E già che ne abbiamo parlato, due chiacchiere anche su Olivia Stapp, altre cantante della mia giovinezza.
Era una seconda scelta, ma comunque affidabile, sicura, grande professionista, voce solidissima anche se forse di fantasia non soverchiante.
Ecco una carrellata delle sue parti.
Cominciamo da Fanciulla, di cui vi propongo il duetto con il buon vecchio Cecchele. Tipico assemblaggio che si poteva vedere a Genova, o Torre del Lago, o al limite alla Scala in una ripresa con secondo cast. By the way, godetevi l'affondo di Cecchele in pieno Mariostyle:
Eccola adesso nel Macbeth, in una recita della versione del 1847. Oggi noi in questa parte cerchiamo cose diverse, ma non si può negarle sicurezza, registro acuto fulminante e senso di quello che dice:
Nel Devereux io cerco cose diverse, ma se penso a quello che tocca sentire da cantanti ultrasessantenni che pensano di poter affrontare i ruoli Ronzi de Begnis solo perché hanno la vocina e il fiatino, ben venga anche la Stapp:
Ecco quello che definisco un secondo cast.
Questa è una Tosca ove non si sa cosa sia peggio: il (fortunatamente breve) morceau del Cavaradossi di Bergonzi - davvero tremendo - e lo Scarpia orribilmente calante, fuori tempo, dilettantesco e stonatissimo del sinora a me sconosciuto Giovanni Ciminelli. In questo contesto che farebbe orrore persino al cineteatro parrocchiale del mio paesello, la Stapp ci sta con il suo solido professionismo, con la sua bella linea di canto e un'aria da Francesca Bertini che un regista appena più decoroso del cane che ha messo in scena questa recita (notare lei appoggiata sul canapè come ai bei vecchi tempi) avrebbe potuto evitarle:
Sempre dalla stessa recita, il duetto del terzo atto con un Bergonzi singolarmente fuori tempo e calante: strano, per uno come lui famoso per il suo attaccamento alla linea musicale, anche se va considerato nell'81 aveva 57 anni (qualche minimo momento suggestivo in "Oh dolci mani" c'è). Lei è una folgore: