Frederica von Stade

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Frederica von Stade

Messaggioda Tucidide » ven 01 ago 2008, 14:05

Una cantante che troppo frettolosamente avevo accantonato, trovando il suo ruolo più celebrato, Cherubino delle Nozze, scipito ed insulso.
Poi ho riguardato "The Dangerous Liaisons" di Conrad Susa, opera creata a San Francisco nel 1994 con lei nei panni della Marchesa di Merteuil, il ruolo di Glenn Close nel film con John Malkovich. Sono rimasto colpito dalla sua sensazionale interpretazione! Un canto molto discutibile in sé ed una voce prosciugata e senescente riescono a restituire un personaggio sfaccettatissimo, perfettamente padrone della prosodia, tagliente nella dizione, sottilmente sensuale nel gioco scenico: in una parola, una prorompente personalità.
Mi sono accorto che, al di là di Cherubino e della Cenerentola con Abbado, non è che avessi molte altre conoscenze della von Stade: di certo, il mio giudizio affrettato era colpevolmente superficiale.

Per la cronaca, in quel video (che possiedo in formato AVI di pessima qualità scaricato da OS, e che ho da poco ordinato in DVD da House of Opera) c'è anche un Hampson strepitoso, vero playboy da strapazzo, forse privo del fascino tetro di Malkovich ma più "americano", una specie di Clinton nella Stanza Ovale, e una Fleming languida e cremosissima nel ruolo di M.me de Tourvel.

Vostre opinioni su Flicka?
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda Orbazzano » sab 02 ago 2008, 15:13

A me il Cherubino della Von Stade piace molto, soprattutto nel live da Salisburgo con Karajan del '74. Comunque devo ammettere di conoscere poco questo mezzo soprano.
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda MatMarazzi » sab 02 ago 2008, 19:44

Anzitutto, Tuc, ti sono VERAMENTE grato di aver aperto un thread su questa sensazionale artista, di cui molto stranamente non avevamo ancora parlato (tranne nella Donna del Lago, dove ricordo che mi stupii molto a sentirla definire "mozzarella" da qualcuno).
Io avevo già auspicato che si aprisse una discussione su di lei, in occasione del thread sul magnifico cd "Maria" della Bartoli.

Tucidide ha scritto:Un canto molto discutibile in sé ed una voce prosciugata e senescente riescono a restituire un personaggio sfaccettatissimo, perfettamente padrone della prosodia, tagliente nella dizione, sottilmente sensuale nel gioco scenico: in una parola, una prorompente personalità.


Piuttosto perchè dici che il canto "è discutibile in sè"?
Che cosa ci sarebbe discutibile nel suo canto? (a parte il fatto che, a sessant'anni, non c'è nulla di "discutibile" ad avere una voce anziana, specie cantando un simile ruolo e non Zerbinetta o Lucia...).

Comunque, visto che ci siamo, beccatevi questo:

Si è mai sentita una Perichole così?

E poi, con un po' di scherzosa polemica, ti metto anche questo.

E... che qualcuno senta... come si può cantare questa celebre melodia senza spappolarla ritmicamente! ;) :twisted: :twisted:

Salutoni e grazie.
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda Tucidide » sab 02 ago 2008, 21:00

MatMarazzi ha scritto:Anzitutto, Tuc, ti sono VERAMENTE grato di aver aperto un thread su questa sensazionale artista

Prego! :D

Che cosa ci sarebbe discutibile nel suo canto? (a parte il fatto che, a sessant'anni, non c'è nulla di "discutibile" ad avere una voce anziana, specie cantando un simile ruolo e non Zerbinetta o Lucia...).

Diciamo che, come suggerisci tu, è un tipo di canto che va BENISSIMO per questo personaggio, ma in assoluto le condizioni vocali sono un po' al limite. Ma certamente, essendo un ruolo cucitole addosso dal compositore, ciò non disturba affatto, anzi.

E poi, con un po' di scherzosa polemica, ti metto anche questo.
http://it.youtube.com/watch?v=uSoa-xuFPh4
E... che qualcuno senta... come si può cantare questa celebre melodia senza spappolarla ritmicamente! ;) :twisted: :twisted:

Scherza, scherza, Mat... :D :twisted:
Se posso dirlo, mi sembra che la bella Flicka sia monotona anzi che no: non fa nulla di veramente rilevante a livello di fraseggio. La dinamica è povera, la dizione precisa ma uniforme, senza accenti particolari. Va bene, non spappola ritmicamente la melodia, ma questo ha importanza in un'aria così indugiante di suo? Se devo dire la mia, questa esecuzione dell'aria di Rusalka è come il 90 % buono delle esecuzioni che ho sentito: un bel pezzo da concerto orecchiabile, in una lingua burgunda, che tanto nessuno sa che cosa dicano le parole, quindi la si canta a guisa di piacevole ninna nanna, sicuri che sarà un successo e tutti applaudiranno. Così fanno la Streich, la Popp, la Netrebko, la Mattila... E diventa una delle polpette più noiose della storia dell'opera.
Non è un caso se chi ha esperienza del ruolo nella sua interezza la fraseggi con una sensibilità superiore. Vedi Benackova, Subrtova, e quell'altra che adesso non mi viene... :mrgreen: che invece la rendono una specie di radiografia del personaggio.
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda MatMarazzi » sab 02 ago 2008, 23:10

Tucidide ha scritto:Se posso dirlo, mi sembra che la bella Flicka sia monotona anzi che no: non fa nulla di veramente rilevante a livello di fraseggio. La dinamica è povera, la dizione precisa ma uniforme, senza accenti particolari.


