MatMarazzi ha scritto:Siccome fatico a esprimere il concetto, vorrei chiedere aiuto a me stesso
Beh è fantastico!!
Comunque, ho sempre riflettuto su questi "percorsi inversi" che hanno avuto le due divine dell'opera anni 50-60 (per me la Callas e la Gencer). La Callas, pur partendo in gioventù con un repertorio caratterialmente eterogeneo, comincia a guadagnarsi nei primi anni della sua carriera italiana la fama nei personaggi "cattivi", come Turandot, Armida, Medea, Lady Macbeth, o comunque aggressivi, come Norma, Gioconda, Elena, Alceste, non che in quel periodo non facesse anche altro, ma ci vorrà la "seconda Callas" (quella di Vestale, Sonnambula, Lucia, Traviata ecc.) a sdoganare definitivamente in Italia la sua immagine ingombrante (all'epoca un po' in tutti i sensi) di signora nera dell'opera (o di anti-Tebaldi, se vogliamo). Per la Gencer è il contrario, lei parte con i personaggi "vittima" e, quasi di punto in bianco, approda nel torbido mondo delle regine. C'è sempre secondo me nel canto della Gencer l'ombra della fanciulla smarrita che si è messa il mantello addosso e ha cominciato a fare la voce grossa (che poi per farla ci ha lavorato sul serio!). "Non so perchè mi hanno dato questi personaggi cattivi, io sono dolcissima" diceva la Sultana con la sua solita ironia secondo me non aveva tutti i torti. E quindi se la Callas negli anni si è "umanizzata", la Gencer si è "mistificata" (non mi vengono aggettivi migliori); correggimi se sbaglio Mat, ma la mia sensazione è che se la Lady della Callas partiva strega (e diventava anni dopo qualcosa di più complesso), la Lady della Gencer partiva invece come l'eroina romantica e fragile che si metteva a giocare al massacro, e durante l'opera (specie nell'edizione del 60) si sentono continuamente queste due psicologie alternate, fino al crollo della pazzia, quasi la rivelazione della vera natura di Lady Macbeth, alla fine non molto diversa da Elvira dei Puritani (volendo esagerare). E più si va avanti nella carriera della Gencer e più la Gencer gioca a "gencerizzarsi" spingendo sempre più sul clichè della cattiveria mostruosa, all'esatto opposto di quel che farà la Callas che proverà a "decallasizzarsi" mettendosi a cantare Sonnambula, Lucia ecc. Ma anche più in là negli anni emergerà sempre nel canto della Gencer, attraverso quegli sbalzi dinamici, quei filati, attraverso il ritmo e il colore cangiante, la fragilità della psicologia delle sue eroine, sia per le caratteristiche intrinseche e inconfondibili del suo stile di canto, sia per una sorta di imprinting primigenio della "prima Gencer" dei personaggi buoni (come un po' nelle eroine buone della Callas si sente quel "sangue vivo" come lo chiamano alcuni che era mancato fino ad allora a quei personaggi). Mi paiono due rivoluzioni non da poco e soprattutto di pari portata. Peccato che la Gencer sia infinitamente meno valutata rispetto alla Callas, giustamente considerata immensa. Si parla tanto (e menomale) del suo Devereux, ma io vorrei tanto un giorno recensire la sua Stuarda che, benchè del 67, è ancora impressionante per lo stridore incoerente tra momenti di elegia e invettive velenose. Quando prenderò coraggio (e avrò il tempo necessario) lo farò...
Triboulet ha scritto:Comunque, ho sempre riflettuto su questi "percorsi inversi" che hanno avuto le due divine dell'opera anni 50-60 (per me la Callas e la Gencer). La Callas, pur partendo in gioventù con un repertorio caratterialmente eterogeneo, comincia a guadagnarsi nei primi anni della sua carriera italiana la fama nei personaggi "cattivi", come Turandot, Armida, Medea, Lady Macbeth, o comunque aggressivi, come Norma, Gioconda, Elena, Alceste, non che in quel periodo non facesse anche altro, ma ci vorrà la "seconda Callas" (quella di Vestale, Sonnambula, Lucia, Traviata ecc.) a sdoganare definitivamente in Italia la sua immagine ingombrante (all'epoca un po' in tutti i sensi) di signora nera dell'opera (o di anti-Tebaldi, se vogliamo). Per la Gencer è il contrario, lei parte con i personaggi "vittima" e, quasi di punto in bianco, approda nel torbido mondo delle regine.
