano di ruoli vocalistici.
Joyce DiDonato, per me quanto di più simile abbiamo oggi all'esempio di una Sena Jurinac, è cantante anfibia, che può fare il
title-role nell'
Alcina di Haendel (nominalmente soprano), Rosina del Barbiere di Siviglia (mezzosoprano) o Elisabetta nella Maria Stuarda (falcon), fino a Sister Helen nel
Dead man walking di Heggie (ancora mezzosoprano). E non parliamo dei ruoli Colbran!
Questo - se vuoi - è un caso un po' limite (a mio gusto comunque assolutamente elettrizzante) di una cantante che è in grado di reinventarsi a ogni ruolo grazie a colori cangianti e baricentro abbastanza mutevole.
In epoca strettamente vocalistica, tutto ciò non sarebbe stato ammissibile.
Rodrigo ha scritto:Estremizziamo il giochino? Lo andreste ad ascoltare un Maometto II con un basso wagneriano? O un Gualtiero affidato ad un tenore che miete trionfi in Britten? O magari, come qualcuno faceva tempo fa, ci sognamo di rimpiangere che Bergonzi non ha mai fatto Tristano?
Rispondo subito alla tua domanda, con un NO grande come una casa: è un rimpianto che non ho né mai ho avuto. Ci fu uno che ne parlò qui sopra, ma i giochini di fantalirica di solito non mi appassionano.
Alle prime due domande rispondo con: boh! Dipende!
Gerald Finley, splendido Argante nel Rinaldo inciso da Hogwood, è uno straordinario Jago ma, soprattutto, il più compiuto Hans Sachs dei nostri tempi.
Ho detto il più compiuto Hans Sachs?
Scusa: dimenticavo Michael Volle. Che è anche uno straordinario... Monfort.
Sono declamatori e/o coloristi?
Sì.
E, come vedi, arrivano anche a Haendel e lo fanno benissimo...