Be' non è forse la cosa più bella che la Von Stade abbia inciso, è vero, ma non mi sembra nemmeno monotona.
Anzi, la sua esecuzione mi pare così viva e palpitante proprio perché non cede alla facile lusinga di abbandonarsi a corpo morto sul sentimentalismo sbrodolone della melodia, ma anzi la tiene desta nelle sue tensioni...
Dici che la dinamica è povera. E' vero, ma è anche normale.
L'emissione della von Stade non si concentrava sulla dinamica, bensì sui colori diafani, sul profondo dettaglio della parola, sulla levigatezza dell'accento.

Il fatto che non insista sulla dinamica è proprio una cosa che gradisco nella sua esecuzione (insieme alla tensione ritmica).
Se una melodia è dura o severa, le sottolineature di fraseggio ci possono star bene.
Ma se una melodia è talmente semplice e sentimentale da rischiar di apparire caramellosa, allora ogni effettino ritmico-dinamico risulterà - a mio gusto - una spruzzata di melassa direttamente in faccia!
E sto parlando di effetini, non di effettacci!!! 8)
Se poi l'interprete non solo indugia un poco, ma addirittura fa a pezzi ogni segmento melodico con rallentamenti inconsulti ad ogni minima sollecitazione armonica come nemmeno Frank Sinatra nei momenti peggiori, se si abbadona a effetti dinamici esasperati (in stile fisarmonica) allora il risultato sarà - a mio personalissimo gusto - inascoltabile.

Quando vidi quella "certa cantante" in Rusalka, l'impressioni che ebbi fu: "grandissima, a parte il canto alla luna!"
E lo penso ancora, ogni volta che vedo il dvd... immancabilmente salto il track di quell'aria che all'epoca anche il critico di Le Monde giudicò completamente "raté".

So che non saremo d'accordo su questo giudizio! :)
Ma temo che le nostre divergenze, a proposito di questo brano, vadano ben oltre "quella certa cantante"
Tutte quelle che hai citato mi stimolano giudizi opposti.
La Benackova?
A me pare che se c'è una che di questo personaggio fa la classica matronona operistica tutta cremosità e abbandoni alla Yvonne Sanson (buoni per tutte le salse, da Desdemona a Maddalena di Coigny) è esattamente lei...
La Popp?
Secondo me ci dona la più profonda lettura dell'aria che sia possibile ascoltare, insieme alla Welitsch e alla Mattila...
Anche perché se una cantante riesce ad affrancarsi dal sentimentalismo infantile della melodia, evitare le "vaccate" da cantante d'opera ed raccontarci una vera, semplice, pudica palpitazione adolescenziale, allora per me è arrivata all'obbiettivo.
La Von Stade è, secondo me, in questa logica.

E gli altri? che ne dicono?

Salutoni,
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda Tucidide » sab 02 ago 2008, 23:35

MatMarazzi ha scritto:Be' non è forse la cosa più bella che la Von Stade abbia inciso, è vero, ma non mi sembra nemmeno monotona.
Anzi, la sua esecuzione mi pare così viva e palpitante proprio perché non cede alla facile lusinga di abbandonarsi a corpo morto sul sentimentalismo sbrodolone della melodia, ma anzi la tiene desta nelle sue tensioni...

Tensioni, dici? A me sembra che di tensione ce ne sia ben poca: il suo canto è ben riassunto dalla mimica, che non va al di là di un ciondolio destra-sinistra-destra della faccia.

Dici che la dinamica è povera. E' vero, ma è anche normale.
L'emissione della von Stade non si concentrava sulla dinamica, bensì sui colori diafani, sul profondo dettaglio della parola, sulla levigatezza dell'accento.

D'accordo sul dettaglio della parola e sulla scolpitura della dizione, ma la levigatezza d'accento, almeno qui, sfocia in monotonia.

Il fatto che non insista sulla dinamica è proprio una cosa che gradisco nella sua esecuzione (insieme alla tensione ritmica).
Se una melodia è dura o severa, le sottolineature di fraseggio ci possono star bene.
Ma se una melodia è talmente semplice e sentimentale da rischiar di apparire caramellosa, allora ogni effettino ritmico-dinamico risulterà - a mio gusto - una spruzzata di melassa direttamente in faccia!
E sto parlando di effetini, non di effettacci!!! 8)
Se poi l'interprete non solo indugia un poco, ma addirittura fa a pezzi ogni segmento melodico con rallentamenti inconsulti ad ogni minima sollecitazione armonica come nemmeno Frank Sinatra nei momenti peggiori, se si abbadona a effetti dinamici esasperati (in stile fisarmonica) allora il risultato sarà - a mio personalissimo gusto - inascoltabile.

:( La penso completamente all'opposto. Secondo me, poche arie sono altrettanto brutte e banali come la canzone alla Luna di Rusalka. E' proprio una palla! Se la si canta e basta, cercando un fraseggio asciutto, secondo me si fa il più grande peccato artistico concepibile. Quest'aria per me è come una tabula rasa: non c'è nulla, ma proprio nulla. TUTTO è lasciato all'interprete. Se ti limiti a porgere al pubblico le note, vien fuori una cosa tremenda.

