Pruun ha scritto:Devo dire che conosco solo la Sieglinde che ha citato anche VGobbi e non si tratta di un'incisione che mi ha spinto a scoprire altro di questa artista: in quell'edizione non mi ha colpito particolarmente.
Voi che consigliereste?
Io trovo sia la Sieglinde dell'edizione RCA, sia il don Carlos di Londra due incisioni estremamente significative dell'arte della Brouwenstijn, fermo restando che in entrambe la nostra non era più una ragazzina.
Essendo del 1915, aveva sette anni più della Tebaldi: sarebbe come giudicare quest'ultima da un'incisione del 67.
Eppure, anche se la voce (mai particolarmente suadente come timbro) mostrava già diversi segni di tensione, soprattutto all'acuto, restava evidentissima la suggestione di quel fraseggio screziato e di quella maestosità aristocratica che ne hanno fatto la gloria.
Come la maggior parte delle artiste nordiche dell'immediato dopoguerra, anche la Brouwenstijn coltivò una declamazione di sofisticata incisività che l'avrebbe condotta da Gluck (fu una superba Ifigenia in Tauride, ma anche Alceste) a Janacek (Jenufa), passando per Wagner (fu la creatrice del celeberrimo Tannhauser di Wieland a Bayreuth) e soprattutto per l'ultimo Verdi (Otello, Aida, Ballo).
Proprio in Verdi ritengo ci abbia lasciato testimonianze stupefacenti, in anni in cui si imponeva il Verdi "sontuoso" della Tebaldi e, poco dopo, della Price.
La Brouwenstijn combatteva invece per il Verdi dilavato, povero di effetti e compiacimenti, tutto costruito sul pudore della parola e sulla solitudine dell'esistenza: in questo senso - pur con mezzi diversi - la sua scuola era simile agli "ultimi verdi" della Callas per la EMI; non è un caso che proprio la Brouwenstijn fu scelta da Giulini e Visconti per sostituire la Callas dopo il suo precipitoso forfait dal Don Carlos di Londra.
Purtroppo la maggior parte delle incisioni verdiane su di lei la ritraggono in una fase molto avanzata della sua carriera, ma esistono alcuni frammenti preziosissimi dei primi anni '50 che possono dare un'immagine molto forte della modernità del suo gusto e della sua profondità di interprete.
Il ruolo in cui la Brouwenstijn ha lasciato un ricordo maggiore è la Leonore del Fidelio, di cui fu una delle poche interpreti che avesse conservato (in quegli anni) memorie mozartiane.
Personalmente la amo follemente, proprio perché in lei ritrovo il bisogno di fare "poesia" senza mai scadere nell'effetto, nella retorica, nella volgarità.
Qui troverete una pagina dedicata a lei,
http://www.dutchdivas.net/sopranen/gre_brouwenstijn.htmlcon un brano del Trovatore, che - pur non essendo l'ideale, in quanto richiede un respiro belcantistico che a lei non era proprio - comunica però abbastanza bene la nobiltà, la purezza dell'artista, il suo voler evitare tutte le formule più stantie dell'interpretazione verdiana (è della fine degli anni '40, all'epoca in cui da noi questa parte era ancora affidata alle Caniglia e alle Mancini).
Salutoni
Mat