Il confronto che proponi, Trib, è molto condivisibile e profondo. Si potrebbe concludere che la diversità dei punti di partenza e degli approdi è perfettamente coerente rispetto alla natura (non solo vocale) delle due artiste. La Callas, rispetto alla Gencer, possedeva quella grandezza "vera", "interiore" (e non di reazioni, come la Gencer) di cui parlavamo prima. Alla greca bastava un sopracciglio per fare erompere la sua grandezza interiore: oltre che all'opera, anche solo nelle interviste, il suo semplice sguardo comunica la grandezza che c'era in lei. La sua voce giovanile, grande e potente, abbastanza grande - se non altro - da essere distribuita in tutti i personaggi monstre del repertorio, è il riflesso "fisico" di questa grandezza. La Gencer "grande" (in questo senso, eh? ...) non è stata mai. Era una ragazza simpatica, intelligente, dinamica, con carisma artistocratico e vocazioni al primadonnismo, straordinaria musicalità e vincente personalità teatrale. Ma non era "grande". Anche nel suo caso, come per la Callas, la voce rifletteva la sua natura umana: una voce piccola e multiforme, lirica ma ombreggiata, agile, svettante e cangiante. Era una voce contraddittoria come la sua personalità: infatti il vero segreto della Gencer, più che la grandezza "a priori", era l'effetto-sorpresa "a posteriori", il gioco del contrasto, il porsi come vittima adolescente e un minuto dopo assalitrice sprezzante, vergine elegiaca dallo sfumato leggero e in un attimo pantera furente che sfida e maledice. Le loro evoluzioni "chiasmatiche" da te osservate sono, se vediamo le cose in questi termini, coerentissime. Ed è anche vero (complimenti per l'osservazione) che la liricizzazione della Callas non ha pregiudicato la "grandezza originaria". Un sussurro della sua Butterfly, un legato opalescente della sua Amina, un lievissimo sincopato in Fiorilla ti intimidiscono come il più assordante ruggito di petto di Gioconda: è la stessa "grandezza a priori" che vi scorgiamo dietro. La Gencer invece - come tu hai scritto - ci comunica la stessa vulnerabilità ciclotimica, la stessa umanità contraddittoria e artefatta, anche quando triplica la sua voce fino a evocare le esplosioni telluriche dei ruoli Ronzi. Il fascino unico e irripetibile che sprigiona è tutto qui. Se le sentiamo in Norma, le esplosioni più terrificanti della Gencer non evocano tanta forza quanta ne evoca un mezzoforte buttato lì dalla Callas.
Sento di camminare su un terreno minato! L'espressione di queste sfumature è difficile, a causa dell'ambiguità di un termina come "grandezza". Sembra che io stia rimproverando qualcosa alla Gencer e invece sto solo tentando di spiegare in cosa consiste il fascino dei suoi personaggi. NOn sono attratto dalla Sultana nei ruoli intrinsecamente "grandi", come appunto Norma. Ma negli altri... proprio la non-grandezza della Gencer (animata da contraddizioni, maschere, artificiosità di reazioni) è un'impagabile sorgente di verità. I suoi Ronzi e le prime Lady sono sconvolgenti proprio per questo.
la Lady della Gencer partiva invece come l'eroina romantica e fragile che si metteva a giocare al massacro, e durante l'opera (specie nell'edizione del 60) si sentono continuamente queste due psicologie alternate, fino al crollo della pazzia, quasi la rivelazione della vera natura di Lady Macbeth, alla fine non molto diversa da Elvira dei Puritani (volendo esagerare).
Ma non sbagli per niente. Nel sonnambulismo (1960) tu ci ritrovi, uno per uno, tutti gli effetti vocali applicati dalla Gencer "prima maniera" per Lucia e Elvira. Fin da "una MAcchia", la A di macchia è soffiato come nella pazzia di Lucia, così come "t'affretta", "immaginar". E soprattutto "ahimé... i panni indossa della notte" (minuto 3.25).
E più si va avanti nella carriera della Gencer e più la Gencer gioca a "gencerizzarsi" spingendo sempre più sul clichè della cattiveria mostruosa, all'esatto opposto di quel che farà la Callas che proverà a "decallasizzarsi"
Una frase da incorniciare.... La Callas, maturando, scendeva sempre più in profondità. La gencer no: è rimasta alla superficie esasperandola. Proprio per questo non arriverei a sottoscrivere la frase qui sotto:
Mi paiono due rivoluzioni non da poco e soprattutto di pari portata.
La Callas, a mano a mano che progrediva nel suo cammino, portava la sua arte verso orizzonti sempre più lontani; la Gencer no! Si concentrò talmente sulle sue maschere da restarne invischiata... E capisco benissimo i giovani che, sentendo la sua Lady veneziana del 1968, si chiedono "ma chi è 'sta pazza!"
Si parla tanto (e menomale) del suo Devereux, ma io vorrei tanto un giorno recensire la sua Stuarda che, benchè del 67, è ancora impressionante per lo stridore incoerente tra momenti di elegia e invettive velenose. Quando prenderò coraggio (e avrò il tempo necessario) lo farò...
Fallo senz'altro Trib! Te ne saremo gratissimi. La Stuarda della Gencer è un capolavoro (parliamo di quella del 67). Forse non arriverei a dire che è meglio del Devereux (che rimane una folgorazione irraggiungibile), ma certamente nel 67 (e con De Lullo alla regia) la Gencer era molto più consapevole della novità e della forza del "suo" linguaggio ronziano.
Soffro terribilmente all'idea che non vi siano stati altri Ronzi nella sua carriera: pensa alla Sancha di Castilla, a quella Gemma (ahimé, devo dirlo) massacrata dalla Caballé e soprattutto alla Fausta, che sarebbe stato il ruolo Ronziano-Genceriano per eccellenza. In compenso ci resta traccia genceriana in un altro ruolo simil-ronziano: la matrona Antonina, moglie fedifraga di Belisario, che è uno dei capolavori della Turca (Venezia 1969) Rabbiosa, insidiosa, ipocrita, per giunta orientaleggiante e bizantina (proprio come la Gencer), che cova rancori, trama nell'ombra e infine crolla sotto l'orrore della colpa... C'E' TUTTA LEI!!!!
MatMarazzi ha scritto:La Callas, maturando, scendeva sempre più in profondità. La gencer no: è rimasta alla superficie esasperandola.Proprio per questo non arriverei a sottoscrivere la frase qui sotto:
In realtà mi riferivo all'intuizione di fondo che c'è nell'ibridare nel caso della Callas la grandezza con personaggi piccoli e nel caso della Gencer la piccolezza con personaggi grandi (semplifichiamola così). In questo le percepisco geniali entrambe (anzi per me la prima vera Lady dei tempi moderni è proprio la Gencer). Poi ovviamente va da se che avendo avuto percorsi opposti, laddove una saliva in fatto di approfondimento e scavo (la Callas), l'altra purtroppo scendeva, almeno per ciò che riguardava i suoi personaggi monster (tu stesso hai dimostrato che quando approcciava altri repertori la tarda Gencer era ancora profondissima e illuminata, quindi non mi sentirei neanche di parlare di involuzione al superficiale, almeno non sempre).