Quando vidi quella "certa cantante" in Rusalka, l'impressioni che ebbi fu: "grandissima, a parte il canto alla luna!"
E lo penso ancora, ogni volta che vedo il dvd... immancabilmente salto il track di quell'aria che all'epoca anche il critico di Le Monde giudicò completamente "raté".

:roll: Per me quella esecuzione del canto alla Luna è la sua più personale e ricercata, ma forse non la migliore. A mio avviso, la sua resa migliore la fornì ad Amsterdam alla consegna del premio Edison, accompagnata (orridamente) al pianoforte, e forse ti piacerebbbe, Mat, perché è molto più asciutta. Comunque, in quella Rusalka, intesa come spettacolo complessivo, l'esasperazione della ricerca espressiva nella preghiera alla Luna ha un senso teatralissimo. Estrapolata dal contesto, capisco che appaia sovraccarica e sbrodolona. :D

La Benackova?
A me pare che se c'è una che di questo personaggio fa la classica matronona operistica tutta cremosità e abbandoni alla Yvonne Sanson (buoni per tutte le salse, da Desdemona a Maddalena di Coigny) è esattamente lei...

Cremosità poca, con quel timbro argenteo e chiaro. Sul fraseggio, come hai detto, non siamo sulla stessa linea.

La Popp?
Secondo me ci dona la più profonda lettura dell'aria che sia possibile ascoltare, insieme alla Welitsch e alla Mattila...
Anche perché se una cantante riesce ad affrancarsi dal sentimentalismo infantile della melodia, evitare le "vaccate" da cantante d'opera ed raccontarci una vera, semplice, pudica palpitazione adolescenziale, allora per me è arrivata all'obbiettivo.

La Popp in effetti è molto asciutta, troppo direi. E va bene parlare di palpitazione adolescenziale, Mat, ma questa della Popp è un'adolescente a corto di fantasie e con gli ormoni quiescenti. Le adolescenti sono svolazzanti, ingenue, iperboliche nei loro sogni. In "Autosole", il mio adorato Carlo Lucarelli utilizza una simpatica ed azzeccatissima similitudine. Si parla di un uomo palestrato che ha il complesso della vocina. Scrive: "La voce gentile. Più che gentile, carina. Leziosa come lo svolazzo della firma di una tredicenne innamorata." Nel canto alla Luna della Fleming sento lo svolazzo lezioso, nella Popp la determinazione matura e disillusa di una donna non giovane.

La Von Stade è, secondo me, in questa logica.

Sì, appunto... aggiungo: purtroppo. :roll:
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda MatMarazzi » dom 03 ago 2008, 0:29

Tucidide ha scritto:Tensioni, dici? A me sembra che di tensione ce ne sia ben poca: il suo canto è ben riassunto dalla mimica, che non va al di là di un ciondolio destra-sinistra-destra della faccia.


Per tensione intendo quella della musica, che vive dei suoi accenti e delle sue pulsazioni interne.
E' questa la tensione che la Von Stade rispetta (insieme a Ozawa che la dirige)
Quanto alla mimica della Von Stade, sono allibito! :)
Se vuoi, possiamo chiedere al primo che passa per la strada se la mimica della Von Stade si riduce a un ciondolio...
La sua mimica è semplicemente geniale. Qui come altrove.

Secondo me, poche arie sono altrettanto brutte e banali come la canzone alla Luna di Rusalka. E' proprio una palla!


Questo perché hai sentito troppe volte la Fleming! :D
E' perfettamente comprensibile! :D :D :D :twisted:

Se la si canta e basta, cercando un fraseggio asciutto, secondo me si fa il più grande peccato artistico concepibile. Quest'aria per me è come una tabula rasa: non c'è nulla, ma proprio nulla. TUTTO è lasciato all'interprete. Se ti limiti a porgere al pubblico le note, vien fuori una cosa tremenda.


Non è vero che non c'è nulla.
C'è una delle melodie più forti, struggenti e immediate che si possano sentire, di impatto immancabile sul pubblico, che ne resta puntualmente travolto (e io, come sai, ho molta fiducia nelle emozioni del pubblico).
E' tale l'evidenza emozionale di quel tema che magari... ci si vergogna un po' ad ammetterlo! :D
Inoltre, oltre che musicalmente coinvolgente, quel brano rappresenta uno dei momenti di maggiore enfasi poetica dell'opera.
Però come sempre quando una cosa è troppo sentimentale, basta poco per renderla ridicola.
Basta ad esempio un pizzichino di cattivo gusto e di sbrodolamento alla Franck Sinatra! ;)

:roll: Per me quella esecuzione del canto alla Luna è la sua più personale e ricercata,


:shock: :shock: :shock: :shock:
ricercata??????
Scusa ma non ti seguo, Tuc.
Che ricerca ci può essere dietro una simile esecuzione, se non il gusto di compiacersi di ogni effettino, di rallentare a ogni ripresa di frase, di sottolineare ogni pianissimo, insomma di mettersi in mostra?
Sembra Corelli quando canta la "dolcissima effige": avrà pure una voce e una tecnica miracolosa, ma non puoi dirmi che è un'esecuzione "ricercata". :D

Comunque, in quella Rusalka, intesa come spettacolo complessivo, l'esasperazione della ricerca espressiva nella preghiera alla Luna ha un senso teatralissimo. Estrapolata dal contesto, capisco che appaia sovraccarica e sbrodolona. :D


Guarda, Tuc, se tra me e te c'è uno che NON PUO' averla estrapolata dal contesto di quello spettacolo, quello sono io e non tu.
:) Ti ricordo che io l'ho sentita dal vivo proprio in quello spettacolo. Esattamente come il critico che la definì "raté".
Inoltre ti assicuro che in quello spettacolo quell'esecuzione non aveva proprio alcuna ragione d'esserci, nè musicalmente, nè registicamente. Sinceramente non mi metterei a cercare motivazioni superiori e macrostrutturali per giustifcare una brutta eseuzione. E' stato solo un perdonabile peccato di vanità della "diva" che per compiacersi troppo, è scivolata!

