da teo.emme » lun 14 set 2015, 17:39
Sì, davvero il termine di "kapellmeister" sarebbe da usare senza quella sfumatura di ridimensionamento o con quel tono un poco schizzinoso che spesso si sente. A parte che, poi, non trovo affatto che Bohm sia SOLO un direttore affidabilissimo e professionale senza cifra stilistica propria. Tutt'altro! Bohm è uno di quei direttori - non tantissimi - che davvero hanno fatto la storia dell'interpretazione sia nell'opera che nella musica sinfonica. Marco cita il suo Fidelio: verissimo. La sua visione dell'opera di Beethoven è - in quegli anni - rivoluzionaria: nessun compiacimento romantico, nessun riflusso wagneriano, ma una lettura rigorosa e ripulita che rivela i suoi punti di collegamento con Mozart e Haydn. Quale Mozart? Certamente quello ripensato da Strauss (grande interprete mozartiano e grande amico di Bohm). In quel Fidelio si sentono gli echi del Flauto, dell'Idomeneo...insieme all'urgenza straussiana. Il medesimo rigore, il senso della costruzione netta e definita si sente anche nelle sue fondamentali letture dei due maggiori oratori di Haydn (in particolare nelle Stagioni, vero capolavoro umanistico). E a ben sentire anche le sue interpretazioni wagneriane sono fresche, agili, rigorose e ripulite da eccessi superomistici: per quegli anni fu rivoluzionario! Altro che direttore senza cifra stilistica! E naturalmente il suo Strauss che gode del privilegio dell'imprimatur dell'autore: una sintonia tra interprete e compositore che ne parificano i ruoli nella complessità della vicenda esecutiva. In questo rapporto strettissimo hanno il loro ruolo persino i tagli che non sono mai gratuiti, ma funzionali a comunicare un'idea (meditata insieme all'autore).
Ma veniamo alla musica sinfonica: qui l'apporto di Bohm è fondamentale. Penso al suo Mozart: la sua integrale sinfonica ancora oggi si ascolta per la sua "esattezza", storicizzata certo (l'omissione di molte riprese è figlia del tempo) ma ancora convincente. Quel suono morbido e aspro allo stesso tempo, rigoroso e drammatico (neppure con Karajan i Berliner avevano un suono così ispirato e ricco). La tensione costante, vibrante, tenuta anche con tempi più lenti. E poi il suo ciclo beethoveniano: modernissimo! Suono asciutto, mozartiano, tesissimo e tempi più rapidi (e ancora una volta si sente lo Strauss direttore di Beethoven). Anche l'ultimo Bohm è interessantissimo: i tempi si sono fatti più larghi, ma la tensione rimane intatta (penso alla sua ultima Nona...lentissima, ma da ascoltare trattenendo il fiato).
Sul Mozart operistico bisogna chiarirsi: certi titoli - in quegli anni - erano una bizzarra rarità. Oggi molta acqua è passata sotto i ponti e titoli come la Clemenza di Tito non sono più ridotti ad una monumentalità classica. Ma anche in questo caso trovo l'approccio di Bohm più vario di quel che appare: con tutte le tare sui cantanti scelti ovviamente. Certi momenti della Clemenza o dell'Idomeneo sono di una bellezza assoluta (riporto ancora l'esempio dell'overture di Idomeneo - con una Staatskapelle di Dresda in stato di grazia - dove gli archi che si rincorrono in scale su e giù per il pentagramma ti fanno letteralmente trattenere il respiro e ti sembra di vedere le onde del mare). Oggi il rapporto col teatro dell'opera seria è diverso, ovvio, ma in ogni caso a Bohm torno sempre volentieri: non posso dire lo stesso di altri direttori pur blasonatissimi.
Matteo Mantica
"Fuor del mar ho un mare in seno"