Il suo Devereux è grandioso, ma non so perchè la Stuarda la trovo già in sè particolare come opera. Un'opera in cui per un atto intero la protagonista viene solo citata, anzi ti viene il sospetto che sia la cattiva Elisabetta la vera protagonista, poi arriva Maria che sembra incarnare il personaggio "elegiaco" per antonomasia, e invece già nell'aria di sortita (almeno questo è quel che comunica la Gencer) hai una sensazione sinistra, come se Amina si fosse fumata qualcosa fino ad arrivare allo scoppio di "figlia impura..." è questo che mi affascina...
Fausta non la conosco se non di nome... trovai una edizione con la Kabaivanska addirittura, ma ricordo che si sentiva così male che mollai l'ascolto... c'è qualche edizione decente in giro?
Aggiungo una cosa, secondo me le differenze di "primadonnismo" si vedono aldilà della musica (fra Callas e Gencer intendo). La Gencer era sempre ironica, pungente, battuta pronta, e non se ne teneva una, ma in maniera molto spontanea... non che la Callas se le tenesse, ma il suo atteggiamento era sempre amabilmente cordiale ai limiti del costruito, o profondamente risentito quasi velenoso, insomma la Callas a me dava l'impressione di una che teneva e poi esplodeva Mi fa ancora sorridere una intervista lunga che c'è su youtube del 1997 (che consiglio a tutti di guardare) dove la Gencer parla del fatto che non prendeva una lira dalle registrazioni pirata (ovviamente) e dei suoi ingaggi:"mi dicevano -sai devi capire che stiamo in una situazione economica terribile, non possiamo fare più di tanto, ci devi venire in contro..... e io venivo in contro!" ed ha cantato sempre in ogni dove, anche nei teatri di provincia, oppure alla Scala nei secondi cast... una artista del genere!!! Pensa invece alla Callas come rilanciava i suoi cachet (complice anche il marito), come snobbò dopo il 54 (salvo rarissime eccezioni) qualsiasi teatro che non fosse Scala o Met... insomma la Gencer fu davvero una diva anti-diva!
PS: ora sembra che io ce l'ho con la Callas... non sia mai eh! onore e gloria a Maria, come direbbe qualcuno
MatMarazzi ha scritto: Soffro terribilmente all'idea che non vi siano stati altri Ronzi nella sua carriera: pensa alla Sancha di Castilla, a quella Gemma (ahimé, devo dirlo) massacrata dalla Caballé e soprattutto alla Fausta, che sarebbe stato il ruolo Ronziano-Genceriano per eccellenza.
Matteo
Solo per personalmente dissociarmi in toto da questa frase ma che più in toto non si può anzi record assoluto del mio dissociamento, giacchè io stravedo e mi stramazzo esausto di piacere e di venerazione per la Gemma della Montse, le tre edizioni disponbili le ho consumate tutte da tempo a furia di ascoltarle, ho dovuto sostituirle, ed ogni anno cambio idea su quale sia la migliore ultimamente propendo per C.H 1976 ma ho amato tanto anche Napoli 1975 e Parigi 1976
stecca ha scritto:Solo per personalmente dissociarmi in toto da questa frase ma che più in toto non si può
ehehehe... me lo sentivo!
le tre edizioni disponbili le ho consumate tutte da tempo a furia di ascoltarle, ho dovuto sostituirle, ed ogni anno cambio idea su quale sia la migliore ultimamente propendo per C.H 1976 ma ho amato tanto anche Napoli 1975 e Parigi 1976
Io purtroppo ho solo quella di Napoli (mi pare che me la regalò anni fa proprio il Bagnolo!). Quindi ci consigli quella di New York?
stecca ha scritto:Solo per personalmente dissociarmi in toto da questa frase ma che più in toto non si può
ehehehe... me lo sentivo!
le tre edizioni disponbili le ho consumate tutte da tempo a furia di ascoltarle, ho dovuto sostituirle, ed ogni anno cambio idea su quale sia la migliore ultimamente propendo per C.H 1976 ma ho amato tanto anche Napoli 1975 e Parigi 1976
Io purtroppo ho solo quella di Napoli (mi pare che me la regalò anni fa proprio il Bagnolo!). Quindi ci consigli quella di New York?