La Benackova?
A me pare che se c'è una che di questo personaggio fa la classica matronona operistica tutta cremosità e abbandoni alla Yvonne Sanson (buoni per tutte le salse, da Desdemona a Maddalena di Coigny) è esattamente lei...

Cremosità poca, con quel timbro argenteo e chiaro. Sul fraseggio, come hai detto, non siamo sulla stessa linea.

La Benackova l'ho sentita a teatro diverse volte.
La sua voce non era affatto argentea: era cremosissima, vellutata e ombreggiata, di stoffa solidissima.
Chiunque l'abbia sentita nei suoi anni migliori te lo confermerà (Calaf... ci sei?)

La Popp in effetti è molto asciutta, troppo direi. E va bene parlare di palpitazione adolescenziale, Mat, ma questa della Popp è un'adolescente a corto di fantasie e con gli ormoni quiescenti. Le adolescenti sono svolazzanti, ingenue, iperboliche nei loro sogni.


Mi spiace per te e per Lucarelli, ma le adolescenti sono tutt'altra cosa: questa immagine della ragazza che saltella felice e allegra e svolazza come una libellula mi pare un fumetto.
L'adolescenza è il momento in cui le ragazze (confrontate al trauma dello sbocciare) conoscono le peggiori paure e le peggiori solitudini; è per loro il momento delle grandi rivolte, delle inconfessabili vergogne, dei sogni impossibili, dei lunghi silenzi, del terrore dell'inadeguatezza.
E' il momento in cui possono mettere a repentaglio la loro vita pur di essere "magre"; è il momento in cui possono arrivare a odiare quel nucleo familiare che le ha protette; è anche il momento in cui un primo amorazzo può divenire un'ossessione romantica totalizzante.
La ragazza Rusalka non può dormire perché pensa all'uomo che non potrà mai avere, che nemmeno si accorge di lei; eppure le pare che tutta la sua esistenza dipenda da questo sentimento, che confida alla Luna, pura e chiara ma solitaria e inaccessibile (proprio come lei). C'è ben poco da svolazzare, mi pare.
Be' sai cosa ti dico, Tuc?
...E meno male che la Popp non saltella come una scema - evocando un tipo di ragazza che non esiste - mentre canta questo brano di infinita tristezza e abissale solitudine.

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Re: Frederica von Stade

Messaggioda dottorcajus » dom 03 ago 2008, 0:38

Come sempre è un piacere leggervi anche se non sono in grado di intervenire nella discussione.
Posso solo difendere la bellezza di questa romanza, scoperta casualmente un paio di anni fa in una visione su YouTube. Se mi conquistò in video mi sfinì, in senso buono, in teatro.
Non saprei cosa cercare in quel brano se non le sensazioni che mi ha trasmesso, indipendentemente da chi me lo ha fatto ascoltare.
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda VGobbi » dom 03 ago 2008, 10:00

Devo decidermi davvero ad ascoltarmi sta' Rusalka. Ho il cofanetto (ricordo il tenore Ben Heppner, ma non il soprano :mrgreen: ).

Quanto alla von Stade, a me ha dato sempre l'impressione di una sorta di mozzarella ... non diversa da una Ann Murray, tanto per citarne un'altra.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda MatMarazzi » dom 03 ago 2008, 11:12

VGobbi ha scritto:Quanto alla von Stade, a me ha dato sempre l'impressione di una sorta di mozzarella ... non diversa da una Ann Murray, tanto per citarne un'altra.


Segno che non conosci nè l'una nè l'altra! :)
Sono due artiste strepitose e strepitosamete differenti.
Quanto alla mozzarella, detto da uno che cita Giacomini come esempio di bel suono e Gobbi come esempio di capacità di introspezione, lo ritengo un gran complimento! :D

DottorCajus ha scritto:Posso solo difendere la bellezza di questa romanza, scoperta casualmente un paio di anni fa in una visione su YouTube. Se mi conquistò in video mi sfinì, in senso buono, in teatro.
Non saprei cosa cercare in quel brano se non le sensazioni che mi ha trasmesso, indipendentemente da chi me lo ha fatto ascoltare.


E' una melodia stupenda, è vero.
Però secondo me ...non è "indipendente" la bravura di chi hai ascoltato, se ti ha dato tante emozioni.
Davvero non ricordi chi fosse l'artista su Youtube?

