da Rodrigo » gio 10 mag 2012, 18:11
Ciao a tutti,
anzitutto mi scuso per la lunga assenza. Vi assicuro che però non ho mai smesso di leggere i vari contributi.
In particolare vorrei chiosare alcuni aspetti del bellissimo articolo di Triboulet dedicato al Requiem di Mozart. Mi ha colpito l’episodio dell’incontro con Friedrich Doles e l’infiammata devozione manifestata per l’Eucarestia che, lo confesso, mi è parsa rivelatrice. Non tanto di un’eventuale autentica, intima, adesione alla fede cattolica di Mozart (che è questione ardua, privatissima e in definitiva non probante ai fini di valutarne le composizioni), ma delle connotazioni che egli attribuiva come irrinunciabili alla fede cattolica e che – come tali – toccavano la sua ispirazioni più di altri aspetti.
Per questo, ritengo, il dialogo con Doles spiega molte cose. Come sembra notare anche Triboulet, le composizioni sacre salisburghesi – generalmente parlando – risentono in misura più o meno rilevante del “mestiere”, degli obblighi imposti dall’arcivescovo e dalle sue esigenze rituali così mal sopportate da Mozart. Per carità non si tratta di musica “scritta male” – Mozart non scrive male neppure volendo!- ma circola una certa freddezza in queste composizioni, si nota il ricorrere ad linguaggio buono per tutti gli usi che stenta a lasciare il segno. E questo discorso mi pare valido anche per lunghi tratti delle più ambiziose composizioni sacre di questo periodo: la Missa aulica, la Krönungsmesse, la Weisenhausmesse. Certo il trattamento delle voci è sempre equilibrato e sicuro, la strumentazione (nei limiti imposti dall’orchestra dell’arcivescovo) è armoniosa e punteggiata di trovate inattese, ma in definitiva queste composizione non dicono cose sconvolgenti… fino all’Agnus Dei.
Quando si giunge al momento conclusivo della partitura, che secondo le consuetudini liturgiche di quel tempo e di quell’ambiente – come ha notato un mozartiano d’eccezione come J. Ratzinger - oltre che l’ostensione dell’Ostia accompagnava anche l’inizio della Comunione, Mozart non sbaglia un colpo e sforna tre melodie capolavoro di sconvolgente bellezza che non trovano confronto per altezza e continuità dell’ispirazione nei restanti numeri.
Tutto ciò, a mio avviso, prova che il compositore sentisse con particolare intensità il momento eucaristico, e dunque sacrificale del rito della messa (un po’ come – ben più sorprendentemente - il protestante Wagner un secolo dopo). Esattamente come si riscontra nelle dichiarazioni riportate, ancora più significative in quanto fatte a un protestante.
L’ispirazione mozartiana – perché di questo stiamo parlando non di teologia! – si trova dunque più a suo agio se deve cantare questo aspetto molto concreto della fede cattolica, piuttosto che concetti più “astratti” come certi enunciati del Gloria o del Credo. Non a caso, in quest’ultimo spesso Mozart si “risveglia” proprio alle parole dell’Et incarnatus ossia quanto di più concreto e tangibile ci possa essere nella dottrina. E non a caso il Mozart viennese - con alle spalle un bagaglio esperienziale ben più ricco - trova accenti sublimi in una pagina minuscola come l’Ave verum corpus che canta la presenza reale del corpo di Gesù Cristo nel sacramento dell'Eucarestia.
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Rodrigo il gio 10 mag 2012, 19:30, modificato 1 volta in totale.