Uno dei compositori operistici (diciamo così) che prediligo è Kurt Weill, sia quello dei songspiel del periodo berlinese, sia quello ei musical della fase americana. Purtroppo però mi devo spesso scontrare col cattivo gusto e la scarsa fantasia di molti interpreti specializzati nella sua musica.
Nemmeno Lotte Lenya mi fa impazzire e di Ute Lemper ho orrore.
Qualche anno fa la Von Otter si è buttata nella mischia (un cd molto interessante diretto da Gardiner dal significativo titolo di "speak low") mostrandosi strepitosa nei songs americani e ma deludentissima in quelli tedeschi. Qualcosa di buono (ma non a livelli trascendentali) ha fatto anche la mia amica Silja.
Poi alcuni anni fa ho avuto la rivelazione di Teresa Stratas.
Era una cantante che avevo sempre amato, ma sentirla nel repertorio di Weill mi ha messo di fronte a uno di quegli incontri privilegiati che segnano la storia dell'interpretazione operistica (come Blake-David, Callas-Pasta, Gencer-Ronzi di cui abbiamo parlato in altri thread).
A tutti consiglio ASSOLUTAMENTE l'acquisto del video dei favolosi Sette Peccati Capitali con Nagano e Sellars.
Esiste anche (purtroppo con pessimo audio) la videoregistrazione del Mahagonny (con Levine e la Varnay) del Metropolitan, della fine degli anni 70. E poi ci sono i dischi delle canzoni (io ne ho uno anche in vinile, quello ritratto sotto) che NATURALMENTE non venivano distribuiti in Italia: oggi si trovano su Internet con discreta facilità.
Per dare un'idea di cosa la Stratas sapesse ricavare vocalmente e tecnicamente da Weill, ho scovato un "Surabaya Jhonny" filmato dalla tv americana e disponibile su YooTube.
Giudicate voi!
Personalmente dirò che quanto la Stratas riesce a tirare fuori dal song è tale da spazzare via tutte le cantanti che possiedo in questo brano (e sono tante, persino la Berberian).
Di quelle semplici tre strofe la Stratas fa un poema, un ritratto di umanità grottesca, compassionevole e tragica insieme: i ricami di rubati, screziati di pianissimi, la naturalezza dei mille colori, dove si alternano gli scoppi rabbiosi, i sussurri più struggenti, le strappate nel grave, corrose e rancide, da alcolizzata.
Musicalemente le tre strofe sono praticamente uguali: differenziarle è quindi difficilissimo.
Bene, la Stratas fa evolvere il suo personaggio come in un film, di strofa in strofa, dai capricci puerili della prima parte, al rancore acido della seconda fino all'ansia sessuale dell'ultima, della donna buttata via ma che ancora vuole il suo uomo, con tutte le forze (il tutto, lo dico per chi non conoscesse il brano, non è nella musica, nè le parole: è solo nella Stratas).
Ancora più incredibile è il ritornello, dove nemmeno le parole cambiano, ma dove lei riesce ogni volta a modificare colori, atmosfere e i significati.
Le frasi "perché mi ferisci così" e "e io ti amo così tanto" o ancora il celeberrimo "parlato": "e togliti la pipa di bocca, carogna" assumono ogni volta un significato diverso, addirittura opposto .
Insomma credo che questo video (che vi consiglio assolutamente di guardare) dia la dimensione di che cos'è la vera poesia del canto.
Sappiatemi dire.
http://www.youtube.com/watch?v=Wrh5GkOD4LE