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Re: Frederica von Stade

Messaggioda Luca » dom 03 ago 2008, 12:06

Altro che mozzarella la von Stade !!! Se si dovessero usare aggettivi analoghi per Gobbi o, peggio, per Giacomini, allora sì che mi divertirei davvero !Grandissima artista e di una eleganza e aristocrazia somme. Il tanto e giustamente osannato Cherubino (tanto per citare un suo ruolo, ma ce ne sono altri) aveva in sé una sorta di profondità adolescenziale molto misteriosa che ad esempio ad un'altra grande cantante che era famosa per questo ruolo (la Berganza) era pressoché sconosciuto.
Ma - questa è una domanda che vi rivolgo - non vi sembra che la von Stade ha qualche caratteristica vocale ed interpretativa in comune con la nostra grandissima Valentini Terrani ?


Salutoni domenicali.
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda Tucidide » dom 03 ago 2008, 12:15

Allora Mat... Lo sai che a me di cellettismi vari poco o nulla importa, ma se di punto in bianco mi poni sul banco l'importanza di di "rispettare" accenti e pulsazioni della musica, io prendo lo spartito, e ti dico che la von Stade è piattissima proprio a livello musicale. Dvorak indica p all'inizio, e poi forcella :) : la v.S. se ne frega. Accento su bloudis: niente. Accenti sulla ripresa del ritornello: Me-si-cku: rien de rien. A me può star bene di ignorare i segni di espressione, a patto però che mi si proponga qualcosa di nuovo e di diverso. Non sono prevenuto con chi si reinventa la dinamica e l'agogica di un brano, e anzi talvolta trovo stimolante il prodotto che ne esce. Ma cantare con un solo colore, variando poco la dinamica, limitandosi a... ripettare la tensione ritmica mi sembra pochino pochino.
Per altro, questo è un brano preso da un concerto, e in tal situazione ci può stare. Ma non la considero una grande lezione interpretativa... :roll:
Sulla mimica, non so che dirti. Queste sono opinioni, temo... Di certo, ho trovato la von Stade ben più interessante a livello scenico e mimico nel Gala del Met del 96 quando canta "Ah quel diner". Lì è strepitosa, né più né meno.

Sulla ricercatezza dell'esecuzione parigina della Fleming.
Qui sta il busillis, Mat. Il fatto è che non puoi negare che si tratti di un fraseggio ricco e sovraccarico. Che poi siano effettini, effettoni, effettucci, effettacci o cosa, è un altro paio di maniche. Mi citi Corelli. Giusto! Corelli infatti ha in quell'aria un fraseggio ricco, che a te fa l'effetto del mascarpone ma che, se l'analizzi è oggettivamente sovrabbondante e carico: puoi dire quello che vuoi, ma smorzature, portamenti, accenti, rallentandi sono strumenti retorici del fraseggio. Se ne dovessi fare l'analisi "retorica", sarebbe piena di spunti. Prendi una poesia di Marino: potrai ridere dell'effetto, sghignazzare per la stupidità di certe immagini, considerarla una mera esercitazione accademica, ma se l'analizzi con gli strumenti della retorica (anafore, metafore, similitudini, anadiplosi, iperbati, allegorie, omeoteleuti ecc) è una miniera. Non potresti negare che sia ricercata. Poi magari è ridicola. Ma questo è un altro discorso.
Quando parlo di fraseggio ricco e ricercato, non intendo dire necessariamente che sia un fraseggio coinvolgente ed interessante, così come non sono le figure retoriche a profusione a rendere interessante una poesia. Ma resta il fatto che le figure retoriche, e così le soluzioni di fraseggio, sono oggettivamente analizzabili.

So bene che eri presente e di ciò ti invidio. :D Non sarei così categorico sulla scarsa attinenza dell'esecuzione fatta in quel modo in quel contesto. Rusalka è una tragedia. Bene fa la Fleming a connotare ingenuamente e svolazzantemente l'ondina all'inizio dell'opera. Così risulta più forte lo iato fra il primo atto ed il terzo, dove invece Rusalka è donna, disperata e tradita. Se Rusalka è già triste all'inizio, che sviluppo c'è? Ma certo, alla Von Stade ed alla Popp questo interessa relativamente, visto che cantano il pezzo in concerto, totalmente avulso dal contesto.
Poi continui a citarmi il critico francese… Beh… per quanto rispettabile, la sua opinione vale come la tua, la mia e di chiunque altro.

Da ultimo, interessante la tua analisi sulle adolescenti, che posso anche condividere, ma io (e lascio da parte Lucarelli) intendevo dire che è proprio l'instabilità uno dei tratti caratteristici. Non ho parlato di ragazzine spensierate, garrule e felici, ma di ragazzine svolazzanti, prive di senso della realtà, appunto instabili e per questo a rischio di finire nel baratro. Questo si accorda con il tuo ritratto a tinte fosche anzi che no. Ma come comunichi l'instabilità, la mancanza di senso della realtà, lo smarrimento in un mondo che si sta facendo troppo ed impietosamente difficile? Con una bella manciata di notine, tutte desolantemente uguali, facendosi prendere dalla melodia e "rispettando la tensione ritmica"? No: questa è la soluzione del burocrate, del self-made man, dell'uomo sicuro di sé e che in questo mondo ci vive bene poiché vi ha trovato una collocazione soddisfacente. Preferisco un canto "a fisarmonica", instabile agogicamente e dinamicamente, dove a momenti di quiete seguono momenti di agitazione, dove la cantante talvolta sembra lasciarsi prendere dal ritmo, talvolta invece si impadronisce lei dell'agogica, dove il suono trapassa in un baleno dal sussurro al fff con la repentinità di uno sbalzo d'umore adolesenziale, dove si indugia ritmicamente, dove si indulge a portamenti, e dove, così per dire, si accentano le note che Dvorak ha richiesto che venissero accentate e si rispettano almeno a grandi linee le forcelle. :D :P
Tutto ciò comunica insicurezza, mancanza di riferimenti sicuri, alternanza di momenti di cupa disperazione ad altri di rinnovata speranza: in certo qual modo, il tutto dà un senso di insoddisfazione, di imperfezione, di irrisolta ed incoerente commistione di sentimenti.

