Un saluto a tutti gli utenti di questo forum! Da molto tempo vi leggo con interesse, ma ho esitato a lungo prima d'iscrivermi, perché il procedere un po' intellettualistico - badate: non è un'offesa! - delle discussioni mi aveva alquanto disorientato. Non sono un bruto, e so bene di esser stato fatto per seguir virtute e canoscenza, ma non mi considero un intellettuale, specie nel modo di fruire della musica. Sono anzi visceralissimo e meno la musica mi fa pensare, in termini razionali, più ci trovo piacere. Per finire questa arenga introduttiva mi presento: mi chiamo Davide, scrivo da Genova, ho un numero d'anni compreso tra il quadrato di 5 e il decuplo della radice di 9. Alcuni dei presenti mi conoscono, sotto lo stesso nick, per la comune partecipazione ad altra pagina.
E dunque prendo le mosse da Maria Callas, perché è stata all'origine del mio amore per il melodramma. O meglio prima di lei c'è stato Alexandre Dumas fils, quindi la curiosità di ascoltare Traviata. A 12 anni, con cento franchi in tasca, andai alla Fnac di Grenoble per acquistare l'edizione più economica che potessi trovare di quell'opera: e il caso volle che fosse la famosa ripresa dal vivo scaligera del 1955. "Ma chi è sta gatta in fregola?" Questo il mio dodicenne pensiero, o giù di lì, ascoltando la grande scena del primo atto. Poi niente, fu amore al secondo ascolto ; tra l'altro mi colpì la voce di petto sfoggiata, nel terzo atto, sulle parole "ma se salvando ecc.", e il contrasto con la voce da moribonda, pronta a spezzarsi in una scarica emottica, con cui la Callas iniziava e portava a termine gli ultimi momenti del personaggio. Poi fu la volta di Norma, e lì a segnarmi fu il duetto con Pollione, la rabbia repressa, il delirio d'onnipotenza, l'amore invincibile... Tutte queste cose le ho sentite nella voce della Callas, e mai in nessun altro interprete, pur essendo abbastanza facile a commuovermi e a trovare argomenti interpretativi anche in cantanti che, secondo la vulgata, ad altro non pensavano senon al canto.
Ma nella Callas c'è qualcos'altro, che io istintivamente riferisco alla voce, nuda e cruda. Si parla spesso di bellezza o bruttezza di una voce. Impossibile per me applicare questo schema alla voce della Callas. Impossibile applicare alcuno schema, in genere. E' banale a dirsi: basta una nota, e, fosse possibile, basterebbe anche una sola consonante, e credo riconoscerei la Callas fra mille. L'attacco del "Casta diva"... Aveva un modo tutto suo - eppure è un precetto musicale piuttosto comune - di anticipare l'articolazione delle consonanti sorde per preparare l'attacco della vocale sulla battuta. Musicalmente aveva sottigliezze e intuizioni che, credo, non potevano derivarle dagli studi (d'altronde la Callas non terminò il suo cursus presso il Conservatorio di Atene), ma da una percezione spontanea del dettato musicale. Certi suoi fraseggi, nell'ultima cabaletta di Lucia, hanno, nelle famose spedizioni punitive messicane, un'elasticità e una forza motrice interna che purtroppo scompariranno sotto la direzione di Von Karajan. Certo, la Lucia di Berlino, o, ancor meglio, quella della Scala è un personaggio assai meglio rifinito e si trova incorniciato in un contesto di altissimo valore esecutivo. Non mi sognerei mai di dire che la Lucia messicana sia migliore, globalmente, di quelle successive... Ma sostengo che la Callas, che certamente imparò molto da grandi direttori, avrebbe potuto altrettanto insegnare a loro, se mai il genio fosse cosa trasmissibile.
Sono poi intrigato dall'ipotesi introdotta da MatMarazzi sulla retrodatazione dell'anno di nascita. Onestamente ho spesso avuto anch'io l'impressione, sfogliando gli album fotografici, che la Callas del 1955 dimostrasse più dei 31-32 anni dichiarati. Ma forse dobbiamo riferirci ad un contesto diverso: i 30 anni del 1950 non sono i 30 anni odierni ; l'assunzione di responsabilità in giovanissima età, le privazioni e i pericoli della guerra, il matrimonio con un uomo sulla soglia della terza età... E non da ultimo gli abiti da sciura e il trucco pesante erano altrettanti motivi di invecchiamento apparente. Fuori da argomenti estetici, il fatto di cantare Santuzza a 14-15 anni,nel quadro di un Teatro di varietà - perché tale era l'Olympia di Atene - non dovrebbe stupirci. La giovane Kaloieropoulou non era ancora allieva della De Hidalgo, ma era ancora in mano ad una certa Trivella. La stessa De Hidalgo aveva debuttato Rosina in età poco più che adolescenziale. Ricordiamoci inoltre che Santuzza era parte comunemente affidata a soprani lirici, come furono la Burzio, la Carelli, la Zinetti e la Bruna-Rasa, e l'idea dunque una quindicenne, sviluppata precocemente come spesso accade nei popoli mediterranei e dalla voce robusta, potesse cantarla in un ambito di scarsa rilevanza artistica non mi urta più di tanto. Quando alla Tosca del 1942 o al Fidelio del 1945 non va dimenticato il fatto che la Grecia, sotto la Guerra, fu posta in uno stato di semi-embargo. Pochissimi i cantanti stranieri che si avventuravano da quelle parti: l'arrivo di Augusta Oltrabella, una buona cantante e nulla più, all'Opera di Atene nel 1941 sembra, dalle cronache, essere stato accolto come l'avvento del Messia. La Callas tra l'altro, se ricordo bene, fu chiamata a sostituire una collega: il suo contratto con l'Opera di Stato, firmato con l'appoggio della De Hidalgo - cantate anche lei di medio livello - la destinava ad un impiego di corista sostituta! Il discorso è che ad Atene, in tempo bellico, cantavano principalmente gli studenti delle scuole di musica! E quanti saranno stati? Immagino pochi. Tra quei pochi la Callas era probabilmente l'unica in possesso di una voce lirica (ma non drammatica, secondo il mio punto di vista) in grado di cantare Tosca au pied levé, diciassettenne o ventenne che fosse. Le recensioni raccolte un tempo da Gina Guandalini e Polvyos Marchand d'altronde sono abbastanza unanimi nel rilevare gli aspetti ancora immaturi della voce e dell'interpretazione, pur sottolineando l'enorme potenziale della diciottenne (l'età è rilevata da almeno uno dei recensori) cantante. Il 1923 viene poi riportato come data di nascita sia nel giuramento di fedeltà prestato dalla Callas negli Stati Uniti prima di partire in Grecia, sia in quello rilasciato dall'ambasciata americana in Atene, al momento del ritorno in America otto anni dopo (documenti entrambi pubblicati da N.Petsalis Diomidis in "The unknown Callas", Londra, 2002). L'atto di nascita non fu mai ritrovato, nemmeno quando la Callas dovette presentare le pratiche per la rinuncia alla cittadinanza americana nel 1966: l'unico puntello alla teoria di una falsificazione della data di nascita starebbe proprio in questa strana lacuna documentaria, che, per assurdo, potrebbe derivare da una mancata ricerca nelle serie anagrafiche degli anni precedenti il 1923.
Ecco tutto, scusate la logorrea, ma essendo l'ipotesi affascinante ho provato a dare il mio contributo sull'argomento.
A presto!