Esimia musicista- era una violinista- e grande vocalista se mai ce n'e' stata una ( comincio ad entrare in sintonia col sito?),la famosa- e trionfante- sostituta della Maria in quella celebre Norma di Roma. Carriera corta, tanti problemi di salute poi superati con l'abbandono delle scene, una figlia, una vecchiaia prima serena ( un donnone marchigiano simpaticissimo) poi funestata dall'Alzheimer. Mi sembra meriti di essere citata in questa sede ,magari postando - io non so come si fa -qualcosina che la ricordi. Pensavo all'Ernani di Mitropoulos, all'aria di Abigaille, a quell ' orrendo e kitsch,ma teatralissimo valzerone del finale della Gioconda Decca assieme allo splendido,sinistro Barnaba di Ettore Bastianini( sognata mia joia,alla toscana )
Grazie di averla nominata, zietta. La Cerquetti è in assoluto una delle mie più grandi passioni. A mio parere la più grande, moderna, vera artista italiana nel decennio degli anni '50 (la metto ben al di sopra della Tebaldi, per intenderci). Non è tanto la voce a colpirmi (che sì, certo... era bella, opulenta) quanto la sobrietà interiorizzata del suo canto. Sentita oggi, soprattutto, la Cerquetti è di una modernità e di una profondità che sconcerta! Quale altra cantante italiana all'epoca riusciva a essere tanto espressiva senza una concessione, una sottolineature, un cedimento all'enfasi. E non che la Cerquetti non comunicasse... tutt'altro! Era una vera poetessa; ma tutta la sua teatralità si realizzava con delicatissime sfumature di voce. Persino nel duetto del Nabucco (dove anche a un agnellino viene spontaneo ruggire) la Cerquetti non perdeva la sua alterezza malinconica. Non ci troveremo una sola nota di petto, un solo acuto sparato. E quale altro cantante italiano dell'epoca (come giustamente hai osservato) era tanto curato nella linea, preciso negli intervalli, strumentale nelle divisioni?
Tu ci chiedi di proportela nelle sue famose esecuzioni verdiane... Non arrabbiarti ma io preferirei ricordarla in un'altra veste. Elvira, Abigaille, Elena e Leonora sono state belle interpretazioni, ma per me non è lì che si misura in pieno il genio della Cerquetti. Verdi secondo me (fermo restrando che alcune frasi e alcune pagine sono trascinanti) non era il suo terreno ideale. Ancora meno efficaci sono per me gli ultimi Verdi (eccezion fatta per il Ballo): Aida, Forza del Destino... In queste opere non solo la Cerquetti penava un po' in alto (la sua voce era simile al Falcon), ma mancava di quell'impeto del "contrasto" che fa la poetica verdiana. Lei era una poetessa lirica, una Saffo, che profonde le sue emozioni con nobiltà antica, scolpita... E infatti il suo terreno d'elezione l'ha trovato altrove, nelle poetiche pre-romantiche dell'era Napoleonica (Spontini, Cherubini e il tramonto della Tragédie Lyrique), nel primo Grand-Opéra (Rossini) e in Weber.
In questa musica dalla solennità reazionaria mescolata a fermenti già romantici, la Cerquetti è stata un Dio, perché era grandiosa e gigantesca (come si conviene a questi testi) senza perdere la vaporosità, la leggerezza e quella sua particolare umanità raccolta.
Eccola negli Abencerages di Cherubini. Ascoltatela, è una cosa da non credere...
Con l'Oberon di Weber poi arriviamo al miracolo... Per me siamo di fronte alla maggior Rezia (ma di varie spanne) documentata dalla discografia! Non conosco un soprano che non esca ridicolizzata al confronto. In particolare "Traure, mein Herz" (piangi, mio cor) a me pare un "must" della discografia operistica.
E ovviamente Ozean
Proseguiamo con Spontini: Agnese di Hohenstafuen (Martini e Rossi, non Decca)
Singolare questa... corrispondenza di amorosi sensi. Mentre Donna Ebe propone una riflessione sulla Cerquetti e Matteo risponde da par suo proponendo una serie di ascolti molto interessanti, Luca propone le sue riflessioni sulla celeberrima Norma del 1958 di questa brava cantante. Personalmente - lo dico senza troppi giri di parole - io non sono un suo ammiratore entusiasta. Probabilmente mi sono concentrato troppo sul suo Verdi, anche per me poco interessante, perché troppo aulico e ben poco contrastato. Devo dire che questi ascolti mi hanno aperto orizzonti molto più interessanti, in particolare i brani weberiani nei quali - concordo con Matteo - lei è veramente geniale. Ennesimo capitolo di quello che affermiamo da tempo: non esistono cantanti buoni per tutti gli usi!
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!" (Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
pbagnoli ha scritto:Singolare questa... corrispondenza di amorosi sensi. Mentre Donna Ebe propone una riflessione sulla Cerquetti e Matteo risponde da par suo proponendo una serie di ascolti molto interessanti, Luca propone le sue riflessioni sulla celeberrima Norma del 1958 di questa brava cantante.
Ho letto con grande interesse la bellissima recensione di Luca, che condivido parola per parola. Mi fa molto piacere che anche per Luca il pieno Romanticismo non fosse l'ambito ideale per la Cerquetti. Funziona, certo, anche perché Norma ha memorie neoclassiche che la possono avvicinare all'estetica spontiniana. Funziona certo meglio in Norma che in Aida o Leonora di Vargas o Elisabetta di Valois. Eppure qualcosa non torna! Il riferimento di Luca ...a Canova spiega tutto. La Cerquetti aveva bisogno di respirare fra i momumenti, lasciar fondere il suo marmo in grandi affreschi ancora preromantici. Semmai... poteva volgersi indietro. Ad esempio a Gluck. Ma è nei decenni fra l'evo Napoleonico e la Restaurazione che la sua arte esplode: fra Spontini e Weber, Cherubini e Rossini. Tutto questo per me!
Ringrazio Matteo per l'apprezzamento sul mio scritto e faccio questa riflessione a forma di domanda brevissima: la Cerquetti non potrebbe essere considerata la risposta italiana alla Flagstad (senza Wagner, ma come affinità di stile aulico) e un'anticipazione della Norman?
Grazie Mat. Non sapevo esistessero queste registrazioni. Splendida davvero. L'ho conosciuta personalmente (davvero ) lei vive ancora ( si fa per dire )a Roma. Una donna di una simpatia istintiva, di grande comunicativa, di estrema umilta'.Il personaggio che amava sopra ogni altro era Norma,ma era curiosa e mai banale anche quando parlava di teatro d'opera. Era spesso giudice -stranamente rigida ed esigente-nei concorsi di canto. Amava la Callas,la Simionato,la Sutherland ,Kathleen Ferrier e la Leontyne Price,assieme ai grandi violinisti e violisti contemporanei. Credo sia stata una delle poche persone a piangere quando - ancora compos sui- aveva saputo della morte di Rodolfo Celletti. Devo dire che anche in Verdi,in un certo Verdi ,mi sembra meriti molto di piu' di quanto scrive il severo Dott.Bagnoli. No,non era per tutti gli usi ( fisico e temperamento,nonche' vere inclinazioni del gusto,la tenevano lontana dal repertorio verista,che pure ha affrontato "perche' da giovane magari ero incosciente,ma non c'avevo paura de niente e de nessuno!!!")ma certo ci si avvicinava.Va anche detto che mi pare,Gioconda esclusa,che tutto quello che si sente di lei non venga dalle sale d'incisione,e questo nella valutazione globale di un grande cantante va anche sottolineato.
I miei complimenti anzitutto a Luca per la recensione della Norma romana. Intervento pacato e circostanziato come raramente capita di leggere a proposito dello spettacolo del '58 complice anche lo scandalo-Callas che ha fatalmente portato a scrivere fiumi di inchiostro sul "gran rifiuto" e a concedere poche righe distratte all'interpretazione della Cerquetti. Su quest'ultima anch'io sono portato a sottolineare il valore delle interpretazioni protoverdiane, soprattutto se confrontate con quelle di varie cantanti coeve a cui questi ruoli erano affidati (ad es. la Mancini delle incisioni Cetra o anche la Stella). Molto belli anche i ruoli "napoleonici" anche se io colgo una punta (forse eccessiva) di monumentalità che me li rende un po' troppo "accademici". Per carità è una peculiarità innervata in queste partiture, ma insistervi per programma rischia di portare alla costruzione di quei famosi piedistalli di cui su queste pagine molto si è scritto.
Ho letto con immenso interesse, visto che la possiedo anch'io l'edizione (anche se non l'ascolto da parecchissimi anni) la bella recensione di Luca. Per quanto possa ricordarmi, mi fece impressione sopra tutto le prestazioni vocali di Corelli e Neri. Sulla Cerquetti concordo sull'interpretazione datata, ma di voce splendida.
Un appunto. La Cigna fu una Norma in stile verista, ma non di certo la Milanov che seppe anticipare quella rivisitazione del ruolo che con la Callas ebbe effetto compiuto. Non ho sottomano l'edizione della Milanov, ma se non ricordo male si tratta di un live dal Met del '44.
Ti assicuro Luca che quando l'ascoltai mi fece un'enorme impressione, non solo dal punto di vista interpretativo, ma anche da quello vocale (una voce totalmente diversa dalle sue incisioni discografiche tardive degli anni '50).
Ultima modifica di VGobbi il lun 09 gen 2012, 20:04, modificato 1 volta in totale.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
Grazie Vittorio dell'apprezzamento su quanto ho scritto, però io la Milanov l'ho sempre trovata un pò verista in quanto ha fatto. Della sua Norma del '44 possiedo l' Ah bello a me ritorna e francamente non mi pare tanto belcantista (guardando indietro alla Arangi Lombardi, tanto per dire...). Inoltre come cantante la Milanov non mi ha mai molto convinto anche in altri ruoli (es. Gioconda del '39 diretta da Panizza, figuriamoci dopo....).