Buona domenica!
Ultima modifica di Tucidide il dom 03 ago 2008, 12:26, modificato 1 volta in totale.
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda MatMarazzi » dom 03 ago 2008, 12:18

Luca ha scritto:Ma - questa è una domanda che vi rivolgo - non vi sembra che la von Stade ha qualche caratteristica vocale ed interpretativa in comune con la nostra grandissima Valentini Terrani ?


Ottima domanda, Luca!
Sì, secondo me sì.
Erano diversissime per scuola, formazione, repertorio, caratteristiche vocali... potevano sembrare l'opposto.
Ma una cosa, a mio avviso, avevano in comune ed è una cosa molto importante: il non puntare semplicemente all'esplicito, ma anzi la loro capacità di fra vibrare la poesia come ...sottopelle, sotto il livello più immediato della comunicazione.
Quando le sento ho come l'impressione che ciò che "dicono" sia importante, ma che lo sia ancora di più ciò che lasciano nell'alluso, nella sfera del "non detto" e che filtra solo attraverso una fibrillazione di dettagli, sguardi, millimetrici effetti di fraseggio e colore.

Solo io ho questa sensazione?

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Re: Frederica von Stade

Messaggioda MatMarazzi » dom 03 ago 2008, 13:31

Tucidide ha scritto:ma se di punto in bianco mi poni sul banco l'importanza di di "rispettare" accenti e pulsazioni della musica, io prendo lo spartito, e ti dico che la von Stade è piattissima proprio a livello musicale.


Acc... Tucidide. :)
Non sei tu il tipo da confondere la validità musicale di un'esecuzione con l'analisi dei segnetti agogici contenuti su uno spartito. I quali segnetti agogici (posto ma non concesso che debbano essere rigorosissimamente seguiti, nel qual caso nulla giustificherebbe gli spappolamenti ritmici della Fleming) non sono che una rudimentale intelaiatura, un ambito in cui il compositore tenta di dare suggerimenti all'interprete invadendo il di lui campo.
Non mi lascerò trascinare nel giochetto di cofrontare tutti i "p" e le forcelle nelle varie esecuzioni di questo brano, perchè è un procedimento inutile e fuorviante.
Il valore musicale di un'esecuzione lo si avverte in un solo modo: all'ascolto.
Anche se non possediamo lo spartito di un brano (cosa che vale per il 99% dei nostri ascolti) siamo ugualmente capaci di distinguere il dominio e le risorse musicali di un interprete, l'efficacia del suo fraseggio, l'evidenza della sua esecuzione.
Questo perché se una melodia trova in un'esecuzione la sua "tensione interna" non è per l'osservanza dei "p" e delle "forcelle" ma per la capacità dell'esecutore di tenerne in pugno lo svolgersi, di dominarne il senso, di andare (come diceva la Callas) dentro i suoni.
Che la Von Stade e Ozawa sappiamo valorizzare questo canto struggente, sappiano conferirgli quella "tensione" che lo rende così emozionante è una cosa che si può capire semplicemente ascoltando il brano e non andando ad incollarsi alle forcelle dello spartito.

Ho poi già detto (temo un po' il rischio di ripetermi) che non è sulla dinamica che la Von Stade costruisce la sua dialettica.

Sulla mimica, non so che dirti. Queste sono opinioni, temo... Di certo, ho trovato la von Stade ben più interessante a livello scenico e mimico nel Gala del Met del 96 quando canta "Ah quel diner". Lì è strepitosa, né più né meno.


E' strepitosa anche qui, credimi.
Non c'è un millimetrico movimento d'occhi che non sia funzionale a un discorso.
Certo... non "sbraca", ed è strepitosa proprio per questo.
Io mi chiedo quante persone, vedendo questo video, possano affermare che la sua mimica è modesta.
Francamente non so quanti cantanti d'opera possano vantarne una simile.
Sai... Io non amo Corelli, ma se mi mettessi ad affermare che - purtroppo per lui - non aveva gli acuti e la voce era poco potente, incorrerei nel rischio del ridicolo.

Il fatto è che non puoi negare che si tratti di un fraseggio ricco e sovraccarico.


L'assecondare manierismi e l'appesantire gli effetti non è un'opera di ricercatezza.
L'ex prete del mio paese era ossessionato dalle anafore.
Le sue omelie erano stremanti in questo senso: "Voi pensate che... Voi pensate che... Voi pensate che..."
"E allora io vi rispondo che.. E allora io vi rispondo che... E allora io vi rispondo che...
Ma Dio è qua per.... Ma Dio è qua per... Ma Dio è qua per..."
Usare "male" gli strumenti della retorica porta alla pessima arte e alla pessima ...omelia.
Uno abusa di quegli effetti solo in un caso: quando gli servono per mascherare la propria scarsa ispirazione.
E soprattutto non è nell'accumulo di effetti retorici che si vede il buon retore.
Tutti siamo capaci di usare iperbati e omoteleuti: non ci vuole assolutamente nulla.
Eppure non tutti siamo dei Marino e men che meno degli Ungaretti o dei Leopardi (che gli strumenti della poetica e della retorica sapevano usarli a loro volta).

puoi dire quello che vuoi, ma smorzature, portamenti, accenti, rallentandi sono strumenti retorici del fraseggio.

