La scomparsa di nomi del peso di Regine Crespin o Luciano Pavarotti o Beverly Sills ci ha distratti da un altro commiato eccellente di quest'anno, quello di Teresa Stich Randall.
Non è solo un "ricordo" quello che vi propongo, ma una serie di considerazioni partendo dal suo caso (singolare) per approdare a visioni più generali.
Intanto per me lei esemplifica il caso di una grandissima (da giovane) che non tiene il passo coi tempi.
E' una situazione che mi ha sempre stupito.
La Stich Randall fu un baby-diva: era talmente strepitosa, originale, combattiva da giovanissima che approdò al successo poco più che ventenne. Di tutte le cantanti che si trovò ad affiancare (a Vienna le sue colleghe si chiamavano Schwarzkopf, Della Casa, Jurinac, Seefried) lei era di gran lunga la più giovane.
Essendo del 27, si può dire che il suo successo ha anticipato di un buon decennio quello delle cantanti a lei contemporanee, approdate alla gloria internazionale nella seconda metà degli anni 50 (Price, Sutherland, Rysanek, Gencer, Crespin) quando la Stich era già un nome fin dalla fine degli anni 40.
Eppure è doveroso ammettere che la sua carriera negli anni 60-70 fu decisamente meno importante di quella degli anni 50.
E non per un declino vocale (come avvenne, mettiamo, per la Stella) ma per altre, insondabili ragioni.
Lei che negli anni 50 era l'emblema di una gioventù ruggente e incontenibile (a Aix la ricordano ancora "sgommare" con la sua spider per le vie della città; a Firenze la ricordano ancora, nell'Oberon al giardino di Boboli, nuotare nelle fontane sotto i riflettori, come Ester Williams), lei, dicevo, sembrò non aver più nulla da dire di fronte alle evoluzioni e ai cambiamenti dell'opera, non tutti positivi, nel decennio successivo.
Ormai stabilizzata nei suoi ruoli classici (donna Anna, Fiordiligi, Arianna...), sempre meno sfruttata dalle case discografiche, sempre meno presente nei cartelloni che contano, la Stich si avviò a una malinconica decadenza, non senza inutili colpi di coda (una Norma e un Trovatore in provincia) e sorprendentissime rivelazioni (una Rodelinda discografica da restare di stucco).
Cosa porta un artista a "scollarsi" dal proprio tempo? A perdere quell'ansia di mordere il presente che pure l'aveva caratterizzata nella prima parte della carriera?
Eppure la Stich, con quel canto cristallino, fisso, penetrante come uno stiletto, servì da modello a cantanti celebratissime fra gli anni 60 e 70 (la sua più celebre emula fu Gundula Janowitz).
Inoltre quel suo oscillare fra il brivido della coloratura (fu celebre Kostanze, Violetta, Gilda, Athira) e la purezza strumentale del suo grande fraseggio (che la condusse verso l'algida maestosità di Ariadne, della Contessa, di Donna Anna), per non parlare delle curiosità intellettuale (che la condusse fino a Glinka e Rameau) non era poi tanto lontano dalla nuova sensibilità anti-romantica che stava emergendo negli anni 60.
In ambito italiano avrebbe potuto approfondire i ruoli acuti verdiani (Battaglia di legnano, luisa miller) e addirittura spingersi ai ruoli Pasta, che avrebbe reso con nobiltà, finezza e spirituralità da grande interprete di Bach: anche senza buttarsi senza alcuna esperienza in Norma, come fece troppo tardivamente, avrebbe potuto tentare la Bolena, la Beatrice.
In Strauss avrebbe potuto spingersi all'Imperatrice e a Dafne (che non possono spaventare una che è stata Arianna a quei livelli); e non attendere così tanto (come ha atteso) per Salome.
E poi avrebbe potuto cantare il barocco con maggiore insistenza, farne un caposaldo del suo repertorio, inciderlo, rappresentare una voce diversissima e alternativa alla Sutherland e al suo handel dai languori sontuosi.
Insomma avrebbe potuto mettere a frutto di più quel canto freddo e dritto, adamantino e senza legato, che poteva comunicare un senso di "regina dei ghiacchi" ma sotto al quale stava una personalità forte, americana, pugnace!
Io ho sempre avuto una passione per lei, e mi spiace che non sia riuscita a darci quanto avrebbe potuto.
Salutoni
Matteo