Riascoltavo le testimonianze sonore della Cerquetti: concordo con quanto Matteo dice in termini di quantità e qualità di voce del soprano maceratese. Ciò che, a mio avviso, mancava un pò alla Cerquetti era l'elettricità e gli scatti ferini di certe frasi operistiche (pensiamo cosa sarebbe accaduto con una Giselda de I Lombardi oppure con una Lady, opere entrambe del primo Verdi come del resto lo è l'animosa Abigaille). Giustamente Matteo parla di malinconia persino nel Nabucco. Credo però che alcune eroine volitive ne escano con un volto nuovo: nel novero delle ipotesi me la immagino come Turandot dal volto umano, tolta dal monopolio delle anglo-scandinave che hanno dominato in questo ruolo (Grob-Prandl, Nilsson, Shuard...) relegando il personaggio nel kolossal vocale. In questo vedo la sua modernità.... In altre opere forse era più convenzionale, ma ad esempio nel suo Ballo in Maschera (quello di Firenze, per intenderci, diretto da Tieri con la Stignani, Poggi e Bastianini) ci offre un'Amelia grandiosa e per nulla scontata.
Luca ha scritto:Riascoltavo le testimonianze sonore della Cerquetti: concordo con quanto Matteo dice in termini di quantità e qualità di voce del soprano maceratese. Ciò che, a mio avviso, mancava un pò alla Cerquetti era l'elettricità e gli scatti ferini di certe frasi operistiche (pensiamo cosa sarebbe accaduto con una Giselda de I Lombardi oppure con una Lady, opere entrambe del primo Verdi come del resto lo è l'animosa Abigaille). Giustamente Matteo parla di malinconia persino nel Nabucco. Credo però che alcune eroine volitive ne escano con un volto nuovo: nel novero delle ipotesi me la immagino come Turandot dal volto umano, tolta dal monopolio delle anglo-scandinave che hanno dominato in questo ruolo (Grob-Prandl, Nilsson, Shuard...) relegando il personaggio nel kolossal vocale. In questo vedo la sua modernità.... In altre opere forse era più convenzionale, ma ad esempio nel suo Ballo in Maschera (quello di Firenze, per intenderci, diretto da Tieri con la Stignani, Poggi e Bastianini) ci offre un'Amelia grandiosa e per nulla scontata.
Saluti, Luca.
Riprendo il discorso sulla Cerquetti perché concordo con quanto afferma Luca, a proposito di una certa placidità in Verdi (a cui forse la spingeva anche una personalità ostile alle zampate e agli effettoni). Concordo anche sul dinamismo insospettabile prodotto a contatto con Amelia del Ballo (che altre hanno reso ben più placida e assorta di lei). Concordo infine sull'osservazione che l'evitare i ruggiti di tante Abigailli la porti comunque a costruire un personaggio comunque molto efficace (e penso a quanto sarebbe stato interessante far approfondire alla Cerquetti certi personaggi dell'area Ungher-Strepponi... ad esempio Antonina del Belisario). Il fatto è che per me, seppure evitando gli slanci dei tipici soprani drammatici, la Cerquetti era una signora interprete, capace di chiaroscuri e sfumature espressive da vera interprete, meditata nei fraseggi, allusiva, grandiosa. La sua Duchessa Elena è un capolavoro in questo senso: rabbia, vergogna, fame di rivincita, orgoglio sono tutti espressi come fra i denti, contenuti in pianissimi frementi. Alla fine vince lei, col suo livore sordo e il suo disprezzo a fior di labbra, sulle tante Elene estroverse e troppo facilmente incacchiate.
A dispetto delle giuste osservazioni di Rodrigo, sulla "monumentalità" eccessiva dei ruoli napoleonici, io continuo a vedere la Cerquetti ideale in quel repertorio. Anche perché ...la vedo un po' dura fare a meno della monumentalità in questi spartiti. Semmai l'obbiettivo sarebbe quello di ...scaldare il marmo con la propria personalità. E mi pare che la Cerquetti sia l'unica (o quasi) a riuscirci. Riuscire ad esprimere grandezza e staticità (che è la sostanza stessa dei ruoli Branchu e anche Cinti-Damoureu) senza risultare finti e affettati, riuscire a bloccare l'azione come in un centro gravitazionale che funga da risposta all'iper-cinesi tenorile (alla Nourrit) è secondo me il maggior risultato che si possa ottenere da queste parti. E' lo stesso che direi di una cantante completamente diversa dalla Cerquetti come la Bartoli. Eppure anche lei alla prese con un ruolo Cinti - nel Comte Ory - è riuscita a conseguire lo stesso risultato: incarnare la forza centripeta dell'Opera, contro quella centrifuga (dinamica e morale) affidata a Nourrit.