Certo, come le anafore dell'ex-prete di Tresigallo.

Se ne dovessi fare l'analisi "retorica", sarebbe piena di spunti.

Non credo proprio: come non sarebbe affatto ricca di spunti l'analisi retorica delle omelie dell'ex-prete di Tresigallo.

Quando parlo di fraseggio ricco e ricercato, non intendo dire necessariamente che sia un fraseggio coinvolgente ed interessante, così come non sono le figure retoriche a profusione a rendere interessante una poesia. Ma resta il fatto che le figure retoriche, e così le soluzioni di fraseggio, sono oggettivamente analizzabili.


Concordo... ma tu hai parlato di "ricercatezza".
E' solo questo che contestavo: l'abuso di strumenti retorici non implica affatto una ricerca, anzi esattamente il contrario, per me. Ossia il nascondersi dietro una maniera, per evitare di far troppa "ricerca" sulle ragioni teatrali e musicali di un personaggio.
Comunque su questo punto, non voglio stressarti più! :) Sono chiare le rispettive posizioni.
Mi interessa di più il discorso dell'attinenza del canto alla Luna della Fleming nel contesto registico di Carsen.

Rusalka è una tragedia. Bene fa la Fleming a connotare ingenuamente e svolazzantemente l'ondina all'inizio dell'opera. Così risulta più forte lo iato fra il primo atto ed il terzo, dove invece Rusalka è donna, disperata e tradita. Se Rusalka è già triste all'inizio, che sviluppo c'è?


Sicuro che parliamo dello stesso spettacolo? Quello di Carsen alla Bastille?
Sembra che tu abbia visto un'altra cosa...
In quello spettacolo Rusalka non era affatto "triste" al terzo atto e svolazzante al primo: è esattamente il contrario.
Quell'allestimento presentava il grande percorso iniziatico della ragazza giunta alla prima notte di nozze, nell'attimo del passaggio definitivo, esistenziale dallo stadio di bambina a quello di donna (attraverso l'accettazione del sesso e la perdita della verginità).
Rusalka è quindi una ragazza infelicissima all'inizio - perché non ancora disposta a uscire dal bozzolo e accettare la rinuncia al mondo delle favole, timorosa di quanto di violento e sporco è insito nel sesso, soverchiata dall'immagine della madre (strega e rivale); alla fine invece è una donna vera, felicissima, perché ha accettato finalmente il passaggio: chiude la porta sul suo passato, sulla voce dei sogni e delle favole, e diventa la donna del suo uomo.
Quindi il percorso, lo "iato" è esattamente opposto a quello che tu hai ravvisato (stupida e svolazzante all'inizio e triste, tragica alla fine): all'inizio è tragica e triste perchè non ha la forza di accettare il cambiamento che pure desidera, alla fine è felice, cresciuta e realizzata.
Inoltre non mi pare affatto che la Fleming nel canto alla Luna, con quel birignao e quella retorica da divona operistica, possa evocare (come a te) l'immagine di una ragazza svolazzante e leggiadra; anzi, proprio il tono "matronale" che quegli effettoni producono, stride dolorosamente con l'immagine del "bozzolo" che ancora Rusalka dovrebbe essere a quello stadio dell'opera (per lo meno nell'allestimento di Carsen).
Il difficile rapporto con Conlon (che alla fine fatica a starle dietro) testimonia che l'effetto era semplicemente imposto dalla Fleming, in totale autonomia rispetto allo spettacolo: qualcosa mi dice infatti che, escludendo il concerto di Amsterdam, tutte le altre esecuzioni della Fleming, anche precedenti la produzione di Parigi, presentino lo stesso effetto "fisarmonica"...
Ma qui sei tu che puoi illuminarci! :D

Ma come comunichi l'instabilità, la mancanza di senso della realtà, lo smarrimento in un mondo che si sta facendo troppo ed impietosamente difficile?


Bella domanda!
Non certo con un accumulo di figure retoriche.
Anche lo scrittore più inesperto di psicologia sa che, se deve far parlare un'adolescente, userà la trasparenza, la semplicità, l'evidenza ingenua dell'eloquio, non un mare di effettoni retorici, sensualoni e porconi... :D come i portamentoni, i rallentamentoni, i pianissimoni...
Tutto questo fa molto "donna esperta e sensuale" che di questi effettoni "porconi" ha sempre più bisogno per sembrare sexy.
A una ragazzina infelice che piange solitaria alla luna è sufficiente l'acqua e il sapone: e, nella fattispecie, un canto diretto, vibrante, sincero, pulsante (nella tensione ritmica) e spoglio di ogni retorica e sbrodolamento.
Almeno per me!

Salutoni e buona domenica pure a te! :)
Mat
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Re: Frederica von Stade

Messaggioda Tucidide » dom 03 ago 2008, 15:32

MatMarazzi ha scritto:Che la Von Stade e Ozawa sappiamo valorizzare questo canto struggente, sappiano conferirgli quella "tensione" che lo rende così emozionante è una cosa che si può capire semplicemente ascoltando il brano e non andando ad incollarsi alle forcelle dello spartito.

Sicuro sicuro? E com'è allora che io sento solo un canto noioso e monotono, e senza ALCUNA tensione? Se fosse un fatto oggettivo, dovremmo avere tutti le stesse sensazioni, ed allora... a che servirebbe discutere? :D
Quanto ai segni d'espressione, beh, che dire? Sono d'accordo che si può ascoltare un'aria o un'opera senza spartito sotto mano! Certo! In questo caso, sono andato a guardare lo spartito per disperazione. Trovando monotona e piatta la von Stade, ho voluto vedere se almeno seguiva a grandi linee lo spartito. E invece, nemmeno quello.
Se vado a vedere l’Arlecchino di Goldoni e il protagonista è noioso e monotono, voglio almeno augurarmi che non dimentichi le battute e non si inventi le parole. Se oltre ad essere noioso, è pure scorretto, è terribile. Invece, di un Arlecchino pimpante e teatrale non mi interessa se sbaglia qualche battuta o se si dimentica delle parole.

Ho poi già detto (temo un po' il rischio di ripetermi) che non è sulla dinamica che la Von Stade costruisce la sua dialettica.

Ok, Mat, ci sto. Allora ti dico: la Caballé spappola le melodie verdiane a livello ritmico. Beh, vabbè, non era questa la cosa che le interessava. :)
Credimi, è la stessa cosa... :wink:

L'assecondare manierismi e l'appesantire gli effetti non è un'opera di ricercatezza.
[...]
E' solo questo che contestavo: l'abuso di strumenti retorici non implica affatto una ricerca, anzi esattamente il contrario, per me. Ossia il nascondersi dietro una maniera, per evitare di far troppa "ricerca" sulle ragioni teatrali e musicali di un personaggio.

Lo è invece... almeno per me. Io non discuto il risultato, ma i mezzi. Anche il prete di Tresigallo si impegnava per sovraccaricare il fraseggio retorico. Poi era tremendo... ma intanto, se trascrivevi la sua omelia domenicale, potevi darla ad un ragazzo delle medie e chiedergli di trovare le figure retoriche, e lui ne avrebbe trovate mille e mille.
Non discuto che sarebbe stato più consono un discorso più asciutto, ma io parlavo proprio di dati numerici, statistici.

alla fine invece è una donna vera, felicissima, perché ha accettato finalmente il passaggio: chiude la porta sul suo passato, sulla voce dei sogni e delle favole, e diventa la donna del suo uomo.

Tanto felice che scava una tetra disperazione nell'arioso di inizio del III atto... :)
Se conosci la registrazione DECCA, avverti subito una differenza notevole. A Parigi c'è una fortissima cesura, che negli studi DECCA è molto meno avvertibile. In disco, la Fleming è a corto di fantasia, piuttosto deludente dal mio punto di vista. A Parigi è tutt'altra cosa.

Il difficile rapporto con Conlon (che alla fine fatica a starle dietro) testimonia che l'effetto era semplicemente imposto dalla Fleming, in totale autonomia rispetto allo spettacolo: qualcosa mi dice infatti che, escludendo il concerto di Amsterdam, tutte le altre esecuzioni della Fleming, anche precedenti la produzione di Parigi, presentino lo stesso effetto "fisarmonica"...
Ma qui sei tu che puoi illuminarci! :D

Conlon non è assolutamente in affanno, anzi mi sembra, dopo Solti, quello che la accompagna meglio in quest'aria, meglio di Mackerras (con cui è comunque molto disciplinata). Comunque, sull'effetto fisarmonica, è in effetti presente fin dalle prime esecuzioni che conosco. E' più presente quando canta l'aria durante l'opera completa (conosco una recita da Houston del 91, ed è già sbrodolona :D - oltre che in palese difficoltà in acuto), ma lo fa anche in concerto... In ogni caso, è questa (Parigi) la più sovraccarica di effetti, senza alcun dubbio.

Non certo con un accumulo di figure retoriche.
A una ragazzina infelice che piange solitaria alla luna è sufficiente l'acqua e il sapone: e, nella fattispecie, un canto diretto, vibrante, sincero, pulsante (nella tensione ritmica) e spoglio di ogni retorica e sbrodolamento.
Almeno per me!

Con questo puoi comunicare una psicologia a senso unico, appunto. Mi sembra che la tua visione delle adolescenti disperate, anoressiche e ribelli sia parziale, almeno come l'idea che siano tutte delle vispe Terese. La difficoltà sta proprio nel trovare un effetto che renda la mutevolezza, la contraddittorietà, l'instabilità. Solo una ragazzina sa svegliarsi allegra e scoppiare a piangere non si sa bene per che cosa di punto in bianco. Solo una ragazzina sa cominciare un discorso con tranquillità e poi, per una parola non gradita piantare una tragedia terrificante. Solo una ragazzina sa contorcersi d'amore e poi dimenticare tutto in poco tempo con superficialità sconcertante. (Piaciuta l'anafora? Sono andato a lezione dal tuo ex parroco :wink: )
Io voglio sentire, in Rusalka, proprio questo.
La von Stade non me lo comunica. E se devo essere sincero, non mi comunica nemmeno una generica infelicità. Non mi comunica nulla.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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